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C’è chi lo chiama taglio di capelli e chi cura dell’altro: Sissicut

Conversazione con una coiffeur a domicilio per svelare il legame tra corpo, anima e pensiero creativo.

Written by Lorenzo di Biccari il 22 May 2025

Solo chi vive davvero Milano, la conosce. Chi la vive senza lasciarsi frenare dalle apparenze patinate sa che in realtà è una città punk, più di quanto i detrattori abbiano il coraggio di ammettere. Una città dove l’oro non si trova in superficie: infatti, serve sempre più di un piccone ostinato per raggiungere il vero tesoro. Noi il nostro oro lo troviamo nelle persone che hanno delle storie fai-da-te, dannatamente colorate e senza schemi. Come Nokia Bastardo, con le sue fotografie iridescenti che ho raccontato nella precedente intervista. E come fa Sissicut, che vi racconto qui, attraverso la sua purissima storia sentimentale con l’hair styling.

Per arrivare da Sissi svolto un’infinità di vicoli insidiosi e un’eternità di gradini umidicci. Attraverso un curioso corridoio-libreria, seguendo un tutorial che lei stessa ha avuto premura di girarmi via chat, e mi addentro nelle profondità di Tucidide, l’ex-fabbrica di ceramica convertita ormai da anni a microcosmo della creatività milanese.
E direi che ne è valsa la pena, visto il pixie mullet da cento carati che sfoggio, digitando questo articolo lettera dopo lettera. E vista anche la sensazione piacevole che ancora persiste giorni dopo la conversazione di qualità avuta quella sera.
Siedo davanti allo specchio nel loft soppalcato che è metà casa metà hair salon, mentre Sissicut – per gli amici, Silvia – sistema la radiolina vintage che suonerà durante l’intero processo di styling. Entriamo subito in sintonia perché condividiamo che l’algoritmo di Spotify è stupido e insensibile. E poi, la radio almeno è imprevedibile: che c’è di meglio?

Acconciature, meches, flaconi, maschere: tutto amore che sa, fin da piccola, essere destinato a durare e di cui l’origine rintraccia nella vanità, una parola che subito corregge e traduce in cura del corpo.

In ogni angolo dell’appartamento scorgo vari libri che trattano di spiritualismo, esoterismo, poesia e, sulle note di Se telefonando di Mina che la radio ha scelto per noi, Silvia mi racconta da dove nasce il suo amore per i capelli. Un’ossessione che non ha alcuna carica erotica – alla Freud maniera –, ma anzi: «è che tagliare i capelli mi piace tantissimo e basta», rivela. Una frase tranchant che accolgo con positivo stupore per la sua semplicità. Acconciature, meches, flaconi, maschere: tutto amore che sa, fin da piccola, essere destinato a durare e di cui l’origine rintraccia nella vanità, una parola che subito corregge e traduce in cura del corpo.

Ed è in questo preciso istante, tra una ciocca volteggiante e l’altra dei miei capelli, che sveliamo l’arcano dell’hair styling e della cosmesi tutta. Per lei la cura del corpo è direttamente proporzionale alla cura dell’anima. Nel suo dolcissimo modo di vedere il mondo – al quale io, personalmente, annuisco fino alle convulsioni – questo è il linguaggio d’amore migliore che esiste, perché si riflette nella sua personale abilità di capire il prossimo (oltre quella di usare le forbici). Così, su due piedi, definisco scherzosamente il suo servizio come una combo di taglio e terapia. Ridiamo.
Attenzione! È con assoluto riguardo che ci tengo a sottolineare come Silvia non si avvalga della responsabilità di aiutare nessuno. «Io non è che aiuto. L’unica cosa che posso fare è tagliare [i capelli] come vogliono loro. Io taglio, il resto è collaterale», prosegue.

A un certo punto cambiamo discorso, Silvia inizia a raccontarmi della sua vita, come prima Bologna e poi Milano l’hanno attirata fuori dalla ridente Umbria con le loro dolci promesse. Ed è attraverso queste città che ha scoperto davvero se stessa: «è che adoro creare, trasformare la materia, manipolarla. Di qualsiasi tipo essa sia», aggiunge. La spontaneità con cui lo afferma non mi stupisce, perché a questo punto mi è chiaro che segue la strada della creatività come un samurai il suo bushido.

Guidata dal bisogno di sperimentazione ha scelto di dedicarsi a coltivare la sua passione originale e riordinare la testa delle persone. E un debito di stile inestinguibile va al rock scoperto da ragazzina, che ha contribuito senz’altro al suo modo di pensare e vedere l’arte anche laddove si crede non ci sia: Verdena, Radiohead, Smashing Pumpkins, Marlene Kuntz, sono solo alcune delle band evergreen nella sua playlist. Conclude che un modo efficace per riassumere il suo exploit adolescenziale è – senza dubbio – il meme Tamara diventa dark. Perché alla fine è stata lei stessa la primissima cavia su cui mettersi alla prova e affinare le proprie capacità, salutando una volta per tutte i suoi lunghi boccoli biondi a quattordici anni e cedendo il posto alla sperimentazione punk. E infatti, è impossibile definire lo stile delle sue acconciature senza usare questa parola: ci sono i mullet colorati e gli shag scalati, i wolf cut degradé e le rasature fuori fase. Tuttavia, è sempre la richiesta del cliente a guidare fino al risultato finale.

A questo punto, abbiamo già finito la sessione di taglio da molto e attorno a noi è tutto pulito. Concordiamo entrambi che si è fatta una certa e freniamo, anche se potremmo continuare le nostre farneticazioni a oltranza. Domani ci aspetta l’ennesima giornata di sbattimenti, allora un abbraccio e via sotto la pioggerella con il piccolo ombrello dell’IKEA che Silvia ha avuto la grazia di prestarmi.
Mentre cammino verso casa, ho il cervello carico di informazioni. E alcune parlano forte e chiaro, con la voce di lei dall’accento umbro marcatissimo. Mentre altre gridano concetti, fino a imprimersi a vita nella carne. Proprio come quella sua idea che bisogna imparare a essere ridicoli, se si vuole creare con ostinata sincerità. Prendo e porto a casa.