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L’arte che prospera nei luoghi (e aggiunge un posto al G20)

Il progetto dalla School for Curatorial Studies Venice espone 45 artisti in 34 luoghi della quotidianità nel centro storico e ricorda ai potenti della terra cosa conta davvero

quartiere Dorsoduro

Written by Jessica Pividori il 27 September 2021

L’edizione estiva 2021 del Corso in pratiche curatoriali, organizzato dalla School for Curatorial Studies Venice, ha visto una decina di studenti internazionali calarsi letteralmente nelle dinamiche di Venezia, città un tempo simbolo di prosperità e multiculturalismo, oggi sfavillante vetrina di gioielli finti per chi è di passaggio. I giovani curatori hanno dato vita alla mostra G21-What the Fu%$k is prosperity?, visibile dal 30 agosto al 30 settembre 2021, che comprende i lavori di ben 45 artisti e 4 collettivi dislocati in 34 luoghi della quotidianità veneziana, tra cui ristoranti, farmacie, bar, librerie e fiorai.

Connubio tra esperienze personali e riflessioni scaturite dal programma del G20 dell’economia – tenutosi a Venezia tra il 7 e l’11 luglio 2021 –, G21 riflette sulla declinazione odierna del concetto di “prosperità”, che insieme a “persone” e “pianeta” forma una triade verso la quale i leader internazionali presenti al G20 hanno deciso di indirizzare l’attenzione e gli sforzi globali.

Ma questi ultimi sono veramente in grado di definire quali siano le esigenze delle persone e del pianeta? Si sono mai interrogati, dall’alto della siderale dimensione in cui vivono, su cosa significhi davvero “prosperità” e che cosa rappresenti per la collettività? E voi, immersi in questo tempo veloce, dove si è abituati ad assimilare qualsiasi cosa senza alcun senso critico, ve lo siete mai chiesti?
G21 porta l’arte nel quotidiano, tra le persone – 21 deriva da G20 a cui si è aggiunto l’algoritmo +1 ad indicare le persone, la cui voce non viene davvero ascoltata da chi conduce il grande gioco dei poteri – per far fermare il caotico vortice in cui siamo immersi, per spingere alla presa di coscienza della condizione in cui versa l’essere umano, che non è più umano, ma è diventato un apatico e sterile oggetto; ha assunto le sembianze di ciò che più lo ossessiona e che per lui è sinonimo di prosperità: l’abbondanza, l’eccesso di cose. Si crede che prosperità sia sinonimo di crescita smisurata verso un infinito miglioramento. Ciò si concretizza nel perseguire falsi obiettivi che portano alla spersonalizzazione, alla standardizzazione e ad un’omogeneità passiva come mai prima.

La prosperità viene distrutta dalla foga del consumismo e diventa un inganno; Venezia oggi è un palcoscenico, un mercatino, un set per i turisti e le sue antiche radici, dalle quali un’armonia sarebbe potuta rivivere, sono ormai polvere. Le persone diventano indifferenti alle disuguaglianze create da una malsana distribuzione del patrimonio prodotto e, illudendosi, continuano ad ingurgitare tutto ciò che gli viene gettato in pasto dall’alto, fino a scoppiare, come i piccioni di Venezia; affogano nel mare di informazioni, saturi di queste, ma credendo di acquisire una verità più profonda tramite l’illimitata ricerca del nuovo.

Non c’è nulla di nuovo. Si dovrebbe, invece, restaurare naturalmente quell’equilibrio antico tra l’umano e il non umano; la compenetrazione costante di essi in un unico corpus. G21 spinge le persone a reinterpretare il loro quotidiano, a concentrarsi per rigenerare il presente attraverso la creatività, i piccoli gesti, la semplicità e soprattutto l’ascolto dell’altro – non a caso parte della mostra sono anche alcune opere di sound art. L’arte irrompe nell’abitudine e obbliga a comprendere che per raggiungere la prosperità bisogna uscire dalla gabbia dei limiti mentali dati dalla società in cui siamo immersi, bisogna mettersi a nudo e nel vuoto cercare nuove possibilità di convivenza, nuove speranze di vita insieme senza menzogne, senza consumo.

G21 promuove la presa di responsabilità delle persone attraverso lo sforzo individuale, facendole rivivere in quanto parte attiva del processo di presa di coscienza e invitandole a soffermarsi su qualcosa di diverso che faccia scaturire un rinnovato sentimento di forza e resistenza. Così, la collettività può creare nuove narrative e aprire gli orizzonti ad un’autentica sostenibilità, che non derivi dalle entità fattuali e da presunte azioni positive per il pianeta, ma da una lucidità mentale, data dall’apertura dell’essere umano alla propria interiorità e a quella altrui.