Da oggi un sogno diventa realtà: riaprono i pubblici Giardini Reali di Venezia, incastonati tra la laguna ed i grandi musei di Piazza San Marco. Sono centinaia i turisti, e anche qualche veneziano, che affollano giornalmente l’area marciana. Sono centinaia anche gli uccelli, sedentari e migratori, che la attraversano senza trovare ristoro: ora finalmente avranno un luogo per loro, disegnato anche con la collaborazione della Lipu. E noi, un posto per leggere e pensare seduti, ascoltando il loro canto, miracolosamente lontani dalla folla. Non da ultimo, ritroviamo un luogo per i nostri bisogni fisiologici: sono riaperte finalmente anche le 18 toilette pubbliche annesse.
Mecenati e padroni di casa di questo importante intervento di rigenerazione urbana sono le assicurazioni Generali che grazie all’art bonus (detrazioni fiscali fino al 65% per imprese che investono nella salvaguardia del patrimonio storico e paesaggistico italiano) hanno dal 2014 intrapreso una ristrutturazione intensa del più bistrattato giardino di Venezia.
Lo spazio verde è però un prezioso endroit o couloir se preferite (ora la Compagnia parla francese, il ceo del leone alato Philippe Donnet ha infatti inaugurato il restyling) per la loro nuova fondazione, The Human Safety Net, dedicata alla cura della persona che sarà ospitata nel palazzo delle Procuratie Vecchie a restauro finito, nel 2021. Proprio nel porticato nobile della piazza il gruppo assicurativo triestino sbarcò a Venezia con un primo ufficio nel 1832.
Nascosti da una fila di bancarelle, i Giardini Reali sono per lo più invisibili anche se, forse, è il verde pubblico più necessario di Venezia visto che si trova nell’area più pietrificata della città. Chiamati impropriamente giardinetti dai pochi residenti, sono una vera oasi per grandi e piccini di ben 5000 metri quadrati, oggi piantumata da essenze globalizzate e resistenti, come la città che li ospita. Si contano oltre 350 specie bulbacee per un totale di 3150 pezzi, 22 nuovi alberi ad alto fusto inclusi alberi da frutto in vasi di Impruneta dal diametro importante (melograni, aranci, nespoli, fichi, giuggioli) e, fra gli altri, odorosi cespugli di mirto nelle aiuole a raso. 7 sono gli alberi in cura e 19 quelli pre-esistenti rimossi perché incurabili o morti.
Piatto forte, in fioritura ad aprile, è il grande glicine giapponese (una specie odorosissima e coriacea: come tutte le nuove piante introdotte, vive senza irrigazione anche nei mesi estivi) che raggiunge il primato per lunghezza della sua pergola.
Il giardino, come Venezia, è un’isola essendo circondato dal Bacino di San Marco e dal vecchio rio della Luna ma è ora di nuovo collegato al salotto buono della città grazie al suo originario ponte levatoio restaurato: potrete entrare sia dalla fermata ‘Giardinetti/San Marco’ che dalle Procuratie Nuove se vi trovate in Piazza.
La storia dei Giardini è lunga e travagliata. Li creò Napoleone nel 1806 come verde privato per gli abitanti del Palazzo della Corona, cioè le Procuratie Nuove: una passeggiata-scrigno per ammirare, non visti, la Laguna. Saranno realizzati nella loro estensione attuale dagli Austriaci nel 1817 sui granai della Serenissima e verranno isolati come isola nell’acqua demolendo i ponti di accesso ma anche costruendo il Padiglione del Caffè. Se l’imperatrice Sissi li chiuse al pubblico nel 1862, i Savoia li riaprono nel 1867; nel 1920 la Corona italiana li cede al Demanio, da cui Venice Gardens Foundation li prende in concessione nel 2014.
Zero ha visitato in anteprima i Giardini Reali con una guida eccezionale, uno dei più prolifici e longevi architetti giardinieri italiani, Paolo Pejrone: «Fare un giardino in laguna è una delle sfide più ambiziose e da metà marzo fino a fine ottobre regalerà importanti fioriture: prima le bulbacee, poi il glicine, e ancora gli iris…il resto lo lasciamo alla sorpresa di chi vi passeggerà. Abbiamo tenuto tutta la macchia mediterranea che costituisce la prima esperienza verde se si entra dal lato del Bacino di San Marco, ma anche i lecci centenari, i pitosferi e tutto quello che abbiamo potuto salvare».
Questa nuova risorsa pubblica – chiusa solo i giorni più critici come il Martedì Grasso ed il Redentore – si arricchisce anche del restauro della serra principale che diventa un luogo di cultura, arredato tra gli altri dai tavoli della neonata firma di design (Albinac) ideata da artisti del calibro di Jimmie Durham e Maria Teresa Alves, sua partner nella vita e nel lavoro.
Il riaperto Padiglione del Caffè ospita un Illy Caffè aperto tutti i giorni fino alle 20 dove degustare un menù salato e dolce oltre che la selezione di punta (espressa, infusa e fredda) della coffee house triestina tra cui, in esclusiva per Venezia, la miscela India. Al banco costa 1.60 euro e l’abbiamo provata per voi: un blend di nove arabiche indiane caratterizzato dall’odore persistente al naso, dolce gusto pronunciato di mondi lontani in medio assaggio e note avvolgenti di spezie, che riecheggiano il cardamomo e il chiodo di garofano, a chiusura di palato.
Per chi come me che oltre che di arabiche eccellenti vive prevalentemente di tè, esiste anche una ridotta suite Damman Frères (altro marchio della galassia Illy) ahimè qui presente solo con un menu per palati mass-market. Meglio di niente: a Venezia non esiste una tea house in area marciana e solo uno sparuto gruppo sparpagliato in altri sestieri di cui Zero vi ha già raccontato. Per gli intolleranti, tre scelte di delattosati; per gli amanti del matcha due varianti: il matcha latte e anche un cocktail ambizioso di caffè e matcha.
Corsi, degustazioni e appuntamenti gastronomici saranno il bouquet promesso dalla compagnia triestina del gusto insieme al suo tradizionale focus sull’arte contemporanea. Non dimentichiamo che in città Illy sponsorizza, da 25 anni, la Biennale con immutati budget. I nuovi giardini reali ogni giorno dalle 10.30 al tramonto regalano sorprese olfattive: vale anche d’inverno ma preparatevi da inizio primavera a fine autunno vi investirà una vera e propria cascata di note floreali.