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Il teatro come comunità: Presente Indicativo

Vi portiamo nel programma del festival del Piccolo Teatro che si fa crocevia di scambi, ricerca e sperimentazione

Written by Francesca Rigato il 12 December 2025

Valentina Jean Louis Fernandez

Il 31 maggio 2022, durante la prima edizione del festival Presente indicativo, alla fine dello spettacolo Mal di Marlene Monteiro Freitas, sul sagrato dello Strehler, i Fan Fath Al suonavano musica balcanica e, intorno, spettatrici e spettatori danzanti accoglievano nel cerchio proprio quei performer che, poco prima, avevano visto sul palco. Se dovessi esprimere l’anima di Presente Indicativo, userei questo momento: perché prima di tutto è un festival che pensa, muove e immagina una comunità, quest’anno chiamata a riunirsi dal 14 al 30 maggio 2026, in un luogo, il Piccolo, in cui il tempo sembra rallentare e accelerare contemporaneamente e, nel vortice che ne deriva, si resta piacevolmente e stancamente immersi, aprendo dubbi e conferme sulla sua stessa relatività.

Una connessione tra Milano e l’Europa fondata su uno scambio di spettacoli e produzioni, in cui i grandi nomi del teatro contemporaneo calcano i palchi del Piccolo.

Il festival porta il sottotitolo Milano Crocevia, richiamando quella “vecchia alleanza” che già Strehler e Grassi avevano immaginato: una connessione tra Milano e l’Europa fondata su uno scambio di spettacoli e produzioni, in cui l’internazionalità è la parola chiave e i grandi nomi del teatro contemporaneo calcano i palchi del Piccolo. Tornano artisti come Caroline Guiela Nguyen, Tiago Rodrigues, Łukasz Twarkowski e Thomas Verstraeten (membro degli FC Bergman, collettivo belga); altri si aggiungono, come Anne Teresa De Keersmaeker, Daria Deflorian e Lino Guanciale, fino alla nuova generazione teatrale rappresentata da Nicolò Fettarappa e a quella coreutica con Parini Secondo.

Sono nomi già segnati nei taccuini e nelle note di tutti gli appassionati, ma che ancora, fuori dal mondo teatrale, faticano ad aprirsi un varco. L’operazione del Piccolo è lenta e tenace: da anni accosta questi artisti (alcuni dei quali Artisti Associati) a figure più note nei cartelloni milanesi, generando progressivamente uno spostamento di pubblico dalla stagione al festival e viceversa. Come una goccia che lentamente scava la roccia, il Piccolo costruisce un riconoscimento sempre più ampio, portando lə artistə al cospetto di un pubblico non composto da soli addetti ai lavori.

Nel programma di quest’anno, in particolare, spicca una tematica che colpisce per la sua reiterazione: la memoria, intesa come pratica della non-dimenticanza. Si susseguono spettacoli che attraversano il passato e indagano odissee familiari, come Valentina (15–17 maggio 2026) di Caroline Guiela Nguyen (regista e drammaturga francese), oppure Il processo Pelicot di Milo Rau e Servane Dècle (24 maggio 2026), esercizio di testimonianza collettiva che nasce dallo sguardo di chi è stato vittima e non intende più restare nell’ombra.

Daria Deflorian, (27 maggio 2026) con Che dolore terribile è l’amore, racconta invece una Storia che ha subito la cancellazione: quella della strage di Jeju del 1948, in Corea del Sud, a lungo rimossa e impossibile da nominare. Cosa si imprime allora nei ricordi di chi l’ha vissuta? come opera la dimenticanza?

Si discosta leggermente da questo grande asse tematico Łukasz Twarkowski che al biografismo aggiunge un affondo su un’altra grande questione del contemporaneo: la dicotomia tra umano e intelligenza artificiale. Il regista polacco, che lo scorso anno aveva incendiato il palco di rosso con Rohtko, porta ora in scena Oracle (23 e 24), uno spettacolo dedicato alla figura di Alan Turing, in cui indaga il rapporto tra arte e scienza.

Nel 1967 Goliarda Sapienza, in Lettera aperta, il suo grande esercizio alla memoria della sua infanzia, scriveva: «Il teatro – non è una novità – è vita bruciata in poche ore». Brucia perché si consuma mentre accade, perché arde di fiamme veloci e immediate che, in un tempo breve, devono raccontare anni, secoli, vite intere e immaginari impossibili.
Ancora una volta è il tempo a essere messo in discussione: una quarta dimensione incerta che sposta gli argini e fa vacillare anche le solidità più sicure, chiamando tutti a dimenticarsi del proprio ruolo danzando sul sagrato dello Strehler.