Ci sono angoli di Milano in cui è facile essere colti a sorpresa dal suono di un violino, dalla voce di un soprano, dallo squillo di una tromba. Mi è capitato recentemente. È il crepuscolo e sto andando a prendere la metro a Buonarroti. Alzo lo sguardo. C’è una luce accesa. Dietro la finestra di un palazzo liberty neogotico, vedo l’ombra di un archetto che si agita. Qualcuno suona Bach. È la Ciaccona della seconda partita. Siamo davanti a Casa Verdi, la casa di riposo per musicisti e artisti, ultimo lascito di Giuseppe Verdi che qui riposa insieme alla sua seconda moglie, Giuseppina Strepponi – nell’isolato accanto abitava poi Maria Callas (dove ora c’è un moderno condominio). Ma episodi simili possono accadere facilmente anche altrove, passeggiando per esempio in via Filodrammatici, accanto al Teatro alla Scala o in via Conservatorio. La città trabocca di musica e, in particolare, il centro della città è uno dei luoghi del mondo a più alta concentrazione di memorie e memorabilia musicali.
Soltanto le prime mondiali di Otello, Falstaff e Turandot consacrerebbero il Teatro della Scala a tempio. Ma c’è molto di più: c’è la Chiesa di San Marco, l’Archivio Storico Ricordi, l’Auditorium San Fedele, il Grand Hotel de Milan, Palazzo Reale, la casa di Toscanini, la Chiesa di Sant’Antonio Abate e il Conservatorio.
Se il mondo della moda ha il suo quadrilatero, la musica ha la sua chiave di Fa, un ricciolo capovolto, una goccia che parte dalla Chiesa di San Marco, passa per l’Archivio Storico Ricordi e il Teatro alla Scala, l’Auditorium San Fedele, il Grand Hotel de Milan, Palazzo Reale, la casa di Toscanini, la Chiesa di Sant’Antonio Abate e il Conservatorio. Qui sono passati Sammartini, Mozart, Donizetti, Mascagni, Puccini, Strauss, Stravinsky, Nono, Berio. In pratica la storia della musica europea degli ultimi due secoli è passata di qui.
Era il gennaio del 1770 quando un Mozart meno che adolescente scendeva in città con il padre in cerca di fortuna e di ingaggi. Alloggiavano nel convento della Chiesa di San Marco, in piena Brera, quella stessa chiesa che quasi un secolo dopo avrebbe visto Giuseppe Verdi presentare il suo Requiem in memoria di Alessandro Manzoni. Il piccolo Wolfgang frequentò Milano per quasi tre anni, e proprio in città ebbe il suo vero debutto operistico. Il Mitridate, Re del Ponto e il Lucio Silla furono composti per il Teatro Ducale, all’interno del Palazzo Ducale (ora Palazzo Reale). La Scala non esisteva ancora e quella fu inaugurata dal suo avversario Salieri con l’Europa Riconosciuta. A un isolato dall’Università Statale, nella chiesa di Sant’Antonio Abate, nel 1773 Mozart presentò l’Exsultate Iubilate, una cantata per soprano che ancora oggi risuona nelle sale da concerto di tutto il mondo. Sempre a Brera, in Via Brera 28, c’è l’Archivio Storico Ricordi, una delle collezioni di manoscritti e documenti musicali più importante al mondo. È il patrimonio storico del più importante editore musicali di tutti i tempi, nato qui nel 1808. I manoscritti del Don Pasquale e de La Sonnambula, dell’Otello e della Bohème sono qui. Donizetti, Bellini, Verdi, Puccini ma anche Scarlatti, Jommelli e tutti di loro pugno, con le loro note e le loro impronte.
Proseguendo verso il Duomo in pochi passi si arriva al tempio indiscusso della musica mondiale, il Teatro alla Scala. Costruito sui resti della chiesa di Santa Maria alla Scala dal Piermarini, tutta la storia della musica da quell’agosto del 1778 è passata da qui. Le prime mondiali di Otello, Falstaff, Turandot, già queste sole consentirebbero la consacrazione di questa casa a tempio. Ma in verità c’è molto di più. C’è l’ombra della Callas e della Tebaldi che si guardano in cagnesco, il rimbombo delle urla di Toscanini, gli anni di Karajan, quelli di Abbado e quelli di Muti. Strauss e Stravinsky che dirigono, Mitropoulos che si accascia sul podio provando la Terza di Mahler. Dietro quella facciata austera si nasconde un mondo d’oro e di velluto, di cristalli e di stucchi che tuffano anche il profano in una dimensione priva di tempo di religioso stupore.
Da qui sono passati Verdi, Sammartini, Mozart, Donizetti, Mascagni, Puccini, Strauss, Stravinsky, Nono, Berio – soltanto per fare alcuni nomi: in pratica la storia della musica europea degli ultimi due secoli.
A due isolati e sulla stessa strada c’è il Grand Hotel de Milan, la grande dame degli alberghi milanesi. È qui che Giuseppe Verdi emise l’ultimo respiro, in una città così preoccupata della sua sorte da cospargere il selciato di paglia perché il Maestro non fosse disturbato. La camera è ancora lì intatta come in quella notte del 1901.
Davanti alla Scala c’è la casa dei Milanesi, Palazzo Marino che si affaccia dall’altro lato su Piazza San Fedele, indirizzo di un’altra piccola gemma nascosta: l’Auditorium San Fedele. Uno scrigno da 400 posti creato nel 1964 secondo un progetto architettonico che ha la particolarità di avere l’unico Acusmonium in Italia, un sistema sonoro disegnato per la spazializzazione e l’orchestrazione dei suoni, costruito nel 2010 con un sistema a 50 vie sonore. Dopo alcune fasi di regolazione, l’impianto è arrivato a configurarsi nella disposizione attuale con tre corone concentriche sulle quali una cinquantina di altoparlanti si differenziano per colore del tono, potenza e dispersione – attivate da due mixer digitali. Come ultimo passo, sei supertweeter sono stati posizionati sul soffitto dell’auditorium, mentre quattro altoparlanti midrange e altri quattro supertweeter sono stati installati sulle balconate. Nel 2011 nasce a San Fedele il CEID (Centro di Elettroacustica e Interazioni Digitali) che ha come scopo lo sviluppo dell’Acusmonium SATOR, la programmazione attenta al dialogo tra le grandi opere di musica elettronica e le produzioni più recenti con creazioni appositamente commissionate, nonché la realizzazione di attività formative per giovani compositori selezionati attraverso il Premio San Fedele Young Composer, l’attenzione ai contenuti spirituali, la proposta di nuovi modi di ascoltare musica elettronica vicini alla dimensione sinfonica.
Andando verso il Conservatorio, in Via Durini c’è poi la casa in cui visse Toscanini per decenni, e dal cui balcone si affacciò al suo ritorno a Milano per inaugurare la Scala nel giorno della sua ricostruzione dopo i bombardamenti. Ma chiudiamo questa passeggiata immaginaria con il Conservatorio, alle spalle di San Babila. Queste sale, nate per volere di Napoleone, da inizio Ottocento sono state il sogno e l’incubo di tutti i musicisti italiani. Qui non fu ammesso Verdi, qui studiò Puccini mentre Mascagni invece lo abbandonò. Abbado, Muti, Chailly, Benedetti Michelangeli o Pollini: tutti i più grandi interpreti italiani sono usciti da qui. Non per niente il Conservatorio la più grande sala da concerto della città e la più importante collezione di scritti musicali della città dopo la Collezione dell’Archivio Storico Ricordi.
Si potrebbe continuare ancora: con il Teatro Carcano, il Teatro Lirico, il Dal Verme, oppure con il numero di prime mondiali di opere e brani musicali che si sono tenuti a Milano. In tutti i casi è impressionante, per almeno due ragioni. Prima di tutto la quantità e la qualità, e allora la Storia. In secondo luogo, in una città spesso rammentata per la moda, il design, la finanza è bello ricordarsi, invece, che la vera personalità della città della Madunina è fatta di note. Una chiave di Fa, una goccia, una lacrima, un’emozione.