Andare alla ricerca di libri usati è un’attività che può regalare molte soddisfazioni. Non è esclusivamente una questione di risparmio: una vecchia edizione incorpora, infatti, il valore che assegniamo al tempo, non solo per semplice nostalgia, ma perché resiste e possiede una storia autonoma, che sopravvive ai singoli proprietari. Siamo in tanti e tante a possedere libri che hanno abitato diverse case e chissà magari quante altre ne abiteranno.
Fino a qualche tempo fa, ad occuparsi del destino dei volumi rimasti orfani erano in particolare i chioschi di libri, edicole capaci di riunire sui propri scaffali dagli esemplari di grande pregio antiquario agli Harmony. Luoghi oggi in via d’estinzione, di cui un tempo le città pullulavano. A Bologna n’è rimasto solo uno, sotto il portico all’angolo tra via Marconi e via Lame: il Baule del Nonno.
Andrea, il proprietario, è una persona colta ed elegante. Bresciano, ex dirigente di un’azienda metalmeccanica, ha scelto di dedicare gli anni della pensione a una passione che conserva sin dagli anni del ginnasio: i libri antichi. Quindici anni fa ha scelto di trasferirsi qui proprio per acquistare il chiosco nato nel 1959.
– scorri sulle foto per sfogliare la gallery –
«Bologna – racconta – è una città dove si sono accumulate una quantità di cose incredibili, e dove c’è una certa propensione a vendere. Tantissimo materiale antico, curioso. Non parlo soltanto di libri, ovviamente, perché vendo anche molto altro».
Parte della collezione di fotografie dell’archivio della Cineteca, Bologna Fotografata, viene infatti proprio dal Baule del Nonno, così come alcuni volumi oggi custoditi dalla Biblioteca dell’Archiginnasio o nella collezione della Fondazione Carisbo presso la Biblioteca di San Giorgio in Poggiale.
«Volevo gestire un chiosco perché crea molte più opportunità rispetto a una libreria. Qui la gente ci passa, magari per caso, e ne approfitta per propormi di andare a vedere della roba che ha in casa o che ha ereditato. Con gli anni le relazioni crescono e, quindi, anche le opportunità di incontrare oggetti di assoluto pregio. Da qui sono passate cose di prim’ordine che molti librai italiani si sognano, tipo una prima edizione dei Canti Orfici di Dino Campana, con l’autografo dell’autore – solo 25 sono quelle note – e la dedica a Renato Serra, un letterato morto durante la Prima Guerra Mondiale. Nessun libraio in Italia ne ha mai avuta una copia».
Due sono, infatti, i clienti del chiosco: chi legge e chi colleziona. E dai collezionisti possono arrivare anche richieste sui generis. «Si va da chi colleziona gli Adelphi, a cui interessa solo il numero, a chi magari cerca riviste erotiche d’antan che un tempo si stampavano solo in Francia, perché qui c’era l’editto papale. E poi c’è chi vuole solo militaria, intendo abbigliamento e divise. Di divise fasciste, ad esempio, c’è una grande richiesta, e a Bologna ce ne sono tante. Parliamo di collezionisti, non nostalgici eh, almeno quelli che acquistano. Mi è capitato anche di trovare una divisa risorgimentale completa di un ufficiale della Guardia Nazionale di Bologna e conosco gente che ha anche 70 o 80 divise complete su manichino, praticamente un museo in casa».
C’è stato un tempo in cui tutti i libri venivano prodotti artigianalmente, dal recupero di stracci di lino e canapa, fino all’arrivo della meccanica e della cellulosa e del solfato nel 1882. Motivo per cui un libro antico si riconosce anche dalla carta, che si difende dal passare degli anni infinitamente meglio rispetto a quella attuale.
Come i librai antichi, anche Andrea ha scelto di persistere con un proprio metodo artigianale ed è per questo forse che il suo chiosco continua a essere un punto di riferimento. Ironia della sorte, è costretto a guardare ogni giorno le vetrine di una nota catena danese di oggettistica a basso costo, dove tutto invece è stato prodotto per avere vita breve. E come un guardiano del tempo, non molla.
«Sono solo un volontario».