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Musiche spericolate, non addomesticate, rivelatrici: il programma di AngelicA 2023

Written by Joe Teufel il 19 April 2023

Jim O'Rourke & EIko Ishibashi

Dopo 33 anni siffatti non bisogna avere il timore di dirlo: AngelicA è il festival dedicato alla musica internazionale contemporanea e di ricerca più importante d’Italia. Un’importanza che non riguarda solo la sua gloriosa storia, ma il modo in cui ogni anno viene costruito il programma, affidato al sentire di diversi curatori che integrano e arricchiscono le visioni del direttore artistico Massimo Simonini riuscendo ad abbracciare e mettere insieme, con estrema naturalezza, mondi sonori anche molto differenti tra loro.

«Andiamo avanti nel perseguire quella che sentiamo essere la nostra vocazione, – racconta Simonini a proposito della gestione del festival nei suoi vari aspetti – con tutte le incognite del caso, e accettando i rischi che ne derivano, ma sempre accompagnati da un forte senso di speranza. Nel dialogo tra diversità si trova qualcosa che altrimenti non ci sarebbe: diventa visibile quello che non c’è, che manca, si colma una lacuna e aumenta la speranza. veli & velieri è il sottotitolo di questo 33esimo anno: il vento fa il suo corso e parla di musica, l’accompagna. AngelicA 33: la musica risponde, svela».

Simonini, come ogni anno, anticipa il festival con un suo testo/manifesto a tratti poetico, anche quest’anno ricco di spunti e riflessioni: “Il pubblico – scrive – si rinchiude (senza saperlo?) nell’addomesticatoio (autoconsolante) e (si) ripiega così mentre chi dirige i luoghi deputati dice: se chiamo quello, se faccio quello, non viene pubblico, e così via verso il vuoto: non significa che c’è poca offerta musicale ma che non si ricerca quell’equilibrio che invece considera il tutto e proprio in quell’alternarsi di esperienze si trova (più) musica e si sostiene il lavoro di chi la pratica. (invece) ognuno chiama la sua tribù, è la tristezza del tempo”.

Foto di Margherita Caprilli

Questa 33esima edizione di AngelicA si svolgerà dal 2 al 31 maggio, con 16 concerti al Centro di Ricerca Musicale/Teatro San Leonardo e un appuntamento alla Basilica di Santa Maria dei Servi.

L’apertura è un vero e proprio avvenimento: dopo un’assenza durata oltre vent’anni dalla scena europea, Jim O’Rourke sarà in Italia insieme a Eiko Ishibashi per presentare l’album Lifetime Of A Flower, e farà tappa al Teatro San Leonardo per due concerti differenti il 2 maggio alle ore 19.00 e alle ore 22.00. O’Rourke si è cimentato in diversi generi dal post-rock al glitch, dal pop alla musica concreta, e dal 2011 con Eiko Ishibashi, la cui produzione spazia dalla forma canzone all’improvvisazione fino a colonne sonore per teatro e cinema, tra cui quella del film premio Oscar Drive My Car. Guidato dalla natura onnivora delle rispettive esperienze, il duo attinge dalla spontaneità dell’improvvisazione e dall’universo sonoro della composizione elettroacustica, manipolando elettronica, field recordings, e flauto e voce in tempo reale in ammalianti ibridi.

Si prosegue mercoledì 3 maggio con la prima apparizione italiana del duo Musho – che in amarico, la lingua ufficiale dell’Etiopia, significa ‘Canzone Triste’ – formato da Sofia Jernberg e Alexander HawkinsI due attingono alla comune passione per la musica etiope, esercitata sotto la guida di due mostri sacri di quel paese: Hailu Mergia per Jernberg, e Mulatu Astatke per Hawkins.

Venerdì 5 e sabato 6 maggio, ci sarà invece il CREATE Festival, un vero e proprio “festival nel festival” curato dal compositore e trombettista Wadada Leo Smith, figura fondamentale della storia del jazz. Con la due giorni di CREATE Festival, Wadada Leo Smith presenterà un programma di brani che coprono 50 anni della propria attività compositiva. Per l’occasione Smith ha assemblato un ensemble inedito: Purple Kikuyu, un sestetto che, assieme ai membri del quartetto bolognese Istantanea [4], si alternerà nell’arco dei due giorni in diverse combinazioni strumentali.

Mercoledì 10 maggio le prime apparizioni italiane della scozzese Lauren Sarah Hayes e del duo formato dalle musiciste vietnamite Lương Huệ Trinh e Ngô Trà My; la prima – su su proposta dei Matmos presenti l’anno scorso al festival – è un mix sperimentale di elettronica in tempo reale, techno, noise e improvvisazione libera; il duo vietnamita porta invece il progetto Nhấp Nhoáng, connubio tra il đàn bầu, uno strumento monocorda tipico della tradizione vietnamita, con le sonorità della musica elettronica contemporanea (inseme a oggetti vari e voce).

Lunedì 15 maggio, per la prima volta in Italia arriva Carpe Diem, il più recente progetto di Oren Ambarchi, un sestetto nato come ensemble per la creazione dal vivo di una musica ibrida che resista alle categorizzazioni, e riunisce alcuni dei collaboratori di lunga data del musicista australiano provenienti dai background più diversi.

Altro doppio set in programma per il 17 maggio: aprirà la serata il sassofonista e musicista elettronico Thomas Ankersmit che esplorerà i limiti del sintetizzatore SERGE Modular per creare un universo sonoro quasi organico e ispirato alla musica concreta, e, a seguire, l’ensemble Azione_Improvvisa che indaga nuove sonorità e possibilità espressive per strumenti di epoche diverse nell’ambito della musica contemporanea

E ancora: giovedì 18 maggio l’esibizione in acustico con un organo a pompa del XIX secolo, un violino, una chitarra acustica, un martello di Maja Solveig Kjelstrup Ratkje e Stian Westerhus; giovedì 24 maggio il progetto Eternally Frozen del batterista e compositore Andrea Belfi, insieme alla trombonista inglese Hilary Jeffery, serie di composizioni per ottoni, percussioni e sintetizzatore; venerdì 25 maggio la performance di Sarah Davachi all’organo a canne della Basilica di Santa Maria dei Servi; il Momento saggio con il Piccolo Coro Angelico sabato 27 maggio.

Si chiude mercoledì 31 maggio con uno dei più importanti musicisti giapponesi dagli anni ‘90 a oggi, Otomo Yoshihide che si esibirà in due concerti: un raro set in solo per giradischi e feedback, e condurrà, dopo tre giorni di workshop, un’orchestra formata da allievi del Conservatorio “G. B. Martini” di Bologna, che lavorerà su sue composizioni su di brani di Eric Dolphy e dal repertorio Gagaku, la musica tradizionale giapponese eseguita alla corte imperiale.

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