Nella mia personalissima top tre delle cose che difficilmente digerisco, dopo l’abbinata zucchine e gamberetti e le ginocchia ossute/sporgenti, c’è solo il berretto con la visiera quando il sole non c’è. Ebbene io l’altro giorno, con 35 gradi percepiti, ho sentito l’estrema necessità, seppure in un luogo chiuso, di indossarne uno nero con il più iconico dei loghi e la più simpatica delle radici quadrate: Vans off the wall. L’ho tenuto in testa per tutte le cinque ore di presenza per l’inaugurazione dedicata a friends&family del nuovo store Vans di Via Orefici 11. Aperto ufficialmente al pubblico e pronto a deliziarci con tanto di workshop, attività di customizzazione con @coseacasodesign e dj set di Radio Raheem per la grand opening del 26 maggio. Ci tenevo a sentirmi parte di quella crew, o forse di quella famiglia – ultra cinquantenne e destinata a rimanere la più amata da ogni generazione – che viene ringraziata nome per nome da Steve Van Doren durante lo speech di apertura.
Non penso di essere mai stata a un evento in cui tutti, ma proprio tutti, indossano spontaneamente e genuinamente qualcosa brand related. E no, non c’era nessuno a cui le slip-on o il logo Vans stonasse. C’è da dire però che, ai veri professionisti dello skate che ci hanno dilettato con simpatici trick – Mattia Turco, Sergio Reinhardt, Indro Martinenghi, Alex Borgatti e Sam Partaix – le Vans stavano comunque meglio. Più che lo skateboard o la tavola da surf, a unire la community Vans c’è proprio una visione condivisa verso l’arte in tutte le sue forme.
Steve Van Doren lo ha definito in assoluto come uno degli spazi Vans più incredibili di sempre.
Insomma tanto bello che mi è balenata pure l’idea di farmi tatuare qualcosa – tipo uno skateboard stilizzato o forse una mini scacchiera adorna di fiamme stampate. Purtroppo all’inaugurazione il tattoo artist non c’era e forse è andata bene così. In compenso ho vinto una bandana patchwork ricavata da abiti di scarto con tanto di iniziali custom made direttamente per l’apertura del nuovo spazio Vans dalle ragazze di Indio.
Non stupisce la scelta visto che i concetti di Sustainability for the Earth e il custom made sono connaturati all’essenza di Vans. Il fondatore Paul Van Doren infatti, come ben ci racconta il figlio Steve, il libro “Authentic: a Memoir by the Founder of Vans” scritto e pubblicato dal padre e pure il film “Never catch pigeons” – per voi che il film è sempre meglio – dal giorno uno in cui, in punta di piedi, ha aperto le porte del suo primissimo store, invitava i clienti a scegliere stoffe, colori e stampe per rendere quella scarpa la loro. E alla fine quella scarpa lì da più di cinquant’anni è diventata la nostra.
C’è da dire che poi di “store” lo spazio di via Orefici ha veramente poco. Cioè, sì: le collezioni ci sono tutte, plus le limited e special edition, ecc., ma scordatevi l’idea del bello che non balla: Steve Van Doren lo ha definito in assoluto come uno degli spazi Vans più incredibili di sempre – d’altronde parliamo di 300mq.
Sembrava più di stare dentro a un collettivo, dove l’arte, che sia quella di strada, visiva o sonora trapela dalle pareti, dalle collezioni e dallo spirito dei portatori di skateboard.
Io sarò pure di parte, c’erano le centrifughe spremute a freddo più quelli di L’Altro Tramezzino hanno buttato dentro anche la variante vegana e forse per un’astemia con juta bag fanno già tantissimo, però quel posto lì ha davvero tutto piazzato giusto. A dirla tutta, sembrava più di stare dentro a un collettivo, dove l’arte, che sia quella di strada, visiva o sonora trapela dalle pareti, dalle collezioni e dallo spirito dei portatori di skateboard (ma non solo). Tre piani colmi di gente, con pareti customizzate con i visual di Tony Pignatelli e Aloha Projects e un led wall con cui poter direttamente interagire suonando i tasti di una pedana tipo batteria; poi una piscina vuota per allenarsi a qualche trick da caparbio Skat3r boy, fitting room con specchio immancabilmente a scacchiera e le luci che ti fanno credere di essere in coda ai bagni di Studio 54.
Per giunta, cosa da non sottovalutare e poco scontata, ho trovato i camerini più ampi di sempre: sono riuscita a provarmi l’intera collezione dedicata al Pride 2022. T-shirt, felpe, sneakers e tote bag realizzate con le stampe e opere della italianissima fotografa Sara Lorusso, della grafica americana Ashley Lukashevsky e dell’illustratrice cinese Kaitlin Chan. Tre personalità e artiste di spicco che hanno fatto della “chosen family”, del “love can save us” o del “together as ourselves”, insomma dei claim più sentiti degli statement reali dei diritti LGBTQ+, per cui l’inclusività non solo è un bel motto ma una vera campagna sociale progressista. Lato logistico decisamente clever anche la disposizione delle collezioni. In pratica entri e rimani lì a viaggiare sui visual, poi scendi meno di un milione di scale e ti becchi tutta la collezione divisa a scomparti, quella specialissima per il Pride 2022 la vedi subito, perché c’è pure un angolo dedicato alla condivisione dei bigliettini d’amore e ancora assortimento wow per l’area scarpe in posizione tattica – tipo che esci dal camerino scalzo e te le scegli direttamente.
In tutto ciò, in sottofondo e direttamente dalla vetrina, Radio Raheem con Jonathan Clay e la sua etichetta Maple Death Records plus Bruno Bellissimo ci hanno regalato un’alternanza di suoni dall’ industrial punk all’italo-disco. Se non c’eravate, ritroverete Radio Raheem in ogni caso con un bel live broadcast il 24 e il 25 maggio, con due interviste musicate a Toni Pignatelli e a Aloha Project, che hanno curato la parte visuale interna dello store, e durante il grand opening del 26 maggio, con free entry. A condire il tutto non sono mancate birrette Vetra plus caldi panzerotti colanti di Luini – che in realtà mi hanno fatto andare di traverso il flip volante della crew di skaters che si è esibita live direttamente nella bowl dello spazio Vans – perché amici… quel tizio è davvero uscito fuori dal muro.
Che dire: cacciatevi tutti all’opening ufficiale giovedì 26 maggio.