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Pellicole d’artista: lo streaming che ci piace

Una selezione di film che ritraggono esperienze e performance nell’ambito del contemporaneo fa (quasi) venir voglia di stare ancora in quarantena

Written by Fulvio J. Solinas il 27 May 2020

Quando l’arte contemporanea incontra il linguaggio cinematografico i risultati sono spesso eccellenti. Se aggiungiamo l’attenta selezione di alcune tra le realtà più innovative e raffinate della galassia Nordest, e del contesto trevigiano in particolare, l’equazione è destinata a fregiarsi di ulteriori punti di forza. Così Tra (Treviso Ricerca Arte), in collaborazione con Lago Film Fest e Cineforum Labirinto, ha deciso di stillare in tre puntate un po’ di nettare artistico e cinematico con la formula dello streaming. L’iniziativa si intitola Pellicole d’Artista: i suoi megabyte al secondo valgono la sfida di un’intima fruizione, mentre fuori imperversano gli aperitivi distanziati e le incognite della fase due. Si tratta di documentari già proiettati in occasione dell’ultima edizione di Lago Film Fest e dedicati nell’ordine a Michele Sambin, artista padovano pioniere dagli anni ’70 nell’intreccio tra immagini in movimento, partiture sonore e performance; Romeo Castellucci, uno dei massimi esponenti del teatro d’avant-garde a livello europeo; Martina Melilli giovane sperimentatrice di nuove commistioni mediatiche. Funzionerà così: a partire da giovedì 28 maggio e nei tre giovedì successivi la visione online dei film sarà offerta gratuitamente ai partecipanti prenotati, tramite l’invio di una mail personalizzata che darà accesso per sette giorni al film dal proprio computer. Inoltre, come se fosse un minifestival dilatato on demand, ogni puntata sarà preceduta da un incontro live Facebook con il regista della pellicola, moderato dalla direttrice artistica del Lago Film Fest, Viviana Carlet, visibile sui canali social degli organizzatori. “Pellicole d’Artista” richiama direttamente ad un altro appassionante format che negli anni abbiamo imparato ad amare anche in Veneto: Lo Schermo dell’Arte, la cui settima edizione era prevista a Venezia, al Teatrino di Palazzo Grassi, dal 5 all’8 marzo, ed è saltata a causa dell’emergenza coronavirus. Aspettando quel gran concentrato di suoni, idee e visioni (attualmente in attesa di essere riprogrammato) non rimane che allietarsi con questa bella iniziativa che può rappresentarne l’ideale aperitivo (senza uscire di casa). Ecco, in breve, le sinossi dei tre film in programma.

Giovedì 28 maggio, ore 18.30. Più de la vita (2019) della regista Raffaella Rivi racconta quattro decenni del percorso artistico di Michele Sambin, la cui impresa artistica incrocia e sperimenta le diverse tecnologie nel loro evolversi, dal video analogico alla pittura digitale, dagli strumenti tradizionali alla musica elettronica. Attraverso le opere d’archivio e il lavoro quotidiano dell’artista, il documentario offre uno sguardo diretto sull’arte intesa come lavoro concreto che attraversa il tempo e trasforma lo spazio. L’opera è stata aelezionata tra i 15 documentari partecipanti alla cinquina dei David di Donatello 2020.

“Più de la vita”

Giovedì 4 giugno, Theatron (2018) del regista Giulio Boato è un ritratto cinematografico di Romeo Castellucci, uno dei protagonisti indiscussi del teatro contemporaneo. Insieme alla sua compagnia, la Socìetas Raffaello Sanzio, negli ultimi trent’anni Castellucci ha messo in scena spettacoli in tutta Europa. Sulle note di Vivaldi, Theatron disegna un ritratto dell’artista senza precedenti: tra prove generali e viaggi nei teatri di tutto il mondo, il film è una profonda riflessione non solo sullo spettacolo, ma anche sul legame dell’autore con la rappresentazione della natura umana.

Giovedì 11 giugno, My Home, in Libya di Martina Melilli, in collaborazione con Stefilm. Filmando la casa dei nonni vicino a Padova, Martina identifica una mappa di luoghi appartenuti al loro passato: Antonio Melilli è nato a Tripoli, quando questa era ancora colonia italiana, e lì ha sposato Narcisa. In seguito al colpo di stato di Gheddafi, i due si sono trovati tra i 20.000 italiani costretti ad abbandonare la Libia nel 1969. Con l’aiuto di Mahmoud, un giovane libico contattato tramite i social media, la regista traccia una mappa dei luoghi appartenuti a quel tempo passato, e li rintraccia nella Tripoli di oggi. Tramite lo scambio di immagini e chat, la relazione tra i due diventa più profonda; il web permette di superare pian piano i confini fisici e culturali che separano le loro vite, portandoci all’interno di un mondo nel quale i media non hanno accesso. Presentato al Festival di Locarno e al Chicago International Film Festival, “My home, in Libya” racconta il senso di appartenenza ai luoghi, la memoria individuale e collettiva e come essa lavori sui ricordi, così come il mezzo digitale fa con le immagini.

Qui i contatti per partecipare alla rassegna gratuita “Pellicole d’Artista”:
segreteria@trevisoricercaarte.org / cineforumlabirinto@gmail.com
Tel. 339 644 35 42