La fascinazione per l’apocalisse – e il correlativo timore – si perde nella notte dei tempi dell’umanità. Da sempre inseguiamo il segno rivelatore, la causa di tutte le cause, la testimonianza del ultraterreno e del troppo umano che ci permetta di determinare nella maniera più semplice e sbrigativa, anche se non sempre veritiera, cause ed effetti di qualsiasi fenomeno, anche di quelli più complessi che necessitano di analisi lunghe (e noiose). L’evento spartiacque degli ultimi decenni è stato senz’ombra di dubbio la pandemia causata dal Covid. A essa abbiamo ascritto tantissime cose, inclusa la morte del clubbing.
A dirla tutta, c’è chi sostiene il contrario, che la reclusione abbia portato a una nuova ripopolazione notturna, massimale anche nei generi musicali, che si sono spinti di parecchio oltre i bpm pre-pandemici. La verità è che la mutazione del consumo della notte è un fenomeno che nasce ben prima e che ha molteplici cause, prima su tutte la frammentazione sociale che la rete sta determinando a ogni livello. Insomma, basta farse un piccolo sforzo di matematico e mnemonico e contare le serate partorite dalla trap, genere ubiquo nelle fasce più giovani. Risposta: poche, molto poche. Praticamente zero, se si considera quanti invece erano, fino ai primi anni Duemila, gli appuntamenti dedicati a generi lungamente più di nicchia. Non parliamo poi dell’aspetto immobiliare, ché oggi il clubbing vive esclusivamente nella dimensione del cambio di destinazione d’uso e i dancefloor si stanno rimpicciolendo più dei gelati.
Fatte queste premesse, c’è da dire anche che non ci siamo trasformati tutti in topi da appartamento con il coprifuoco autoindotto alle 23:00. Si continua a uscire e si continua a ballare. Da qui siamo partiti per realizzare un nuovo viaggio nelle ore piccole e raccontare cosa succede nei dancefloor. Lo faremo assieme a sedici fotograf* e clubber “militanti” – selezionati e curati da Mirko Ostuni – ai quali abbiamo chiesto di raccontarci la loro notte, attraverso parole e immagini.
La notte è morta! Viva la notte!
ARIA RUFFINI
Quando e dove sei nat*?
1998 a Milano, Affori.
La serata club più bella della tua vita?
Tra le migliori sicuramente l’ultima della stagione di Stagno/Evolvere ad Opal di 10++ ore, in cui gli Hagva ci hanno fatte entrare in un tunnel infinito da cui non so se sono ancora uscita. Ho ricordi bellissimi di una notte al Lost in cui hanno suonato i Cortex of Light e sono entrata in uno scioglimento multisensoriale tra i loro vortici musicali e le luci di Bianca detta Trocadera2000. Poi un evento dell’anno scorso in Cascina Cappuccina organizzato da Pho Bho Records in cui hanno suonato Yann Lefrit, Vina Konda, Matteo Coffetti e Tundra, in cui si è creata un’energia pazzesca. Le mie serate preferite in assoluto restano quelle di Local Service con la dub che ci meritiamo il venerdì, il sabato, ma anche la domeniche sera. Ho passato dei momenti pazzeschi anche a C3, capi indiscussi delle listening session con il loro acusmonium dove fare le tue docce di suono settimanali.
Club preferito e artista preferito?
Sto per dare una risposta estremamente situazionista e relativa in cui credo molto: dipende tutto da che atmosfera si riesce a creare tra musicisti/luci/ambiente sociale. Non mi piace la deificazione dell’artista, né l’esibizionismo performativo del ballare, mi piacciono le situazioni in cui non c’è bisogno di nient’altro oltre allo stare nel posto e nuotarci come se fosse acqua. Mi piacciono gli artisti che riescono a immergermi in quello stato mentale senza che io debba sforzarmi, quindi di base tutti i posti in cui succede questo e tutte/i le/gli artiste/i che mi ci portano. In live mi è successo con Heith, Malesa, Ak’chamel, Cortex of Light, Damsel Elysium.
Dove hai scattato le foto che ci hai inviato?
Lost Music Festival, Ambient Rave, Tempovia Festival, Terraforma, Evolvere x Stagno, Spiritual Sauna, Nextones, Wide Awake Festival.
Cosa cerchi di raccontare con una macchina fotografica in un club?
Spero che le persone sentano le mie immagini più che guardarle, cerco le sensazioni senza intermezzi a parte quello visivo, mi appoggio al buio perché è da lì che nasce tutto. Spero che le persone che vedono le mie immagini sentano anche musica, immaginino scenari, navighino un po’ nella stessa dimensione introspettiva. Mi sento un po’ un’ermetica della fotografia perché evito il didascalico.
Per te ballare cosa vuol dire?
Fare quello che si fa durante il giorno. Si balla sempre no?
Con chi andresti a ballare in club?
Ho una preferenza per le persone basse, così nessuno mi oscura la vista.
Con chi non andresti mai?
Evito le persone alte, così non mi oscurano la vista!
Ti sei mai innamorat* in un club?
Sì mi sono innamorata di:
Oggetti rotondi come boccette di vetro, perline a volte campanelli.
Materiali morbidi e soddisfacenti.
Sfondi del telefono.
Ogni tanto mi innamoro dei capelli di qualcuno e li intreccio (ho testimoni).
Giochi.
Discorsi esistenziali durante momenti alti della serata, ma anche non esistenziali, come considerazioni sugli insetti, sui succhi di frutta, eccetera.
Come ti vesti per andare a ballare?
Provo a vestirmi carina, poi opto per i miei vestiti comfort, che di solito sono carini perché sono comfort e mi fanno sentire carina.
Cosa bevi?
Qui vorrei rispondere con “Amo'” di Daniele Sepe e Aldolà Chivalà.
Cosa è per te la notte?
Uno scenario di partenza per il giorno dopo.
Cosa è per te la musica?
La persona con cui andrei a ballare in un club.
Ci mandi una playlist di cinque brani da ascoltare mentre guardiamo le tue foto?
Aeery – “Dawntrain”
Blawan – “No Rabbit No Life”
Zaliva – “Shang Lu Xing Xing”
Malesa – “Brujas”
Heith – “You In Reverse”
Hesaitix – “Noctian Airgap” (tutto l’album)
FRANCESCO SPERANZA
Dove sei nat*?
Bari.
Club preferito e artista preferito?
Di club non ne ho uno in particolare. Come artista direi Blood Orange.
Dove hai scattato le foto che ci hai inviato?
In giro per festival negli ultimi due anni: C2C, Lost, Cura, Tempovia e Viva.
Cosa cerchi di raccontare con una macchina fotografica in un club?
Più che raccontare cerco di connettermi, anche se per pochi istanti, ai soggetti delle foto, quello che ne esce fuori mi aiuta semplicemente a ricordarmi di quella sensazione che ho provato.
Per te ballare cosa vuol dire?
Esprimersi e sfogarsi.
Ti sei mai innamorat* in un club?
Si.
Come ti vesti per andare a ballare?
Il più comodo possibile.
Cosa bevi?
Solo birra.
Cosa è per te la notte?
La notte è quando si torna in vita. È il momento in cui il mondo si ferma e puoi finalmente muoverti dentro di te. È il tempo giusto per lavorare su ciò che sei, senza distrazioni.
Cosa è per te la musica?
È ciò che mi permette di andare avanti, che mi consente di immaginare e creare.
Ci mandi una playlist di cinque brani da ascoltare mentre guardiamo le tue foto?
Dregs – “Sofj”
Rabit – “Safe”
Tweaks – “Blizzard Beach”
Kavari- “I Want You to Breathe (asphyxiation mix)”
Europa – “Protection”