Summer Casino è stato uno degli eventi più importanti della scorsa estate meneghina. In collaborazione con Zero, HangarBicocca ha pensato a una sorta di estensione multidisciplinare della mostra Casino dell’artista Damian Ortega: un “fuori-formato” insolito per il palinsesto dell’Hangar, che si è sviluppato nel cortile esterno del rinomato spazio d’arte contemporanea e ha mischiato musica, dj set e videoarte.
Muovendosi dalla mostra, l’artista e il curatore musicale Pedro Rocha hanno restituito un’altra visione del contesto di sperimentazione ibrida e cosmopolita tipica del modo di lavorare di Ortega, tra Europa e Sud America. Tutto raccontato attraverso tre serate.
Il 15 luglio, primo giorno della kermesse, sono saliti sul palco Lorenzo Senni e Palm Wine. Come Damian prova a dare forme nuove a oggetti comuni (automobili o parti di esse), anche Senni ha rivisitato la musica trance conferendole un’essenza nuova: sempre melodica, ma più eterea. Una musica che era anima di contesti rave o festivalieri, caratterizzata da arpeggi e bpm piuttosto serrati, nel lavoro di Senni è stata rallentata, resa più fluida e meno spigolosa. Tanto da trasformare il ballo in ascolto e contemplazione. Non è un caso quindi che una parte del pubblico abbia preferito ascoltare il live sdraiato o seduto per terra.
L’altra trasposizione sonora della serata è stata opera di Simone Bertuzzi, in arte Palm Wine. Simone è da anni in fissa con suoni di terre lontane, diventati la base per la sua tesi di laurea all’Accademia delle Belle Arti che l’hanno portato a viaggiare sulle note di luoghi come l’Etiopia e la Giamaica. Ispirato a suoni post-globali (sudamericani, africani, mediorientali) e con una dose abbondante di bassi, il suo dj set è riuscito a smuovere anche il danzatore più restio. Il rito tribale del ballo è riuscito in pieno e la prima sera di Summer Casino si è chiusa in grande stile.
La sera successiva è stata inaugurata con un dilemma di Matias Aguayo. Il main guest di tutto l’evento aveva un dubbio: non sapeva se per il suo show sarebbe stato meglio indossare una canotta gialla bucherellata, oppure una tunica lunga della sua label Cómeme. Il problema si è risolto grazie a una manciata di ragazze, che hanno tifato per la canottiera forata; scelta accettata di buon grado anche da Matias, visto il caldo torrido.
L’esperienza decennale di trascinatore, prima come dj e poi come showman, si è notata subito. Matias è una sorta di one-man-band capace di tutto: canta, campiona la sua voce che diventa ritmo, mixa momenti live con stamburellate e drum machine a dj set. Soprattutto si diverte con il pubblico, scende dal palco per quella che lui chiama «una fiesta dieferente», «con un ritmo màs nocturn, màs profundo». I suoi suoni sono ibridi tra l’elettronica tedesca e quella del Sud America, in particolare di Buenos Aires dove ha scoperto i BumBumBox Party . Trattasi di vere feste in strada (che hanno portato alla nascita della sua label Cómeme) con musica che dalla strada arriva nei club e viceversa. E a proposito di club e di ambienti scuri la chiusura della serata è stata affidata alla brava Borusiade: dj rumena che ha mischiato suoni etnici con una dark-disco lisergica a tratti bella spinta, per un dj set che ci ha mandato a casa soddisfatti e sudati.
Per l’ultima serata, quella del 17 luglio, sono saliti sul palco come manovratori dei suoni i The Durian Brothers. Loro attraverso un set up audio personalizzato e composto da consolle, sintetizzatori, drum machine e altre diavolerie producono colonne sonore insolite. Il loro live, basato sull’improvvisazione, è riuscito a toccare territori sonori di molti generi diversi, dall’hip hop al break beat, arrivando fino a rimandi asiatici e disco. C’è da dire che avendo loro un passato come dj al Salon Des Amateurs di Dussldorf, un tocco artistico ed eclettico dovevamo aspettarcelo.
Quest’anno il “fuori-formato” dell’HangarBicocca, sempre in collaborazione con Zero, vede coinvolti in prima persona Carsten Höller, la sua mostra Doubt e il suo lavoro sulle musiche del Congo Fara Fara: il soundclash nel cortile dell’Hangar è pronto, via libera ai balli a natiche basse, a strombazzamenti di vuvuzela e a cori da stadio vari.