Ad could not be loaded.

Utopie contemporanee: Selene Ghiglieri

Un universo di corpi rosa disgregati, rammendati e rinarrati

Written by MANDRA (di Sandra Beccaro e Marta Chinellato) il 18 September 2025

Abbiamo guardato fuori dalla finestra e abbiamo deciso di non mentirci. Abbiamo spalancato gli occhi su un presente che sentiamo opprimente e che ci appare sempre più catastrofico. Il nostro sguardo si nutre di arte: abbiamo la necessità di trovare nuove forme e nuovi modi di vedere la realtà. Quale modo migliore per comprendere la contemporaneità se non quello di guardarla con gli occhi dellə artistə che da sempre smuovono idee e coscienze nella società? Torna Utopie Contemporanee, ovvero storie di artistə che ci scaraventano nel mondo con dosi di realtà e possibilità. Ammettiamo la sconfitta e con le rovine raccontiamo le alternative. Noi siamo MANDRA (Sandra Beccaro e Marta Chinellato), un duo di curatrici che lavora sul confine dell’utopia.

È un grande sollievo lasciare le maschere e le protezioni sull’uscio ed entrare in questo piccolo mondo di sperimentazione costante.

Per questo articolo facciamo visita a una cara amica, a quasi un anno dall’incredibile, caotica, emozionante, dolorosa e divertente esperienza di Metafica (un abbraccio se ci sei statɜ e se non c’eri leggi qui e un abbraccio anche te) torniamo curiose da Selene dopo aver saputo dell’enorme ricerca e produzione dell’ultimo periodo.
Ogni volta che entriamo nello studio di Selene Ghiglieri ci sentiamo come a casa, nonostante il suo assetto venga costantemente stravolto seguendo il flusso di idee e suggestioni dell’artista, questo luogo mantiene un’energia e un sapore di libertà, qui si può sognare e immaginare tutto, qui si può essere chi si vuole, come si vuole. È un grande sollievo lasciare le maschere e le protezioni sull’uscio ed entrare in questo piccolo mondo di sperimentazione costante.
Rimaniamo stupite dalla quantità di materiale e opere presenti nello studio, sulle pareti i dipinti, il grande tavolo al centro della stanza è sommerso da pennelli, colori e studi preparatori, c’è pure un tronco colorato di rosa che pare sia diventato la casa di alcuni ragni. All’improvviso un bottino, un ampio mobile composto da una decina di cassetti sottili da cui Selene inizia a tirare fuori tele a non finire, ci sembra impossibile che questa vecchia cassettiera potesse riuscire a contenere tutte queste meraviglie. 

La pratica di Selene è molto intima, a volte quasi terapeutica, si tratta di una costante ed infinita rielaborazione di memorie personali che si fanno collettive o di memorie collettive che aiutano il confronto con quelle personali. Il suo processo è ossessivo, decostruttivo e trasformativo, sezioni di immagini si ripetono e ripetono ancora, sempre più grandi, o sempre più piccole, avvalendosi di supporti sempre diversi. La disgregazione avviene in una riproduzione quasi ossessiva delle parti; attraverso la pittura i soggetti, o meglio i frammenti dei soggetti, si astraggono costruendo nuove narrazioni lontane dall’originale. Quello che può sembrare un processo di distruzione è in realtà un processo di cura e di rielaborazione della memoria. Nel suo lavoro vi è un certo tipo di ritualistica riconducibile al mondo femminile, rielaborare le narrazioni per Selene significa rammendare i ricordi. Il cucito è una pratica storicamente femminile che le è stata tramandata dalle donne della sua famiglia, questa idea di rammendo la lega quindi alla sua genealogia e ad un gesto di cura, per il materiale e per l’altro. Il rammendo diventa uno strumento per sedersi con il proprio dolore, riorganizzare le memorie e riadattarle in maniera nuova e curativa.

Per un periodo Selene ha vissuto a Madrid, qui ha lavorato sulla riorganizzazione dei corpi anche in maniera un po’ astratta perciò, partendo dallo studio di questi, è nata l’ossessione per la palette rosa che suggerisce carne ma non indica un pezzo di carne specifico o necessariamente realistico. Con il tempo ha mantenuto la rosa cromatica evolvendola su grandi dipinti dove le figure, mescolate e avviluppate tra di loro, si percepiscono appena: i confini sfumano, le forme si astraggono, ciò che rimane è il rosa della carne e della pelle.

Quando abbiamo iniziato a collaborare con Selene, più di un anno fa, era appena tornata da Madrid, nel pieno della sua ricerca sulla pornografia; collezionava ossessivamente giornaletti porno vintage riproducendo parti di corpi, non le interessava il virtuosismo della riproduzione dell’immagine, quanto più l’ammmucchiamento delle immagini erotiche, ricontestualizzate, nel tentativo di riappropriarsi del sesso e del corpo. Cambiando il punto di vista sull’immagine erotica, tendenzialmente maschile patriarcale, l’artista cambia l’intera composizione e costruisce una nuova narrazione libera dai dogmi provenienti dalla società patriarcale e ipersessualizzante in cui viviamo.

Nell’ultimo anno si è lanciata nella sperimentazione con quante più immagini possibili, macchina fotografica alla mano, ha iniziato a guardarsi attorno, a perdersi ossessivamente nei dettagli per raccogliere nuove immagini da scomporre e ricontestualizzare. Tramite accostamenti imprevisti – come macro riproduzioni di micro dettagli di licheni affiancati da immagini di genitali femminili o ancora steli spinosi di un cactus, che ricordano delle gambe femminili, affiancati dalla scritta mordimicrea assemblaggi quasi surrealisti che, grazie a queste associazioni definite dall’artista stessa compulsive, creano nuovi significati.

Queste associazioni sembrano inesauribili e noi siamo pronte a farci stupire anche dalle prossime Per il momento ci siamo salutate con la promessa di rincontrarci per un piccolo laboratorio di cucito, perché nello studio di Selene anche chi non ha mai cucito può diventare sartə.

Dalla serie UTOPIE CONTEMPORANEE