«Addò arrive, chiande u zippe», dicono i pugliesi. E contro ogni immobilismo e calura meridionale gli organizzatori di VIVA! Festival sono riusciti ad arrivare in Valle d’Itria e a dare vita a una serie di eventi dal forte legame con l’ambiente circostante, “colonizzando” la valle dei trulli e trasformando il paese di Locorotondo nell’hub della ricerca musicale per sei giorni (dal 15-20 agosto) con una programmazione che ha letteralmente ravVIVAto l’intera area portando, ancora una volta, il nuovo nell’antico, l’innovazione nella tradizione in un territorio, ahimè o per fortuna, ancoro poco esplorato dai più.
ZERO ha condiviso questa missione e nelle prossime righe leggerete quanto ci è piaciuta. E non perché anche abbiamo guadagnato un bel pallone gonfiabile di Wrangler…
Dopo gli infiniti banchetti di Ferragosto con il parentado di chi scrive, a colpi di orecchiette al sugo e cacioricotta, riso patate e cozze, nonchè arrosti di terra-mare, iniziamo col botto con il concerto di Nicolas Jaar alla Masseria Papaperta. Nico propone rivisitazioni dal vivo di pezzi tratti dall’ultimo e variegato album Sirens, come No, Three Sides of Nazareth denso di memorie cilene, in un crescendo di ritmi veloci e ossessivi, che ci accompagnano verso una cassa elegante e mai troppo pesante, un sax e una voce notevolmente alterata ma sempre malinconica e suadente. La fine è il momento del revival tanto che il Nostro tira fuori un asso nella manica, direttamente dal 2011, come Space Is Only Noise If You Can See, per terminare l’ultimo bis con un pezzo afro-tribale davvero spaziale che è piaciuto tanto anche alla mia amica russa, la quale mi confida che adesso usa fare così.
Il giorno successivo è quello in cui si rivela di più l’incredibile macchina messa in piedi dall’asse Torino-Locorotondo, la quale porta per la prima volta in Puglia il format Boiler Room all’interno di una Masseria (Luco, per la precisione) tra pungenti cactus, deliziosi minitrulli e magiche lucine.
Messo da parte lo spaesamento iniziale per trovare la masseria e gli scontati siparietti davanti alla telecamera, più da poser room, a fischiare il calcio di inizio ci pensa il local Z.I.P.P.O che parte al calar del sole in quattro quarti. Riposiamo le gambe con Don’t DJ e rRoxymore mentre chiacchieriamo con degli amici turchi di quanto fosse bello C2C Istanbul aspettando il finale affidato al set di John Talabot, il quale lancia letteralmente tutti in orbita con tracce latine e tribali, tanto da farci perdere le scarpe. Chiuso il sipario musicale, abbandoniamo quello da afteristi e apriamo quello pirotecnico della festa di San Rocco a Locorotondo, che ci godiamo seduti sul muretto della masseria in compagnia di un giudice d’onore in espadrillas.
Dopo un panino col polpo al 242 di Monopoli, il terzo giorno lo spostamento al Coccaro Beach di Capitolo – sul quale abbiamo ancora seri dubbi sulla pronuncia (si dice Cóccaro o Coccàro? boh) – è un po’ fine a se stesso, mostrando ancora una volta come sia sempre più forzata e slegata dal contesto globale la scelta di alcuni festival di spostare i propri eventi sulla costa, sulla spiaggia o nei lidi. Ciò non toglie l’ottimo set del duo Stump Valley, che tra hit antemiche come Gypsy Woman di Cristal Waters e Promised Land di Joe Smooth ci hanno teletrasportato per qualche ora tra Rimini e Riccione e ce ne andiamo via all’alba canticchiando “la da dee la da da”.
Gli ultimi tre giorni si torna tra la terra arsa dei trulli e delle masserie nell’arena ai piedi di Locorotondo, aperta gratuitamente a tutti. Qui ascoltiamo l’esperimento di Jolly Mare accompagnato da due elementi della band: un’esibizione sottotono che ci lascia un po’ a bocca asciutta rispetto al suo set pieno di energia (indimenticabili le sirene con la voce) e di italo gemme durante la Boiler Room. Dopo è il turno del live del norvegese Todd Terje , che al pari di Jaar mette a punto uno show dove non mancano mine come Inspector Norse e Delorean Dynamite che fanno ballare pure le pietre.
Il nastro si riavvolge il quinto giorno quando troviamo un’arena gremita dalla festa delle medie e dalle fan di Ghali, che tra un Happy Days e Ninna Nanna si fa benvolere, anche per le ottime basi del dj alle sue spalle, Davide_dev. Cambio pubblico e poi arriva Madlib, che è un altro pianeta proprio. Tra basi strumentali e scratch old school, flow caldi e calici di vino (più tardi ce ne faremo offrire uno di buonissimo bianco nel suo trullo) è un viaggio senza ritorno e tempo tra i mille alias allucinati, animati dai visual che fanno da sfondo alle note di De La Soul, Slum Village ma anche di Anderson Paak.
La stessa magia non tarda a ripetersi con DJ Shadow, già in forma dal pomeriggio quando il suo sound check ha fatto tremare il borgo, e le animazioni assurde e ipnotiche del suo vj Ben Stokes. Quella del produttore californiano è una visione dell’hip hop nella sua tonalità più astratta ma mai così a fuoco nella resa di tracce di quel capolavoro che è Endtroducing…, come I Gotta Rokk, Stem e Six Days. Da trip sublime. Menzione a parte per la corista Kelly Lee Owens, uno dei nomi meno scontati tra i protagonisti del festival, che si fonda su un parterre di già noti e che aggiunge così un tocco di freschezza e novità alla sua proposta. La conoscevamo per l’ eponimo album di debutto e la abbiamo apprezzata per la voce che ricorda Grimes, ma con una grinta ai pad da far invidia alle colleghe più note, lontane dal suo vigoroso mix di ambient, techno ed elettronica cui si aggiungono vocalizzi riverberati a rendere il tutto più soave e spirituale.
Il festival si chiude ufficialmente con il video mapping sviluppato dallo IED di Barcellona e proiettato sulle “cummerse” di Locorotondo. Uno spettacolo che accende di luce uno skyline da cartolina, per una Puglia così VIVA! come nessun altro l’aveva mai vista. E non è merito delle omonime lampadine.