Ad could not be loaded.

B-boy scostati: intervista a B-girl Eka, da Bologna al centro della scena breaking

Written by Salvatore Papa il 17 January 2025

Francesca Pallotta aka B-girl Eka è una delle prime donne nella scena italiana del breaking. Classe 1978, abruzzese di nascita, si è formata a Bologna, negli anni d’oro dell’hip hop, tra l’Isola del Kantiere e il Link e frequentando le prime Jam italiane. Nel 2000 ha fondato la crew Wired Monkeys e, successivamente ai suoi numerosi viaggi negli USA, nel 2013 è entrata uffcialmente a far parte della crew NO EASY PROPS fondata dalla leggendaria ASIA ONE.
Suo anche il format Strictly Underground, che ha trasformato il breaking in un punto di riferimento per i/le giovani del territorio: due appuntamenti al mese di incontri tra ballo, musica, panel di discussione, workshop e confronto dove il focus è la socializzazione e non la competizione forzata. Negli anni, Strictly Underground è diventato anche una fucina di nuovi talenti, una crew in grado di far emergere breaker promettenti, alimentando la scena underground locale e internazionale. Un percorso che vede nel cypher – il cerchio sul dancefloor – non solo una sfida, ma un rituale collettivo, una pratica che unisce corpi e storie nel reciproco sostegno.

Sabato 18 gennaio 2025, questo spirito prenderà di nuovo vita al TPO di Bologna in un evento che riunisce breaker, artisti e appassionati da tutta Europa, dagli Stati Uniti e oltre per una giornata di pura cultura underground. Qui i dettagli.

Ne abbiamo quindi approfittato per intervistarla.

 

Partiamo dal principio: quando e perché sei arrivata a Bologna?

Sono arrivata a Bologna la prima volta quando avevo circa 13 anni, mia madre mi aveva mandato a trascorrere l’estate da una mia zia che viveva qui. “Peccato” che quest’ultima abitasse esattamente di fianco all’Isola nel Kantiere e un pomeriggio mi ha proposto di andare a vedere dentro dove c’era una rampetta da skate perché io all’epoca skateavo tantissimo. Ricordo ancora la sensazione appena entrata: rampa ,murate SPA(crew di writing bolognese storica) musica. Mi sembrava il paradiso! Mi ha accolto Papa Ricky, dicendo: “Uè ciao…sei venuta ad usare la rampa? Fai come se fossi a casa tua!” neanche ci conoscessimo da tutta la vita. Ecco da quel momento lì è scattato l’amore che mi ha portato, in seguito, a fare ogni week end in treno da Pescara avanti e indietro pur di non perdere una serata in Zona Dopa o una session di skate ai Giardini Margherita.

Quando hai iniziato a ballare?

Ho iniziato ad allenarmi seriamente qui a Bologna. A Pescara avevo avuto un primo approccio grazie a Marco Sala dei Rapid Soul Moves e Papa Crazy dalla Svizzera ma non essendoci nessuno in città che si allenasse costantemente mancava l’elemento primo: la “balotta”. Finalmente finito il liceo scientifico mi sono trasferita qui, dove la scena era più corposa e dove persone come Soul Boy aprivano le porte del Link al pomeriggio per farci allenare.

Quali sono state le tue fonti di ispirazione?

La mia prima fonte di inspirazione fu un documentario sulla Rock Steady Crew trasmesso da Rappresenta (uno dei primi programmi televisivi condotto da Master Freeze), poi sicuramente i pionieri della cultura con i quali ho avuto il piacere di condividere delle esperienze come Alien Ness, Asia One, Kmel, Elmo e Abgirl, Kinguprock: fonte di ispirazione tutte le persone che portano avanti questa disciplina con dedizione e amore.

Pensi che il modo in cui tu sei venuta a contatto con le sottoculture sia ancora possibile oggi?

Purtroppo credo di no. Sfortunatamente, avendo tutto a disposizione in un click, si è totalmente perso il gusto della ricerca e manca un po’ l’elemento della scoperta personale che avveniva fisicamente, frequentando i luoghi giusti. Purtroppo anche chi ci prova spesso rimane deluso nel confronto reels vs vita reale. Le sottoculture esistono ancora, ma sono più frammentate e spesso si consumano online. Tuttavia alcune situazioni ancora resistono e chi è determinato a viverle davvero le trova.

Com'è nato invece Strictly Underground e perché?

Strictly Underground è nato dalla voglia di ricreare un punto di riferimento per chiunque volesse approcciarsi all’hip hop in modo autentico. In un momento storico in cui le jam non esistevano più, soppiantate dai contest. Era diventato impossibile cogliere qualsiasi momento di sana aggregazione, tutto era focalizzato su chi sarebbe stato il migliore della serata e si sarebbe portato a casa il premio in denaro. Ecco credo che ridurre una cultura a garetta non rappresentasse il mio concetto di Hip Hop e così, con l’aiuto e il supporto della mia crew, i Wired Monkeys, abbiamo deciso di organizzare una jam “come si faceva una volta” solo cyphers e musica no stop, skate, cibo popolare, libri e talking in un contesto come quello del TPO che è stato per anni un baluardo della cultura Hip Hop a Bologna. Mi sembra un modo per preservare l’essenza della cultura, lontana dai riflettori e dal mainstream, valorizzando le radici e i valori fondanti.

Raccontami della tua esperienza negli USA e quanto è stata importante per te e quali le differenze con l'Italia. Cosa dovremmo imparare da loro? E c’è qualcosa che possono imparare da qui?

Negli Stati Uniti ho avuto la possibilità di immergermi nella cultura hip hop nella sua forma più autentica, dove il rispetto per la storia e la comunità è centrale. Ho avuto la possibilità di conoscere i pionieri e di crescere tramite i loro racconti su come è nata questa cultura. A Los Angeles ho avuto l’onore di entrare a far parte della crew NoEasyProps, fondata da Asia One; a New York ho organizzato una edizione dello Strictly Underground; insomma diciamo che è stata un’esperienza gratificante. Credo lì ci sia una mentalità più aperta al confronto e al sostegno reciproco, qualità che spesso mancano in Italia. Dovremmo imparare a dare più valore alla cultura come strumento di crescita e inclusione. In cambio, loro potrebbero imparare da noi a cucinare.

Com'è stato e com'è essere l'unica donna (o una delle poche) in un contesto quasi esclusivamente maschile?

All’inizio è stato difficile, perché bisognava lottare il doppio per essere rispettata. Ma con il tempo ho capito che la chiave era continuare a lavorare sulla mia arte, senza cercare di dimostrare nulla a nessuno. Le cose stanno cambiando, ci sono sempre più donne nella scena, ma il cammino è ancora lungo.

Perché esiste questa disparità, soprattutto nell’hip hop? Anche se gli altri generi non sono messi bene.

L’hip hop nasce come forma di resistenza, ma è stato per anni associato a stereotipi maschili. Oggi la presenza delle donne è più forte, sia nel breaking che nell’mcing , e questo sta trasformando la scena. Tuttavia, c’è ancora un gap culturale da colmare.

ai anche creato un non-brand, FTWRK. A giudicare dall’ostentazione continua dei marchi in ambito mainstream(e non solo)un non-brand parrebbe una cosa molto poco hip hop....

FTWRK è nato come risposta alla logica consumistica che domina anche il mondo hip hop. Sono tutti prodotti homemade nel vero senso della parola. Ci vediamo tutti a casa mia, ci alleniamo, musica, telaio…spesso ci vengono ad aiutare le nuove leve, un po’ come si faceva una volta nei centri sociali diciamo. Il messaggio nasce in un momento storico in cui in Italia veniva valorizzato solo chi faceva Power Moves (movenze legate all’aspetto ginnico tecnico) mentre noi WM abbiamo sempre continuato negli anni a mantenere vivo l’aspetto ballato, i Footwork. Da lì FTWRK. Volevo creare qualcosa che fosse puro e legato all’espressione artistica, non a logiche di mercato e che rappresentasse il ritorno alla vera essenza della cultura: il messaggio.

Una cosa che fai da sempre è lavorare con le fasce d’età più giovani e i soggetti più fragili e marginalizzati.Qual’è la prima cosa che gli dici o una di quelle che dici più spesso e come l’hip hop può cambiare la vita delle persone?

L’hip hop è potente perché ti dà una voce. La prima cosa che dico è di non avere paura di esprimersi. Attraverso la danza, le rime o il writing puoi raccontarti, sentirti parte di qualcosa e trasformare la tua energia, anche quella negativa, in qualcosa di costruttivo. Lavorare con i giovani mi piace molto, in primis perché credo sia giusto lasciare una legacy: come dice Guru “Cultivate, multiply, motivate or else we’ll die”. Peraltro ritengo che utilizzare l’Hip hop come mezzo educativo sia il modo migliore per rendere onore alla cultura stessa.

Le sfide di breaking possono aiutare a stemperare i conflitti? Quali sono secondo te i pro e i contro della dimensione del cypher e di quella del contest?

Assolutamente sì. Nei cyphers, soprattutto, c’è un confronto diretto che permette di canalizzare le tensioni in qualcosa di positivo; non c’è una giuria: chi prima esce dal cypher ha perso quindi diventa quasi più una sfida con te stesso e con quelle che sono le tue reali capacità. Il contest ti incanala in degli schemi per cui balli quando è il tuo turno e una terza persona (titolata o non) decide chi è il migliore. A parer mio il cypher rimane il cuore pulsante: è lì che impari davvero a connetterti con gli altri e dimostrare la tua attitudine.

Quando pensiamo a queste discipline la prima cosa che viene in mente è la strada, perché è lì che sono nate.Oggi quasi tutto avviene in contesti “protetti” e regolamentati? Che ne pensi di questa evoluzione?

Credo che abbia fatto perdere tutto il gusto della libertà di espressione e ha totalmente smorzato la spontaneità. In fin dei conti quando vai in palestra hai degli orari da mantenere, ai contest balli quando è il tuo turno e magari anche su una canzone che non ti piace. All’atto pratico sei inserito in un circuito deciso da terzi. In strada o nei centri sociali eri tu a doverti regolamentare contestualizzato al posto in cui ti trovavi. Un processo formativo non da poco.

Quando sei arrivata in città, Bologna era il fulcro della scena. Oggi com’è messa?

Bologna rimane fulcro della scena underground italiana. Ovviamente è cambiata molto e avendoci molti meno spazi aggregativi la scena è meno coesa. Però comunque credo non abbia perso la voglia di dimostrare quanto appreso dai nostri pionieri Neffa, Deda, Kaos, Deemo ecc.