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Bekka Gunther

La città, il quartiere e il lavoro, come storia d’amore.

quartiere Porta Romana

Written by Annika Pettini il 16 July 2021
Aggiornato il 7 September 2021

Bekka Gunther è una fotografa americana volata da Brooklyn a Milano insieme alla sua compagna e al suo lavoro, per trovarsi a raccontare una storia d’amore tutta nuova: quella con la città. Per chi crede di sapere tutto di Milano, allora deve vederla attraverso le foto e il cuore di Bekka. Alla base di ogni relazione c’è una grande dedizione e voglia di condividere e se le città e i quartieri sono fatti da chi li abita, allora tutto è legato allo scambio: un dare e ricevere energico e inaspettato.

 

Los Angeles, New York e Milano: cosa ti ha portata qui?

Sono una California Girl da sempre e ormai ce l’ho nel sangue. Ho abitato a New York per tre anni e poi mi è venuta voglia di tornare a casa. Cercavo un ambiente più chill, che fosse meno caotico, anche se mi sono resa conto che per casa non intendevo la stessa da cui ero partita.

Con mia moglie, che è italiana, ci siamo dette – buttiamoci e andiamo a vedere com’è la vita lavorativa a Milano –.

E a Milano ho trovato quella sensazione di stare a casa, come la California ma diversa.

Le persone sono più chill, se devo fare un comparison il pace of life è molto più rilassato rispetto a New York. E io mi sono sentita subito bene. A Milano ho trovato una situazione che mi trasmetteva calma rispetto al luogo da cui arrivavo.

Sei una fotografa, come ti sei trovata a livello lavorativo?

Ho trovato delle differenze ma anche tante cose simili. Ad esempio c’è qualcosa di diverso nel tipo di fretta ma sui set i team sono sempre molto – we can do it. C’è attitudine al buon umore e chill energy, come trovavo anche a Los Angeles.

Chill energy per me non vuol dire persone pigre ma persone che portano una certa positività e determinazione nell’affrontare le cose e il lavoro, e a Milano ho trovato questo approccio sui set.

Lavorare con i team italiani è molto bello, si fanno cose diverse rispetto a LA dove come fotografa scatti spesso bikini e lingerie. A Milano invece c’è arte, architettura, design, moda… 

C’è voluto un pò di tempo per abituarmi alla nuova situazione ma poi quando le persone sentono che sono californiana, mi chiedono subito cosa ci faccio qui e iniziamo a parlare. Io mi trovo bene con le persone e le persone fanno comunità: se ti trovi bene, ti senti a casa.

Qualche giorno fa ho visto alcune tue foto al Cinemino. Parlo di quelle che hai scattato proprio agli abitanti del quartiere in cui vivi, Porta Romana. Mentre osservavo quei volti così famigliari ho letto due tue righe, in cui parli della città e della vita di quartiere come di una storia d’amore. Cosa vuol dire per te?

Quando abbiamo deciso di trasferirci non sapevamo come muoverci, perché se non hai mai vissuto a Milano è difficile capire da dove iniziare.

Una sera, a New York, siamo andate a cena da un amico italiano che vive lì e mentre parlavamo ci ha detto che aveva una casa in Porta Romana e che potevamo andare lì per iniziare. Il quartiere quindi è arrivato per caso ma ci siamo trovate subito benissimo! Tutto quello di cui avevamo bisogno era vicino. Siamo state fortunate e da lì lo scopo è stato diventare amici di tutti.

Se entri in un quartiere nuovo da straniera sei sempre un pò spaventata.

Hai paura di non fit in, di non incastrarti bene. Di non trovare il tuo spazio in questo mondo nuovo in cui ti sei trovata.

Ci ho messo tanto tempo a parlare con la gente (ho un cane e quello aiuta tantissimo).

L’introduzione è stato proprio portare il cane in giro e conoscere gli altri padroni. Pian piano chiedi nome, prendi il caffè insieme… Andare negli stessi posti, ordinare sempre lo stesso caffè, fino a che non lo sanno da soli cosa ordini e non devi più chiederlo. È bellissimo.

Ad un certo punto mi hanno chiesto di scattare delle foto e ho deciso di individuare le persone che vivevo quotidianamente. Devi metterci effort, con le le persone: il panettiere, il macellaio, i padroni di casa, … il rapporto si è sviluppato pian piano, con il tempo. Ora conosco i miei posti, la mia gente, ci salutiamo per strada.

 

 

Tutto quello che mi stai raccontando, le sensazioni di cui parli, è qualcosa che conoscevi già? Che avevi già provato prima e che ricercavi? O è nato qui?

No, la città grande e americana non funziona così. Però per un periodo ho vissuto a Venice Beach e un pò è stato così. Ma per il resto queste dinamiche da comunità esistono solo nei piccoli paesi in US.

Ma quando viaggio e mi trovo in un altro paese voglio – I want to assimilate.

E vedendo come si comportavano gli italiani mi è venuta voglia di assimilarmi, di live like Italian do.

Cosa hanno detto quando gli hai detto delle foto?

Erano contenti! Sono corsa da tutti in giro per la città ma erano tutti felici, e anche vedere la loro faccia gli piaceva. E l’altra cosa bella era vedere le persone che riconoscevano chi era nelle foto.

Rappresentare la comunità e sentirsi riconosciuti.

 

Hai raccontato una storia molto luminosa, è bello sapere che questa città ha così tanto da offrire a chi arriva. Ogni tanto ce lo dimentichiamo. Parlandomi del tuo rapporto con la vita quotidiana del quartiere la paragoni ad una relazione, una storia d’amore. E quindi un equilibrio sottile e complicato di dare e ricevere. Che cosa senti di dare o di aver dato a questa comunità?

Parlo tanto. Arrivo da una famiglia, mio padre soprattutto, che tira fuori racconti da chiunque.

Come stai? Come ti chiami? E dopo 10 minuti hai tutta la storia fuori da lui.

I milanesi sono un pò chiusi, ti guardano strano se parli tanto ma io saluto e sorrido e continuo a salutare fino a che non iniziano a parlarmi.

Saluto tutti, parlo con tutti, metto tutti sullo stesso livello: non sono nobile, non sono milanese, non sono italiana. Quindi posso rompere le regole perché ne sono fuori.

Cerco sempre di dare una buona energia agli altri che poi eventualmente mi torna. Se dai good vibes e sorrisi sempre, pian piano arrivano.

Progetti per il futuro?

Seguire un all women team che gioca a football a Milano. Vorrei seguirle per varie settimane e documentare quello che fanno e chi sono.

Con il mio lavoro vedo donne di ogni tipo e stile e devo dire che Milano è una città in cui le donne sono libere di costruire il futuro come vogliono e anche io mi sento libera di fare la stessa cosa. Questo è molto bello. 

Le opportunità date.