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Beniamino Saibene

Progettare la città come patrimonio comune

quartiere Calvairate

Written by Giorgio Racagni il 1 December 2021

Foto di Fabrizio Albertini

Se in città non ci fossero persone sarebbero un po’ come un quadro di Giorgio de Chirico, solo senz’anima e di una noia mortale. Per fortuna a Milano c’è chi è in grado di mettere a servizio della propria comunità energie e idee in grado di innovare, creare condivisione e fare la differenza, rendendo il luogo in cui si abita più vitale e attrattivo. Beniamino Saibene è uno di questi: instancabile sognatore e fautore di progetti, come Cascina Cuccagna, che hanno dato un sapore nuovo alla città.

«La città è di tutti, e forse questo concetto dovrebbero insegnarlo nelle scuole.»

Piccole, grandi, dense, sperdute, le città sono di chi le abita. Nelle diverse epoche storiche ci sono state, a fasi alterne, transumanze umane dalla campagna alla città e viceversa. Qual è secondo te il trend di oggigiorno e cosa lo caratterizza?

Il trend di oggi temo sia quello di sempre, chi abita in città vorrebbe fuggire in campagna a respirare l’aria buona, chi abita in campagna vorrebbe vivere le mille possibilità della città. Un trend non per tutti diciamo, ma solo per chi ha disponibilità economiche, che può permettersi di andare in campagna nel weekend e viversi la città in settimana.

Oggi, sempre di più i quartieri, sono piccole città nelle città, come vivi Calvairate?

Sempre meglio, mi piace l’idea di essere proud del quartiere in cui vivo, sarebbe divertente portare a Milano un palio come a Siena, magari senza cavalli… Calvairate contro Pt. Romana. Mi piace molto vivere la dimensione di quartiere, la trovo comoda, avere gli amici intorno, godersi il vicinato. Amo uscire in bicicletta, salutare con un cenno conoscenti o volti familiari, è una cosa che ti cambia la giornata. Poi spero che tra qualche anno mio figlio non veda l’ora di scoprire il resto della città.  

L’offerta milanese è sempre stata molto variegata e negli ultimi anni c’è stato un moto in crescita davvero sorprendente, tante realtà sono emerse, una tra queste è Cascina Cuccagna, uno spaccato di ruralità in una metropoli. Cosa significa per te quel luogo e come vedi il suo futuro?

La Cascina Cuccagna per me è come una figlia, essendo uno dei fondatori del suo nuovo corso, nel suo futuro la vedo crescere e rafforzarsi sul territorio creando legami e relazioni. Su di me ha un’influenza potente.
Al tempo stesso la vedo come una trisnonna di trecento anni, perché ha una grande storia, una potenza saggia, inclusiva e accogliente.  Chiunque la visita ne assorbe il suo spirito, ritmo, sostenibilità. In futuro vorrei che continuasse a trasmettere questi valori e messaggi.

Ci hai raccontato di Cascina Cuccagna che oltre ad essere uno spazio condiviso fa anche parte di Esterni un progetto di più ampio respiro sulla città di Milano. Cos’è Esterni e da quali realtà è composto?

Siamo una realtà che ha come obiettivo il placemaking ovvero occuparsi di spazi urbani e non solo, rigenerarli  dandogli nuova vita. Dopo quindici anni di progetti a tempo determinato, Cascina Cuccagna è stato il primo progetto che Esterni è riuscito a far sedimentare e a renderci in qualche modo permanenti sul territorio. Prima erano tutti progetti a tempo determinato, come il Milano Film Festival.

A proposito di film, quali sono i tuoi ricordi d’infanzia legati al cinema? Profumi, luoghi, prime pellicole…

Facevo già il critico cinematografico… ricordo di essere andato a vedere E.T. e di essere uscito dopo il primo tempo, probabilmente per paura, ma mi dissi che non aveva superato le mie aspettative. Pochi anni dopo andai a vedere un’intera rassegna di Bernardo Bertolucci, da “Mare secca” al “Conformista”, al cinema De Amicis, per me il cinema della mia gioventù per eccellenza. Da La Commare Secca a Ultimo Tango a Parigi, che credo mi abbia cambiato la vita. Ma ricordo con piacere, anche se da organizzatore di festival forse non dovrei dirlo, l’avvento di Telepiù. La rivoluzione del cinema è iniziata ben prima di Netflix. Quando arrivava il catalogo dei film che sarebbero stati trasmessi il mese successivo, ne guardavo a centinaia e altrettanti ne registravo. Il risultato è che avevo pile di VHS in camera. 

Di questi tempi il cinema e la sua fruizione stanno subendo un cambiamento palpabile, qual è la tua idea a riguardo?

Ripensando a Telepiù, in alcune cose, la fruizione non è così cambiata. Anche da giovane molti film li vedevo a casa, non erano on-demand ma li registravo e li rivedevo, è una cosa che mi è sempre piaciuta. Anche oggi riguardo film del passato, cambia lo strumento: talvolta al computer, di notte seduto su uno sgabello in cucina, altre volte sdraiato sul divano con il maxischermo acceso. Il fatto che la proposta oggi sia multi-fruibile lo trovo un grande pro. Mi manca la convivialità del post film al cinema, quello si. Il fatto di poter uscire dalla sala a fine proiezione e dibattere con qualcuno, magari con il regista, nel caso del Milano Film Festival. Penso sia importante tenere a mente che guardare un film significa anche stare insieme.

Ci sarà una nuova edizione di Milano Film Festival?

Yes, nel 2022, ci sarà la venticinquesima edizione del Milano Film Festival. Speriamo di dare al pubblico una grande manifestazione, con tanti appuntamenti, ospiti e grandi film. Un quarto di secolo che ci auguriamo di festeggiare senza mascherina.

 

Se avessi carta bianca a quale altro spazio daresti vita sul suolo meneghino?

Difficile dirne solo uno. Un progetto a cui pensiamo da tanti anni con Esterni, è un luogo delle religioni: una moschea, chiesa, sinagoga, insomma un luogo di culto dove chiunque, insieme, possa pregare quando vuole, chi vuole. 

In seconda battuta una piazza dei bambini. Un grande spazio come può essere Piazza Diaz o Cadore, ripensata dai bambini. Dove un settenne può trovare sfogo alla sua fantasia: un elefante bianco di tre metri, una giostra luminosa e così via.
Una specie di paese dei balocchi ma che sia anche utile all’insegnamento.

Un uomo eclettico ma anche un marito e un padre molto presente. Parliamo proprio delle nuove generazioni: saranno loro a godersi i frutti di questo cambiamento di Milano ma in qualche modo ne saranno custodi. Che Milano vorresti vivessero e che consiglio ti senti di dare loro?

Cito uno degli slogan di esterni “La città è di tutti”, e forse questo concetto dovrebbero insegnarlo nelle scuole. La città è da amare, rispettare, è patrimonio comune e l’invito è quello di far sì che ci somigli sempre di più.