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Bianca Felicori

Abbiamo chiacchierato di città e sostenibilità con l’ideatrice del progetto Forgotten Architecture, per capire come è nata la missione di salvare l’architettura dall’oblio

Written by Chiara Mariani il 29 April 2021
Aggiornato il 21 May 2021

Foto di Paolo Mottadelli

Attività

Architetto

Sono tanti gli avvistamenti che si possono fare su Forgotten Architecture, un luogo virtuale dove si viaggia nel tempo e nello spazio. Un esperimento sociale la cui natura user-generated prevede che lo scambio, tra addetti ai lavori, amatori e curiosi, sia il carburante inesauribile del progetto. Abitazioni, spazi comuni e utopie tridimensionali spesso dimenticate.

Abbiamo chiacchierato di città e sostenibilità con Bianca Felicori – architetto, autrice e ideatrice del progetto – che ci ha spiegato come è nata la missione di salvare l’architettura dall’oblio.

 

Quando hai pensato che le architetture dimenticate meritassero di venir riqualificate e non “scartate"?

Mi sono trasferita a Milano nel 2013 e ho assistito al suo (quasi) radicale cambiamento, alla Milano “post Expo” dinamica e in trasformazione. Il recupero degli “scarti” della città in disuso, la riqualificazione e la rigenerazione urbana, si sono rivelati temi vincenti e sono centrali anche nel futuro sviluppo della città. Negli anni di studio al Politecnico di Milano ho approfondito le potenzialità e le criticità di questo approccio, oltre alle contraddizioni di tali processi, tra cui la gentrificazione aggressiva dei quartieri periferici. Credo sia fondamentale recuperare spazi in disuso e convertirli a nuove funzioni per migliorare la qualità di vita dei cittadini, nonostante ci siano state operazioni di brandizzazione di alcune aree della città, senza senso e senza strategia sui servizi di base. Ogni progetto deve essere preceduto da un’attenta analisi delle esigenze dei suoi utenti.

Quali sono gli obiettivi di Forgotten Architecture?

Forgotten Architecture è una piattaforma online nata come gruppo Facebook che ad oggi riunisce più di 26.000 membri. L’obiettivo iniziale era riscoprire l’architettura moderna meno conosciuta e dimenticata in tutto il mondo. Grazie a questo progetto ho creato un grande database di architetture dimenticate che assume ogni volta una natura diversa: dal workshop all’evento, dal talk al documentario. Uno dei temi più trattati nella piattaforma è il riuso degli spazi dismessi ed abbandonati, che meritano una seconda vita e nuove funzioni ridisegnate in ottica sostenibile. Oggi Forgotten Architecture sta diventando un tour architettonico e un libro che spero di annunciare presto.

Cosa ne pensi dei pattern architettonici presenti a Milano?

Milano è il risultato di una stratificazione architettonica e urbanistica. Guardandola dall’alto possiamo leggerne i diversi layer: dall’architettura rurale delle ex cascine alle case tipiche a ringhiera, dai palazzi iconici del primo Novecento ai recenti interventi delle archistar internazionali. Una delle mie più grandi passioni è andare, di corsa o in bici, in zone che non conosco armata di cartografia, alla scoperta delle sue infinite facce. Amo questo melting pot culturale, sociale e politico che è Milano.

Architettura e città: come si legge un luogo in base ai suoi spazi?

Per me il mestiere coincide con la vita, un vecchio insegnamento dei maestri dell’architettura radicale italiana che porto nel cuore, quindi è una costante nel mio quotidiano. Ho una mappa che aggiorno sistematicamente con le architetture che voglio visitare. Di recente ho scoperto che Giovanna Silva, fotografa di architettura e fondatrice di Humboldt Books che stimo molto, fa la stessa cosa. Abbiamo girato per Milano a visitare quartieri e ogni volta ne riscopro il potere architettonico e urbanistico, vedo dettagli che mi ero persa. Una ricerca continua e un po’ ossessiva, come direbbe anche Giovanna.

L’architettura, recuperata e futura, può fare la differenza relativamente all’impatto ambientale?

Chiaramente sì. Il progetto “Milano 2030” punta proprio a recuperare edifici ed aree dismesse per adattarli a nuove funzioni. Basta soltanto citare il piano degli scali ferroviari di Milano per capire quanto sia importante l’investimento del Comune per ricostruire il profilo urbanistico e architettonico della città. Demolire è inquinante, recuperare l’esistente, metterlo a norma e introdurre nuove funzioni è il futuro sostenibile.

Quali sono i gesti quotidiani che fanno la differenza rispetto all’eco sostenibilità?

Come individuo, sono molto legata al tema. Credo sia fondamentale revisionare il proprio modo di muoversi in città. Favorire la mobilità dolce, a piedi, in bici o coi mezzi pubblici. Anche potenziare lo sharing dei mezzi di trasporto come i monopattini e le bici, elettriche e non, è importante. La coscienza del singolo alimenta e consolida quella collettiva.

Qual è un progetto importante, rispetto al tema della sostenibilità, che hai pubblicato su Forgotten Architecture?

Di recente ho intervistato Andrejs Legzdiņš (1936 Lettonia, ma naturalizzato svedese) per «Domus». Negli anni ‘70 pubblicava sulla rivista case del futuro ecologiche e tecnologiche o progetti di riuso fedeli al mantra “Doing more with less” di Buckminster Fuller. Nel disegnare i suoi progetti si è sempre ispirato alla natura. Per lui tutto ciò che ammiriamo in natura, che ha uno scopo e una funzione per la sopravvivenza del pianeta, deve essere un riferimento progettuale dell’architetto. Ad esempio ha progettato la “casa del futuro”, totalmente sostenibile e adatta per un nucleo familiare di quattro persone, dove i suoi abitanti erano in grado di auto-sostenersi nella vita quotidiana.

Quali sono le strade più interessanti per ridare vita a spazi abbandonati?

L’anno scorso ho approfondito il tema dello Skate Urbanism per «Domus» insieme agli skaters più attivi a Milano. Tra le riflessioni emerse dalla ricerca credo sia importante l’idea di orientare questa comunità verso l’appropriazione di spazi dismessi, mettere a norma uno scheletro urbano e trasformarlo in uno skatepark, in base alle norme comunali e alle esigenze di questi stakeholder. Permetterebbe di “rivitalizzare” gli edifici in disuso e le aree dove si trovano; per sensibilizzare al verde urbano e all’impatto ambientale, questa può essere davvero la strada vincente.

Completa la frase “Per me l’architettura è: ……. “

Vita.