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Blitz at Six

Il Gambetto con i Bastioni di Porta Venezia

quartiere Porta-Venezia

Written by Piergiorgio Caserini il 19 June 2021
Aggiornato il 18 June 2021

Foto di Marta Blue

Capiterà che girovagando per le vie di Porta Venezia, andando a bere una cosa cheap di qua o di là, vi troverete in uno Street Chess club. Osserverete battaglie intense, con gambetti e attacchi a scoperta, accompagnate da un potente brusio di trash talking. Siete nel bel mezzo di Blitz at Six, le free chess board a walk-in del quartiere, dove a essere nominati sono i celeberrimi gambetti allo spritz, le sottili aperture da taurina, o i potentissimi endgames alla beone.

Da dove arriva Blitz at Six?

Abbiamo cominciato sei mesi prima che uscisse The Queen Gambit su Netflix, pensa. Quindi poco prima del lockdown. Ci eravamo presi benissimo conoscendo questo negozio di New York, di un rifugiato palestinese, che vende scacchiere e organizza partite 24/7. È un negozio storico in cui vai per bere un caffè e se vuoi ti fermi a giocare a scacchi. Poi eravamo andati in botta con i giocatori di Union Square (New York) e questo collettivo di Los Angeles che si chiama Coffee Chess. Un gruppo di amici che ogni giorno mettono le loro partite su YouTube e trashtalkano di brutto, sono pure molto stilosi, fanno mega ridere. Con quel format ci è venuta l’idea di Blitz At Six.

Qual è il format?

Da grandi appassionati di hip-hop e in generale della scena afroamericana, Coffee Chess era il format ideale. Non molti sanno che gli scacchi oltremare, almeno negli ultimi quarant’anni, sono molto legati allo street chess e ai quartieri popolari. Le comunità afroamericane giocano in modo completamente diverso dai bianchi: parlano, si prendono in giro… sono blitz in piazza. È un altro modo di porsi. C’è un video incredibile di Maurice Ashley, un GM americano nero, bravissimo e che tra l’altro trashtalka forte, mentre gioca con un tizio a Central Park che a una certa gli fa sparire irregolarmente il cavallo: Hey wait a minute! Un trick del genere a un tizio che potrebbe giocare a occhi chiusi è divertentissimo. Oppure una scena balorda da Coffee Chess è questo vecchietto che gioca con il cane in braccio mentre la moglie lo aspetta per pranzare e lui se ne sbatte completamente, giocando contro un grattato che ha tutte le sue moves nominate, ha il suo branding: «You’ve being Daved», e lui è ovviamente Dave. Ma anche Wu-Tang clan ha fatto propria l’estetica degli scacchi con il video di Da Mystery Of Chessboxin’: ispirandosi a principi Shaolin del tipo allenare la mente è allenare il corpo. Qualche tempo fa avevamo fatto anche una playlist afroblack anni 70/80, soul funky e jazz, di una trentina di pezzi che variavano da Gil Scott-Heron a Idris Muhammad proprio per giocare a scacchi con quel vibe.

Beh, è molto americano come gioco. Solo che a Central Park gli scacchi sono vissuti in modo molto più agonistico, nei bar in cui organizzate Blitz at Six il clima è decisamente più amichevole.

L’idea è stata di creare una realtà simile a quella che ammiriamo, anche se non siamo dei campioni. Infatti abbiamo vari tipi di pubblico e di giocatori, ed essendo sempre organizzato in dei bar c’è passaggio da parte di chiunque. C’è poi da dire che i più giovani giocano molto più ai blitz (partite a tempo da pochi minuti), sono tutti in botta con giocatori come Hikaru Nakamura. Pensa che all’ultimo Blitz, al Bar Zilli, molte persone erano venute solo per vedere, altri avevano portato le loro scacchiere, e spesso viene sempre un gruppo di veri gamers ma in botta con gli scacchi: vogliono vincere e sono dei trash talker professionisti! D’altronde lo scriviamo anche sul flyer: passa per una birra e se sei abbastanza coraggioso mettiti a giocare! Non ci limitiamo a chillare in un bar e basta, il fatto di giocare a scacchi dà un altro vibe alla serata.

Da giocatore devo farlo: devo chiedervi il punteggio.

Chi lo sa! Bassi, forse intorno ai 1400. La questione rimane di condivisione, di gruppo, per stare insieme. L’idea è di mantenere un ambiente rilassato e di non prendersi troppo sul serio, c’è chi non si risparmia a bere, quelli che si bevono al massimo una birra, oppure quelli che si scolano redbull ed entrano in focus agonistico, ognuno trova la sua dimensione. Ci sono state pure sere in cui quasi non abbiamo giocato, è più una scusa per trovarsi e beccare gente. Ci sono dei 1900, dei 1800, dei 1700, c’è chi va a lezione da GM tramite Facebook e chi gioca per la prima volta. Insomma, siamo tutti amici e giocatori amatoriali.

Una giocata da ricordare?

Ci è capitato di giocare con un muratore dell’est. All’inizio si metteva di fianco a noi e guardava. A una certa qualcuno ha fatto una cappellata grossa e lui si è inserito direttamente nella partita, e da lì abbiamo cominciato a giocare con lui –in gioventù aveva studiato con un maestro ci ha poi raccontato – e ci batteva in continuazione. Un’altra scena street, se vuoi, sono i vecchi che ci guardano e dicono robe tipo: «Ah, l’apertura come Gary Fisher!», andiamo spesso ai giardini di Porta Venezia, dove ci sono i tavolini da gioco, e molti vecchi trashtalkano animatamente.

 

Stilosissimo.

Un’altra roba molto stilosa, americana o russa, è che si gioca quasi sempre a soldi. Poca roba, ecco, ma ti porta sicuramente a giocare più intensamente. In America, a Union Square o Central Park, c’è gente che vive di quello, sta seduta tutto il giorno e gioca. Più diventano bravi più guadagnano soldi. È uno street chess club.

Come funziona una serata di Blitz, il chess street club di Porta Venezia?

Free Chess Board, walk-in: ti siedi e giochi. Finché puoi stare al bar e non ti cacciano, a un torneo funzionerebbe in modo diverso. Giochiamo con regole diverse da quelle ufficiali: it’s ok to take the king ovvero è valido prendere il re se qualcuno fa un’irregolarità o muove il re in una posizione in cui sarebbe sotto scacco, e giochiamo con le clock moves, ovvero puoi toccare e spostare i pezzi quante volte vuoi fino a quando non fermi il tuo tempo.

Alti livelli di complessità che portano ad abissi di indecisione.

Esattamente! Capita poi di trovare il giocatore stronzo, che magari ti fa trash talking e ti mette veramente in difficoltà. Parlarsi addosso, stare imbenzinati (ma non per forza!)… da un lato può spaventare ma dall’altra è anche uno scarico di responsabilità, che invoglia anche chi non è capace a mettersi in gioco. La reference più importante per noi rimane proprio per questo Coffe Chess, o lo street chess in generale all’americana.