Non ce n’è, quando si parla di musica il Regno Unito rimane un punto fermo inamovibile: dal pop al rock, dal DIY ai grandi studi di registrazione, dai rave ai club, gli abitanti dell’isola oltremanica da sempre dettano lo standard in diversi campi della musica. E per quanto a tratti possano passare come i primi della classe quasi antipatici che la sanno meglio di te, purtroppo – o per fortuna – spesso è così. Quello che succede là, attraverso i venti del nord viene spesso portato nel resto dell’Europa e anche del mondo.
Arrivano così tanto prima che sembrano essere più veloci dell’algoritmo, e di questo NTS Live ne sa qualcosa.
Per chi non lo sapesse NTS è una delle web radio e piattaforma di musica online tra le più d’avanguardia dei nostri giorni. Nata a Londra, aggiunge un tassello importante in quella che è la vasta storia della radio presente proprio in Inghilterra, a partire dalla nascita della BBC nel 1922, una delle più grandi emittenti mondiali, passando per le prime radio pirata che si aggirano attorno al 1960 – fun fact, se loro ne fanno un migliore utilizzo quantomeno il primato dell’invenzione ce l’abbiamo noi in Italia grazie a Guglielmo Marconi.
Ho avuto la fortuna di farmi un’ora di chiacchierata con il suo fondatore, Femi Adeyemi. Abbiamo parlato della storia di NTS, dello zeitgeist musicale e dei servizi di streaming, con un leitmotiv costante dove ragione e emozione discriminano le scelte e i percorsi.
Tommaso Monteanni: E siamo live, probabilmente hai sentito questa frase molto volte, vero?
Femi Adeyemi: [Ride, NdR] Sì l’ho sentita molte volte, fin dall’inizio.
TM: Breve presentazione di NTS: quando è nata, quali erano gli intenti al tempo?
FA: È stata lanciata nell’aprile del 2011, circa tredici anni fa, ed essendo una persona che ama la musica e la radio, è stata una conseguenza della frustrazione di ascoltare le stesse radio stock, quelle tradizionali, e in un certo senso anche le radio pirata. Avevo provato a inserirmi in alcuna di queste ma sentivo che non c’era spazio per l’interesse eclettico che avevo verso la musica, le radio pirata erano molto definite su generi specifici, molto UK club centriche – vedi Rinse FM -, ma anche su altri generi. Proprio su internet avevo scoperto delle radio di college americani che avevano un gusto molto più ampio e personale, simile a quella che avevo io. In quel momento mi sono detto “sono circondato da persone molto talentuose con un range di gusti più vario e simile al mio, e so che Londra è una città enorme con una diversità veramente spiccata, perché nessuno ha mai provato a fare una radio con una gamma di generi più ampia?” e da lì è nata NTS. Inoltre, prima della radio avevo un blog chiamato “Nuts to soup” [N.T.S., NdR] e i miei amici mi mandavano dei mixati che inserivo nel blog e di cui poi scrivevo; un paio di questi sono andati molto bene, e il loro successo fu d’ispirazione per andare avanti e lanciare la radio. Questa è la storia iniziale di NTS.
TM: E perché proprio una web radio come media?
FA: C’erano diverse ragioni, una di queste era l’impossibilità di avere un accordo/contratto per una radio FM; avrei potuto seguire il modello delle radio pirata, ma sai com’è, sono illegali e non avevo le energie per spostarla in giro e correre una serie di rischi. Inoltre la radio FM, per una questione di frequenze, rischia di essere strettamente locale e la mia intenzione era di provare a fare una cosa che fosse globale. L’utilizzo di internet era allora la risposta più sensata.
TM: E al tempo avevi già capito che attraverso internet ci fosse la possibilità di accedere più facilmente al tuo pubblico e di legare in maniera stretta con una community oppure è venuto da sé?
FA: Penso che fosse una combinazione delle due cose: all’inizio la vedevo come la via più facile per far partire la radio visto che dovevo solo imparare come si fa il web streaming; successivamente quando ho messo l’annuncio sul blog dell’apertura della radio con una call per gli show in radio, c’erano candidati che proponevano show da ovunque, dagli USA a diverse parti in Europa. Da quel momento ho capito che questa cosa poteva prendere piede ed è quello che abbiamo fatto fino ad oggi, e adesso abbiamo spazi fisici lavorativi qua a Londra e negli Stati Uniti.
TM: Qual è il rapporto di NTS con Londra, e come ha influenzato lo sviluppo della radio?
FA: Nonostante NTS sia una piattaforma globale credo che Londra sia l’unico posto dove sarebbe potuta nascere. In un certo senso è un piccolo esempio della diversità che caratterizza questa città, che è una di quelle con la maggiore diversità al mondo. Culture, etnie, gusti, e NTS si ciba anche di questo, è ciò che permette a NTS di essere quello che è. Quando abbiamo lanciato la radio il nostro obiettivo era di aprirci il più possibile e di includere persone con i gusti più disparati, ed è grazie a questa città che siamo stati capaci di ottenere una vasta programmazione. Non credo che questa cosa sia possibile in tante altre città nel mondo. Persino Dalston, dove abbiamo la stazione radio, è un quartiere molto eterogeneo: dal ristorante etiope al barber shop nigeriano, è un mix di qualsiasi cosa, ed è infatti il terreno fertile perfetto da dove NTS prende vita. Quello che siamo riusciti a fare negli anni è prendere questa diversità e rappresentarla attraverso la musica, di metterla in evidenza attraverso il gusto delle persone. Quello che rende NTS così speciale non sono i nomi famosi che passano, sono il contabile, l’insegnante o il cuoco che passano dalla radio a fare uno show, le loro esperienze e le loro passioni con la musica. Possiamo dire che il nostro approccio in merito è tipo “questa è la tua piattaforma, sentiti libero di esprimerti”. E Londra è uno dei pochi posti dove questa libertà di sperimentazione è possibile.
TM: Dal 2015 invece avete iniziato ad espandervi in più città e nazioni. Dopo Londra in quali città vi siete stazionati, e come questo processo di globalizzazione ha impattato su di voi?
FA: Nel 2015 abbiamo aperto uno studio a Manchester e nel 2016 abbiamo lanciato uno studio di roaming a Shanghai. Nel 2017 Los Angeles, la nostra prima operazione negli Stati Uniti. A Manchester e Los Angeles siamo ancora attivi, mentre a Shanghai abbiamo chiuso durante la pandemia, anche se vorremmo ri-attivare qualcosa in futuro.
Spesso con Sean – il socio con cui gestisco NTS – ci diciamo che avere postazioni fisiche è la nostra chiave di volta, poiché ci permette di inserirci dentro il tessuto di ogni città e di connetterci con le persone e le scene locali per poi dargli una vetrina affacciata sul resto del mondo. Le postazioni sono poi anche molto importanti per consolidare l’espressione della cultura musicale. Ad esempio il nostro studio a Londra è molto di più di una stazione radio: è un social club dove la gente viene, ascolta musica, conosce persone, scambia idee, e questa cosa favorisce il fare rete, localmente e globalmente. Nessuno dei nostri studi esiste solo per far fare alla gente i mixati, ma piuttosto perché la gente impari a fare il dj, incontri persone nuove o anche organizzi feste. Ad esempio la nostra stazione a Los Angeles è vicina a uno spazio per eventi. Alla fine si tratta di fare qualsiasi cosa per creare e legare con questa community, basata sulla musica e per amanti della musica. Nonostante oggi siamo di fatto un’azienda, la radio resta centrale: ciò che ci muove è ancora quel sentimento che avevamo quando abbiamo iniziato buttando un sacco di musica là fuori senza sapere cosa sarebbe successo, ed è importante rimanere attaccati a questa cosa, altrimenti qual è il punto di tutto questo?
TM: E dove vorreste aprire la prossima stazione? Magari in Italia?
FA: Fa ridere perché passo parecchio da Milano; ero lì penso durante la Fashion Week a settembre, e ho avuto la sensazione che potesse essere un posto dove fare delle cose, non una cosa regolare ma più in stile pop-up. C’è ancora tantissimo che non abbiamo fatto e che possiamo fare, ed è anche il motivo per cui la gente qua è ancora molto entusiasta. Anche se porto avanti questa cosa da tredici anni mi sembra di aver iniziato ieri, il che è un buon segno. Ad ogni modo abbiamo in piano di aprire in altre città, ma non sappiamo ancora con certezza dove; negli Stati Uniti abbiamo una grande fetta di ascoltatori e di sottoscrizioni, ma anche in Europa, con Francia la Germania che insieme agli USA sono nella nostra top 5 di ascoltatori, con gli UK al primo posto. Ad ogni modo le scelte di espansione non dipendono solamente dalla radio, facciamo anche eventi, quindi dipende anche dalla possibilità di essere presenti in questi posti e di raggiungere una certa visibilità.
TM: Costruire una community di music lover ma rappresentare le communities, dando la possibilità a queste di rappresentarsi: condividi che questa frase rappresenta dove NTS si trova ad oggi? Se sì, faceva parte della tua visione sin da principio oppure è successo in maniera spontanea?
FA: È esattamente questo. Come dicevo prima Londra è così diversa e tante di queste community non hanno alcun tipo di sbocco sul mondo, non sono abbastanza mainstream, sono troppo weird o avant-garde. Era parte della visione sin da principio, sentivo di far parte di una di queste community, e come dicevo prima tanti di noi avevano provato a entrare nei canali di comunicazione del tempo ma non essendoci spazio per me e per le persone che conoscevo per esprimere il nostro gusto musicale abbiamo creato uno spazio per includere tutti gli altri. È stata sempre la nostra missione, e anche la tagline la rappresenta: “Don’t Assume”, non pensare che ti arriverà una cosa sola, questo è un posto per tutti. È una delle principali forze trainanti e vogliamo essere quella finestra sul globo per tutte queste community in giro per il mondo.
TM: Hai scelto te la vostra tagline, “Don’t Assume” - non dare per scontato?
FA: Sì l’ho scelta io, proviene da un disco jazz che amo di una coppia di musicisti degli UK, Maggie Nicols e Peter Nu; è il nome dell’album. Rappresenta NTS nel suo complesso: facciamo tante cose diverse, perciò non sai mai che cosa arriverà dopo, è quasi una sorpresa, non è possibile incassettare NTS all’interno di confini. Mi piaceva tantissimo quel disco e il nome era centrato per noi.
TM: In questo momento storico sembra che lo zeitgeist musicale sia guidato dal suono delle comunità locali. Sei d’accordo? Se sì quali sono le ragioni?
FA: Assolutamente, credo che a oggi non ci sia più un vero e proprio mainstream e che i giovani “music lovers” non abbiano più un gusto specifico così spiccato, e che vogliono sapere di più sulla musica in generale. Quand’ero giovane a Londra c’erano gli Hip-Hop heads, gli UK Garage heads, i Punk e ognuno era nella sua corsia. Io sono stato abbastanza fortunato ad avere una famiglia che mi faceva ascoltare cose diverse. A questo riguardo ho sempre piacere a menzionare mia zia e mio zio, che sono gemelli e che mi hanno introdotto a tanta musica diversa: lei era molto appassionata di rap e a mio zio piaceva molto Boy George, per cui mi trovavo a ricevere questo strano miscuglio di stimoli. Ho come l’impressione che la gente oggi ascolti la musica così, che non voglia confini tra i generi, ma fare esperienza della musica nel suo complesso. Parliamo spesso dello zeitgeist e di cosa sia oggi il mainstream, e tanti artisti che ne fanno parte lavorano con artisti della scena underground…È divertente perché ne parlavamo proprio stamattina: uno dei nostri resident, Kelman Duran, ha prodotto una traccia per Beyoncé nel suo ultimo album, e credo che il motivo sia la volontà di connettersi a un certo tipo di sound, prendendo ispirazione; è come se mainstream e underground si stiano fondendo in una cosa sola. La stessa cosa succede anche con i sound ancora più localizzati. C’era per esempio un momento in cui l’afrobeats non era considerato mainstream, e vedi anche l’Amapiano: tre anni fa abbiamo prodotto una compilation di Amapiano un attimo prima che diventasse una soundtrack globale; di fatto è musica house sudafricana, che al tempo era fatta da un piccolo gruppo di persone molto geo-localizzato e ora perfino Drake spinge questo sound. Ma questo è il bello, sono fenomeni capaci di diffondersi velocemente e noi abbiamo la fortuna di essere in prima linea. Ci sono tantissime persone in NTS che si interessano a queste scene e scavano in profondità, come fanno i collezionisti di dischi. Abbiamo circa 600 DJ su NTS da più di 50 paesi.
TM: 600 music diggers!
FA: [Ride, NdR] – forse dovremmo chiamarli così, music diggers al posto di residents. Ad ogni modo non ci sono molti altri che fanno quello che facciamo noi, e questo è grazie alla forza di gruppo. Una delle prime cose che abbiamo deciso quando è nata la radio era che NTS sarebbe stata un collettivo. A differenza delle altre radio che c’erano al tempo, sin da principio avevamo capito che questa cosa poteva essere una forza globale poiché nessuno aveva mai provato a essere in contatto con diverse scene nel mondo. È per tutte queste ragioni che quando ci definiscono una stazione radio non ci va sempre a genio. Non è una stazione radio, è molto di più: è una piattaforma dove scoprire musica.
TM: C’è un genere che secondo te funziona meglio in radio?
FA: Questa è una buona domanda… non lo so, su NTS facciamo qualsiasi cosa. Penso che dipenda veramente da chi mette la musica. Generi rumorosi e potenti come la techno, a seconda di come vengono sequenziati e programmati possono funzionare anche in radio; lo stesso potrebbe valere per del jazz morbido, ma se non è sequenziato bene potrebbe non funzionare. Quello che amo della radio è che devi usare la tua immaginazione: non ci sono stimoli visivi, è solo suono, e quindi devi vedere e stabilire un viaggio e hai la necessità di guidare le persone nell’ascolto. Quindi credo che tutti i generi possono funzionare in radio, a seconda di come viene sequenziata e programmata. Non credo alla storia per cui certi generi sono fatti per la radio e altri no. Stesso vale per la programmazione di una giornata intera, tra i vari show: io e il mio socio Sean diciamo che il programma della giornata deve suonare come il tuo dj set preferito, e un sacco di nostre reference arrivano dal club leggendario in cui ci siamo conosciuti: il Plastic People. La serata iniziava con un set di warm up, per poi raggiungere un picco e tornare giù. Il nostro programma è più o meno basato su quello, c’è un viaggio musicale che progredisce. Un tempo avevamo un enorme poster, ora è uno spreadsheet, dove accostavamo gli show a seconda di come suonavano, e potrebbe esserci uno show doom metal subito dopo uno jazz, ma c’è sempre un link che in qualche modo li collega. Qua da noi abbiamo un “in-house programming team” e loro sono i maestri della programmazione: una/due volte l’anno mi siedo insieme a loro per guardare l’intera programmazione e collegare tutti i punti degli show. È una parte molto divertente.
TM: In questo mondo di servizi di streaming - Spotify, Apple Music ecc., NdR -, quale spazio vanno a colmare le web radio in generale ed NTS nello specifico?
FA: Una delle cose principali che ci distingue dai classici servizi di streaming è la curatela, quel viaggio musicale di cui parlavo poco fa. Buona parte dei servizi di streaming sono come strumenti, come una forchetta che utilizzi per mangiare: Spotify è uno strumento che utilizzi per ascoltare musica, non c’è una connessione umana con quello che stai ascoltando. Lo stavo dicendo proprio in un’altra conversazione, quando qualcuno ha detto “l’algoritmo è fantastico”, e lo è, gli algoritmi sono importanti, ma non riescono a riflettere cosa una persona stia provando in un momento preciso, mentre la selezione musicale di NTS si basa proprio su questo. Se qualcuno è in buon mood lo puoi percepire dalla musica che seleziona o dal modo in cui fa lo speaker durante lo show, e questa è la parte emotiva della curatela. Poi c’è una parte di approfondimento: non selezioniamo la musica a seconda della popolarità, ma a seconda di quello che riteniamo sia buona musica. Ad esempio, potremmo avere persone in un posto specifico che hanno ascoltato la prima traccia di Amapiano in un club, senza che questa sia sulle piattaforme di streaming, e di conseguenza suonarla per primi su NTS. Le persone vivono i trend, poi i trend diventano popolari e da lì rientrano nell’algoritmo – [il 50% della musica suonata su NTS non è presente sui servizi di streaming, NdR].
TM: E cosa stai ascoltando in questo periodo?
FA: Ascolto davvero un sacco di cose. Il genere che amo più di ogni altro è il jazz, colleziono dischi da tantissimo tempo. A livello di artisti contemporanei, l’ultimo disco di Lil Yachty mi è piaciuto molto e il disco appena uscito di Kelela è incredibile. C’è questa artista di Copenaghen che tutti amano a NTS, ML Buch; Liv.e, da Los Angeles che è appena uscita con un disco; bar italia, che è la band di un mio amico, sono fantastici, tra l’altro la cantante, Nina Cristante, è di Roma.
TM: E qualcosa made in italy? Non necessariamente contemporaneo, anche nel tempo.
FA: Qualche anno fa qua a NTS abbiamo avuto un importante “Italo moment“: eravamo tutti lì a comprare dischi dei classici della Italo Disco, anch’io ne ho alcuni a casa. Se vai su NTS ci sono tantissimi show a riguardo. Di nuovo, questa è un’altra cosa bella di NTS, anche se siamo molto legati alle cose nuove e contemporanee, andiamo anche in profondità con i vecchi fenomeni che a volte vengono dimenticati. Abbiamo fatto la stessa cosa anche col J-Pop. A proposito di musica italiana, c’era un dj italiano, Lele Sacchi, che faceva uno show su NTS chiamato “Italian Masters” in cui sceglieva una scena musicale e la presentava durante lo show.
TM: Siamo all’ultima domanda: un qualsiasi consiglio per chiunque voglia aprire una web radio?
FA: È un sacco di lavoro, ma se lo fai per l’amore della musica o della radio, vale ogni secondo. Da uno che ama la musica, NTS è il mio tesoro: ascolto roba nuova ogni giorno. Ogni singolo giorno. È una vera fortuna che questa cosa che abbiamo creato è diventata anche la mia prima fonte per ascoltare musica. Uso NTS più di YouTube e Spotify, e questa cosa ripaga tutto il lavoro. Penso che qua in qualche modo siamo tutti ossessionati dalla musica, quindi se ami la musica fallo.