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Lato B

L’altro lato dell’associazionismo meneghino

quartiere Chinatown

Written by Marco de Lucia il 22 September 2021

È faticoso il lavoro per migliorare una metropoli. Si tratta di interfacciarsi con il cittadino, di fare cittadinanza attiva, di muoversi per individuare le potenzialità inespresse della città, di fare rete e promuovere una certa cultura. Lato B è una di queste realtà, un’associazione socioculturale di giovani attivisti che cerca di rileggere e rifare la città attraverso il lavoro culturale. 

«A Milano spesso ci si incontra nei bar, nei locali, posti che hanno una costrizione verso la consumazione e ti invitano a spendere. La nostra realtà è in primis un circolo, non un locale.»

 

Lato B è il nome della vostra associazione milanese. Il lato B è sempre un’alternativa, un modo differente di vedere le cose; voi siete l’alternativa a cosa?

Uno dei primi sentieri alternativi a Lato B è in particolare legato alla socialità che viene proposta: in questo senso la nostra è una alternativa alla “movida” votata al consumo, al profitto, allo sfruttamento sconsiderato dei luoghi. La seconda alternativa è rispetto al legame con le persone, rispetto ai diversi utenti che fanno e partecipano attivamente all’interno dell’associazione. A Milano spesso ci si incontra nei bar, nei locali, posti che hanno una costrizione verso la consumazione e ti invitano a spendere. La nostra realtà è in primis un circolo, non un locale. Non diamo importanza al consumo rispetto all’accesso (serve solo la tessera), e tentiamo il più possibile di tenere i prezzi bassi pur offrendo servizi che definirei quanto meno discreti. Quasi ogni aspetto dell’associazione non è calibrato sul massimo risparmio, piuttosto è il risultato di un bilancio rispetto alla qualità ed eticità, in più è il risultato della scelta dei soci attivisti.

L’attualità come analisi degli episodi politici e sociali è forse il vostro principale focus? Quali sono le tematiche che trovano maggior consenso in termini di condivisione?

Siamo impegnati, seppure in modo diverso, in molti percorsi, che riguardano direttamente i cittadini e la cittadinanza. Ad esempio, un nostro primo focus è sull’antirazzismo, “lotta” che portiamo avanti attraverso la rete contro i CPR: centri che potrebbero esse paragonati a delle carceri, in cui gli stranieri che devono essere rimpatriati sono lasciati in condizioni disumane. Un’altra attività antirazzista è legata al nostro appoggio al movimento Black lives matter. Per farti un altro esempio su un’altra tematica, siamo stati tra i principali organizzatori dello Student Pride, in sostegno alla comunità lgbtqi+, con la quale organizziamo spesso incontri e conferenze di approfondimento. Per ultimo partecipiamo costantemente alle assemblee di Fridays for Future nel tentativo di essere un’altra voce nel coro della lotta al riscaldamento climatico. Abbiamo anche organizzato degli incontri che spiegavano cosa fosse la COP. Non molti sanno che esiste, e cerchiamo di raccontare come si declina questo momento istituzionale, considerando anche che questi – in termini di cambiamento climatico – sono anni decisivi rispetto alle scelte politiche.

È importante che la vostra realtà sia situata così in prossimità a un quartiere multiculturale come Sarpi? Se sì perché? Come mai l’associazione si è strutturata in questa zona?

Prima eravamo in uno dei vecchi caselli daziari in corrispondenza delle porte della città, sui Navigli. Si trattava del progetto Expo che prevedeva i caselli come info point utili all’esposizione universale, ma quando il bando e l’affitto non sono stati rinnovati ci siamo trovati costretti a trovare un altro spazio. Rispetto a dove eravamo prima questa volta abbiamo voluto interagire di più con la zona dove è situata la sede, ma continuiamo a non sentirci una realtà limitatamente di quartiere. Siamo più una realtà cittadina. La cosa funziona però: abbiamo iniziato a gestire il Giardino Lea Garofalo, insieme a Giardini in Transito, e con quest’ultimi abbiamo curato tanti e differenti eventi con al centro, appunto, il giardino. Sempre legato al territorio limitrofo, abbiamo aperto una collaborazione con il presidio di LIBERA, dedicato a Lea Garofalo, e insieme organizziamo giornate che trattano i temi della giustizia, della legalità e della lotta alle mafie.

Visto che la vostra analisi della realtà politica mi sembra che inizi dal basso, in cosa Milano deve fortemente migliorare, in cosa invece vi sembra possa essere considerabile all’avanguardia?

  • Può migliorare su moltissime cose. Noi siamo fortemente legati al mondo giovanile e studentesco, e a queste guardiamo quando pensiamo in cosa Milano sia carente. Prima cosa da criticare è che la realtà di Milano sia spesso preclusa a studenti e ragazzi: gli affitti costano troppo, la vita costa troppo; la città viene percepita come respingente, poco attenta alle necessità della persona. Il secondo punto è la questione della mobilità: è positivo che ci sia una buona rete di trasporti, e c’è da ammettere che funzionano abbastanza bene (in particolare la metro), tuttavia la rete può essere migliorata. Pensiamo alla notte, dove rimane comunque difficile muoversi adeguatamente, a meno di essere motorizzati. E infatti c’è è una maggior tutela della mobilità privata e un utilizzo smodato di auto e moto.
    Un ultimo punto è l’utilizzo degli spazi pubblici: in parte c’è un timido tentativo attraverso l’urbanismo tattico, cioè tentare di adeguare alcune zone urbane – solitamente piccole piazze –, a luoghi di socialità; queste vengono solitamente chiuse con grossi vasi e vengono arredate, colorate, attrezzate di panchine, tavoli da pingpong ecc. Ma l’altro e triste lato della medaglia è che a Milano – e non credo vi siano altrettanti esempi in Europa – esistono piazze ad uso pubblico dove il padrone del suolo non è il comune ma un ente privato, come piazza Gae Aulenti.

Per creare senso critico nelle persone voi, come tante altre associazioni, puntate molto sulla cultura: come, quali sono le principali iniziative? Secondo voi la cultura è osteggiata in Milano e più in generale in Italia o viene favorita dalle realtà politiche e sociali?

Si, sicuramente uno dei nostri punti di forza è la condivisione della cultura e le reti che ne risultano. Ti faccio un esempio: una delle principali iniziative portate avanti ormai da 5/6 anni sono i lunedì teatrali. Ospitiamo piccole compagnie teatrali o attori singoli (che magari stanno finendo i corsi specializzandi o sono al loro esordio teatrale) e mettiamo un ingresso allo spettacolo gratuito con il cosiddetto biglietto a contrario: le persone pagano il prezzo che stabiliscono loro stesse a fine rappresentazione. Nell’ultimo periodo abbiamo anche messo in piedi un piccolo cineforum: il primo anno, a tema lavoro, abbiamo proiettato Pride, una serie di Ken Loach (e non è mancato Io, Daniel Blake), Smetto quando voglio ecc. È stato organizzato per appoggiare il lancio di una serie di attività sul lavoro che abbiamo iniziato proprio in quel periodo. Infine, doniamo lo spazio in modo gratuito per organizzare mostre, iniziative culturali; in modo tale che chi non è in grado di permettersi un luogo di promozione e riflessione, possa fare questa esperienza e interagire con un pubblico e con i cittadini interessati.