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Le regine della street poster art: intervista alle ragazze di CHEAP

Le origini, il lavoro quotidiano, gli aneddoti, la riflessione sugli spazi urbani e il rapporto con la città dell'unico festival di arte urbana a Bologna

Written by Salvatore Papa il 28 April 2016
Aggiornato il 28 April 2017

Sono bastati pochi anni a CHEAP per entrare nell’immaginario visivo di Bologna. Il festival di street poster art che si svolge nei primi giorni di maggio è ormai a portata di sguardo tutto l’anno. Merito anche del progetto parallelo CHEAP On Board, che oltre a rendere oggetti d’arte alcuni pannelli pubblicitari dismessi, porta avanti di pari passo un lavoro costante di sensibilizzazione dello spazio pubblico urbano.
Dietro c’è il lavoro certosino di un team tutto femminile al quale abbiamo sottoposto le nostre numerose curiosità.

 

Iniziamo dalle presentazioni: nomi, data e luogo di nascita.

Antonella Ciccarelli, 3 settembre 1982, Frosinone
Elisa Placucci, 26 aprile 1979, Cesena
Elisa Visentini, 29 marzo 1979, Ferrara
Flavia Tommasini, 15 maggio 1977, Pordenone
Sara Manfredi, 30 luglio 1980, Cremona
Sonia Piedad Marinangeli, 15 gennaio 1978, Floridablanca (Colombia)

Cosa fate oltre a CHEAP?

Elisa V., Sara e Flavia si occupano di comunicazione e organizzazione di eventi, Sonia ed Elisa P. sono a loro volta delle artiste conosciute con il nome di To/Let, Antonella lavora nel mondo della progettazione e del sociale.

Come vi siete conosciute?

È una storia di intrecci. Diciamo che ci siamo conosciute tra Elastico, uno spazio indipendente che gestivano Sonia, Elisa V. ed Elisa P. in vicolo dei Facchini, dove si organizzavano mostre, happening e c’era un ricco via vai di artisti. Con loro collaborava anche Sara, che allo stesso tempo lavorava con Flavia in alcuni eventi al TPO e soprattutto a Radio Kairos. Al gruppo si è aggiunta Antonella, che appena trasferitasi a Bologna da Roma, frequentava questi spazi e ha portato il suo contributo con la conoscenza diretta della scena della street art romana.

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Com’è nato CHEAP? E qual è la motivazione che vi spinge a continuare?

CHEAP nasce da un’intuizione: quella di lavorare in strada con la carta. Eravamo affascinate tutte da questo supporto innovativo, che in Italia stava nascendo mentre in Europa era molto comune. Elisa P. e Sonia poi, da street artist, lavorano spesso con questo supporto e a loro volta avevano partecipato già a molti festival in giro per il mondo. Così abbiamo iniziato a ragionare a un festival di poster art. All’inizio pensavamo a un evento che coinvolgesse Elastico e il TPO…ma iniziando a parlarne tra di noi, ci siamo rese conto che potevamo allargare l’esperienza alla città e a tutto il tessuto urbano.
La leggenda vuole che CHEAP sia nato il giorno del terribile terremoto che ha scosso la provincia di Bologna nel 2012…mentre accadeva, noi eravamo in un ristorante giapponese in via Irnerio a parlare per la prima volta insieme di CHEAP.

Quali sono i vostri ruoli all’interno dell’associazione?

In realtà tutte facciamo di tutto durante il festival, ma essendo un collettivo ragioniamo collettivamente sulla direzione del progetto: scelta degli artisti, tema del festival, selezione dei poster e dei muri su cui intervenire. La parte decisionale è un lungo percorso condiviso tra tutte e sei. Poi nella fase operativa ognuno fa la sua parte: Elisa P. e Sonia seguono maggiormente il lato tecnico della realizzazione delle opere, Elisa V. e Sara si occupano prevalentemente della comunicazione e dell’ufficio stampa, Flavia e Antonella della parte burocratica relativa ai permessi dei muri, al rapporto con le istituzioni e alla parte di produzione e amministrazione del festival.

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C’è un luogo o un evento che ha ispirato il vostro interesse per la street poster art?

Antonella: A Roma, dove ho vissuto più di 10 anni, ho partecipato ad un Festival di street art organizzato da Sten&Lex e Lucamaeonte presso ESC Atelier autogestito. Ho avuto la possibilità di vedere per la prima volta molti artisti di street poster art sia italiani sia europei e sono immediatamente rimasta colpita dalle potenzialità comunicative di questa forma di espressione artistica. Dal 2009 al 2011 ho vissuto a Parigi dove questo linguaggio comunicativo è dirompente e si è sviluppato in maniera capillare nel tessuto metropolitano.

Elisa P.: Roma e Crack Festival Fumetti Dirompenti, dove dal 2006 io e Sonia come TO/LET abbiamo fatto presenza con i nostri lavori in poster.
Su internet ai tempi dell’accademia quando io e Sonia abbiamo iniziato a collaborare, abbiamo trovato tanti altri festival a cui abbiamo partecipato spedendo i nostri poster fatti a mano. Come quello nominato da Antonella presso ESC Atelier autogestito sempre a Roma e ancora a Torino e Napoli, in Belgio, Francia e Sud America. Ovviamente anche viaggiare fuori Italia dà diversi input rispetto questa forma d’arte.

Elisa V.: Camminare per le strade di molte capitali europee mi ha fatto scoprire l’esistenza di questo linguaggio all’epoca ancora poco diffuso in Italia. In particolare, le prime opere le ho viste a Parigi. È stato fondamentale anche internet, dove spesso mi perdo a fare ricerca. Sicuramente è stato importante anche seguire le To/Let nei tanti festival a cui hanno partecipato in giro per l’Italia e l’Europa, visto che loro stesse hanno cominciato ad usare questo linguaggio ormai anni fa.

Flavia: io sono quella che si occupa più del lato “street” che del lato “art”. Nel senso che mi sono avvicinata alla street art frequentando le altre, prima ero solo un’ammiratrice. Adesso, dopo quattro anni di festival, diciamo che un po’ mi so orientare nell’ambiente e ho imparato ad attaccare i poster benissimo!

Sara: Come sempre, è tutta colpa dei writer. Sopratutto di quelli che frequentavo da adolescente: da lì è partita la passione per i muri, l’interesse per questa cosa complessa e contraddittoria che ora chiamiamo street art. Mi sono resa conto di quanto sia cambiato il mio sguardo in conseguenza di questa cattiva frequentazione: ho dei momenti di epifania davanti a una parete cieca che penso sarebbe perfetta per un pezzo; mi commuovo per dei muri marci e scrostati come quelli di via dell’Abbadia; adesso, quando viaggio utilizzo il metodo “street art safari”, cercando di costruire dei percorsi da un pezzo all’altro per attraversare le città e conoscerle.

Sonia: mi fa molto piacere rispondere a questa domanda. Risale al 2006 nei sotterranei del Forte Prenestino di Roma, per la nostra prima presenza al CRACK! Festival di arte disegnata e stampata. Ringrazio tanto Valerio Bindi (fondatore del festival) che ha colto con tanto entusiasmo il nostro primo progetto installativo fatto in carta e colla.

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Com’è il rapporto con le istituzioni? C’è stato qualche tipo di ostacolo in questi anni?

In questi quattro anni abbiamo avuto un ottimo rapporto con le Istituzioni, in particolar modo con il settore cultura del Comune di Bologna con cui abbiamo una convezione che ci ha permesso di articolare il progetto CHEAP on Board. Il rapporto con Presidenti dei Quartieri Navile, San Donato, San Vitale e Porto è stato un tassello fondamentale per noi. Nel confronto con loro, che conoscono il territorio molto bene, il festival ha trovato un terreno fertile dove crescere e avere degli stimoli. Il rapporto con il territorio ha un ruolo centrale per noi, soprattutto determina la scelta dei luoghi dove intervenire. Il confronto aperto con gli amministratori dei territori dove abbiamo lavorato in questi quattro anni, è stato sicuramente un buon punto di partenza.

Avete qualche tipo di finanziamento? E quanto costa realizzare un festival come CHEAP?

Il festival nel 2013 è partito da una dinamica di autofinanziamento e poi da un contributo Regionale. Dal 2014 abbiamo firmato una convenzione con il Comune di Bologna che prevede l’utilizzo della bacheche per progetti di rigenerazione urbana attraverso l’arte e la comunicazione non convenzionale. Questa convenzione finanzia anche tutte le attività dell’associazione (compreso il festival) per diecimila euro l’anno. La convenzione scadrà a dicembre 2016 e speriamo di poter continuare a lavorare con la nuova amministrazione. Realizzare il festival è molto più oneroso dal punto di vista economico, quindi ogni anno ci inventiamo degli appuntamenti di autofinanziamento e cerchiamo di avere occasioni per distribuire il nostro merchandising. In più quest’anno abbiamo investito molto per realizzare il libro che racconta i primi tre anni di CHEAP festival, realizzato con la collaborazione dello Studio RAM. È la nostra prima autoproduzione e lo trovate in molte librerie indipendenti di Bologna e naturalmente durante gli eventi del festival!

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I permessi per i muri come riuscite ad ottenerli?

Questo tema dei permessi varia di volta in volta, dipende da diversi fattori: chi è la proprietà e se riusciamo tramite canali istituzionali a trovarla. A volte devi andare a suonare i campanelli e a studiare la situazione per alcuni giorni. Poi c’è la fase del contatto dove ci presentiamo e chiediamo di poter realizzare l’intervento. In questi anni abbiamo cercato di lavorare quasi sempre su muri pubblici: biblioteche, scuole, luoghi di aggregazione, palestre…un po’ perché crediamo che siano questi i luoghi da valorizzare con gli interventi artistici che realizziamo. Altre volte abbiamo lavorato su muri privati e l’esperienza si è trasformata da difficile, magari all’inizio c’erano dei pregiudizi, a molto positiva. Non tutti sono convinti a ospitare degli interventi di street art, ma la maggior parte delle volte ci siamo riuscite. La difficoltà poi è un po’ legata alle procedure burocratiche per ottenere i permessi, perché attaccare della carta ai muri è diverso che dipingerli, quindi spesso ci siamo inventate – con il supporto del Comune e delle proprietà coinvolte – dei metodi tecnici per avere i permessi.

E avete mai fatto qualcosa di “illegale” per qualche buon fine?

Curiamo un festival che mette a disposizione degli spazi “legali” agli artisti e invitiamo tutte e tutti tramite la Call for Artist a mandarci dei lavori che affiggiamo, ma lo abbiamo detto molte volte: non siamo per la legalità a tutti i costi. Crediamo che la pratica di muri “illegali” sia fondamentale per la crescita della scena e degli artisti. Siamo per più “street art nelle strade”, non crediamo si debbano costruire recinti tra chi è legale e chi non lo è.

Qual è l’opera di cui andate più fiere?

Questa è una domanda troppo difficile! I muri e le opere che installiamo sono tutte importanti per noi! È come chiedere “qual è il tuo figlio preferito?”. Potremmo raccontare tanti episodi legati a ogni singola opera: dal rapporto con gli artisti a quello con le persone che abitano i posti interessati dagli interventi. Sicuramente il Pilastro è un luogo a cui siamo affezionate, gli abitanti ci hanno dimostrato sempre solidarietà oltre che regalandoci dolci e viveri, donandoci persino sedie e divani dove poterci riposare. Ci sono opere che hanno richiesto poche ore di realizzazione in strada e molte di progettazione in studio, altre che hanno richiesto giorni e giorni sopra i ponteggi, ma siamo affezionate a tutte per motivi diversi.

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Quale quella che vi ha dato più problemi?

Problemi seri non ne abbiamo mai avuti, però abbiamo degli aneddoti: quando nel 2015 abbiamo attaccato i poster di Viale Masini realizzati da Vinz Feel Free, delle fotografie di nudi non eroici, di donne e uomini di ogni età con delle teste di uccello, nel giro di 5 minuti è arrivata la polizia chiamata dai residenti indignati per il contenuto dell’opera. Diciamo che è stato uno degli interventi che maggiormente ha destato scalpore, fino a che, durante l’estate qualcuno ha coperto i genitali disegnando con la bomboletta dei bei mutandoni. Sempre nell’onda della trasgressione c’è stato l’intervento in Via Indipendenza di James Kalinda, sempre nel 2015: le sue madri velate di nero, il progetto si chiama GosthMother, ci ha procurato diverse accuse di eresia dai passanti che lo vedevano, non capendolo probabilmente. Poi non è stato semplice mettere d’accordo tutti i condomini proprietari dell’accesso ai parcheggi di Piazza Manfredi Azzarita, ma dopo la realizzazione dell’intervento di Levalet ci hanno scritto per chiederci quando avremmo realizzato le altre due casette, cosa che faremo in questa edizione 2016.

Ci raccontate la vostra giornata-tipo durante il festival?

Ci svegliamo, andiamo a prendere gli artisti e iniziamo a seguire il loro lavoro ai muri. Solitamente ci dividiamo per artista e contemporaneamente alcune di noi vanno ad attaccare i poster della call o a preparare i muri per gli interventi. C’è anche l’aspetto degli eventi durante il festival e l’organizzazione di tutta la parte di documentazione con i videomaker e i fotografi che ogni anno coinvolgiamo massicciamente. Insomma non abbiamo una giornata tipo, in 10 giorni si concentra un sacco di lavoro manuale e pratico e anche organizzativo. È sempre un vortice di persone, lavori, stimoli e anche divertimento. In strada si imparano un sacco di cose sulla città e i suoi abitanti ad esempio.

I poster dove li stampate? E quanto costa più o meno farne uno?

Abbiamo una tipografia fantastica che ci segue da due anni ormai, prima si chiamava Fasertek adesso si è trasferita a Castelmaggiore e si chiama Tip Italia. Grazie a Matteo, Stefano, Francesco, Carmen, Cristina abbiamo imparato quale carta scegliere, come stamparla e ci siamo fate un background sulle tecniche di stampa. I poster hanno dei costi di realizzazione diversi e dipende dalla grandezza naturalmente, perché alcune bacheche sono di 3 metri per 4 metri, altre sono più piccole e vengono tutti stampati uno per uno, perchè le bacheche hanno tutte misure diverse.

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Vendete poi qualcosa?

Per ora no. Non ci piace tanto l’idea di venderli, sono stati pensati per la strada e tendenzialmente è lì che ci piacerebbe vederli. Ma in futuro non si sa mai, tantissime persone ce li chiedono e naturalmente dovremmo chiedere agli artisti di pensare a produrre delle opere per la vendita come modo per sostenere il festival. Ma per ora li potrete ammirare solo in strada.

Quest’anno cosa ci aspetta e quali sono le novità?

In questo 2016 non abbiamo cambiato quasi niente della struttura tradizionale del festival: avremo 5 “guest”: Mentalgassi, Sbagliato, Carne, Leo & Pipo e Andreco che lavoreranno sui 5 quartieri interessati e parallelamente l’affisione delle opere dall Call for Artist. La novità lampante è che quest’anno abbiamo ricevuto più di un migliaio di poster, con 731 artisti interessati e provenienti da 49 diversi paesi diversi, tutti i Continenti sono presenti! E’ sempre un emozione vedere la risposta alla Call da paesi lontani: dallo Sri lanka ai Paesi Bassi, dall’Australia all’Iran. L’altra novità è XXV – una collettiva di poster art: per il primo anno useremo le bacheche di Via Indipendenza e San Giuseppe per un intervento site spefic dove abbiamo invitato 25 artisti tra illustratori e street artist, a realizzare un poster. Si potranno ammirare i lavori di Nina Bunjevac, Flavia Biondi, Arianna Vairo, Danijel Zezelj, Stikki Peaches, Anna Ehrlemark, Akab, Laurina Paperina, Stefano Ricci, UNO, Vinz Feel Free, Madame, Orticanoodles, Amalia Mora, Centina, Snem, Guerrilla Spam, Carlo Pastore, Andrea Bruno, Nemo’s, Johanna Gniady, Donk, Paper Resistance, Omino71. E li affiggeremo collettivamente il primo giorno di CHEAP, domenica 1 maggio. Abbiamo dato appuntamento a tutte e tutti per installarli insieme, come atto di riappropriazione collettiva di questi spazi. L’altra novità è la collaborazione con BAUM bolognina arti in movimento. Con loro realizzeremo questo appuntamento venerdì 6 maggio, chiudendo via Serra e realizzando un intervento affiggendo un progetto fotografico di Michele Lapini e per l’occasione chiuderemo la strada per un Block Party. Segnaliamo anche il party al TPO il 7 aggio, dove suoneranno Machweo e Go Dugong dentro la grande installazione di carta che quest’anno sarà curata da Mauricio Corradini e Lorenzo Gheraldini.

Preferite lavorare sul centro o sulla periferia? E qual è la zona di Bologna che avrebbe bisogno di più street poster art?

È sempre diverso, non è solo la dicotomia periferia-centro a contraddistinguere il ragionamento: ogni territorio ha diverse peculiarità. Lavorare su una scuola media al Pilastro è diverso rispetto a lavorare all’Istituto Aldini-Valeriani o su una biblioteca o su una palestra sociale. Lavorare sulle bacheche è diverso rispetto a lavorare su un muro. Diciamo che il rapporto che si crea con gli abitanti e con il territorio è una vera magia nella street art. Quindi siamo molto affezionate ai quartieri in cui lavoriamo e ci sentiamo di farne parte e siamo anche un po’ orgogliose di aver provato a lasciare qualche traccia di bellezza a Bologna. Non c’è una zona che ha bisogno di street art, ma tutta la città!

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E CHEAP On Board come funziona? Voglio dire: mettiamo il caso che qualcuno voglia utilizzare una delle “vostre” bacheca per promuovere un evento, come posso procedere?

Il progetto CHEAP On Board ha tre linee di sviluppo: interventi di arte ospitati sulle bacheche, comunicazione non convenzionale e campagne di comunicazione sociale. In questi due anni abbiamo cercato il più possibile di variare e tenere un ricambio di stili e linguaggi sulle bacheche: illustrazione, grafica, fotografia, disegno e abbiamo lavorato con tante realtà cittadine importanti e interessanti. Per collaborare con noi basta scriverci e proporci un progetto. Chiariamo sempre prima che non si tratta di comunicazione intesa in senso classico: non usiamo le bacheche per campagne promozionali classiche, cerchiamo sempre di lavorare in sintonia e coinvolgere il lato artistico nella realizzazione di queste campagne, come abbiamo fatto con grande successo con il Bologna Jazz Festival l’anno scorso con Vanna Vinci e faremo il prossimo ottobre con Gianluigi Toccafondo, oppure con la Cineteca, facendo un lavoro di ricerca nel loro sterminato archivio immagini.

Quando qualcuno scrive o disegna sui vostri poster, come la prendete?

Il rapporto con la strada è sempre interlocutorio: lasci un messaggio e ti devi aspettare che qualcuno risponda. Non siamo molto “feticiste” dell’opera, anche perchè per scelta lavoriamo sul supporto più effimero di tutti: la carta. Quindi capita che un’opera, appena donata alla strada venga strappata, si rovini per la pioggia, venga rubata o venga cambiata con degli interventi con spray, pennarelli o stickers… “è la street art baby”: nasce in strada e si modifica con essa. È chiaro che a volte ci dispiace, ma devi stare alle regole del gioco.

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Bologna è piena di affissioni di eventi o altro, abusive o meno. C’è un problema di decoro urbano, secondo voi?

Questa è una percezione che cambia a seconda del punto di vista. Sicuramente ci sono delle zone abbandonate, un po’ terra di nessuno dove non ci sono progetti di rigenerazione, dove vengono investite pochissime risorse o semplicemente manca un progetto di sviluppo. Non abbiamo certo la soluzione, facciamo un festival di street poster art, ma non ci piace la repressione tout court, sapere che chi fa un segno sul muro rischia penalmente. Secondo noi ci vuole più cultura dell’arte urbana, più libertà nella sua pratica e non confinamenti nella legalità o nelle regole di mercato dell’arte.

Che ne pensate di tutta la questione legata alla mostra sulla street art di Palazzo Pepoli? E siete mai state contattate da qualcuno dei promotori?

Non siamo in contatto con chi ha organizzato questa mostra, ma non è un mistero che l’operazione non ci piace e non l’approviamo. Ci sembra fortemente reazionaria: ingabbiare la street art dentro i canoni del mercato dell’arte è per noi decisamente una pratica da osteggiare. Siamo state solidali con il gesto di BLU e siamo convinte che questa sua presa di posizione abbia finalmente aperto un dibattito che prima era relegato agli addetti ai lavori e che ci interroga fortemente sulle contraddizioni politiche che vedono al centro lo sviluppo delle nostre città e il ruolo che hanno la speculazione e il mercato nel toglierci diritti da una parte e provando a normarci dall’altra. Crediamo che a tutto questo sia giusto contrapporre e sperimentare dei modelli diversi, che partano dalla riappropriazione, dalla cooperazione e che diano una forte centralità al bene comune.

È di poco fa la notizia che Frontier quest’anno non ci sarà o, quantomeno, non ci saranno gli interventi sui muri: state rimanendo da sole?

Siamo solidali con la decisione di Frontier e direi che non ci sentiamo sole: con gli artisti e altri curatori abbiamo modo di sentirci spesso. La street art è un ambiente molto vivo e in crescita, ce ne rendiamo conto soprattuttto quando otteniamo risposte incredibili come quest’anno alla nostra Call for Artist. Bologna poi è abitata da tantissimi artiste e artisti che la rendono un posto così speciale.

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Cosa vi piace di Bologna?

Antonella: Sono arrivata a Bologna un po’ per caso dopo l’esperienza di Parigi e immediatamente ho scoperto Elastico, lo spazio gestito dal duo artistico To/Let, dove ho trovato una forte passione per la ricerca e la sperimentazione artistica e culturale indipendente. Dopo 5 anni, nonostante provi costantemente una tremenda nostalgia per il sole e il cielo di Roma, non riuscirei a vedermi fuori da questi portici e dal loro abbraccio.

Elisa P.: La sua dimensione e le persone che ho conosciuto in tutti questi anni.

Elisa V.: Bologna è la città in cui ho scelto di vivere, fin dai tempi dell’università, per poi sceglierla di nuovo, con più consapevolezza, dopo la laurea. La amo in particolare per la sua vivacità culturale nonostante le sue dimensioni di piccola città: amo il fatto che sia stata e sia ancora in molti casi una sorta di laboratorio di sperimentazione, anche se in molti casi purtroppo, per fare lo step successivo, sembra essere necessario andarsene. Per me è poi molto positivo ed importante il fatto che ci vivano persone dalle più disparate provenienze, grazie soprattutto alla presenza dell’università. Amo poi i suoi portici, i suoi colori, la sua atmosfera, il poter spostarsi in bicicletta e il fatto che la collina sia così vicina alla città.

Flavia: Bologna è la città che ho scelto e con cui ho un rapporto viscerale di amore incondizionato. Direi che mi piace in tanti modi diversi, ma soprattutto nel suo essere piccola metropoli contemporanea tenendo un aspetto fortemente umano e caloroso.

Sara: Bologna è la città in cui ho scelto di vivere per 16 anni, una città con cui ho inevitabilmente sviluppato un rapporto fatto di amore viscerale e solenni incazzature. In questo momento della mia vita, vivo tra qui e la Germania: questo equilibrio si sta rivelando perfetto.

Sonia: vivo qui da 15 anni, arrivata nel 2001 iscritta all’Accademia di Belle Arti sezione Pittura. Scelta anche per amore, per le persone che ho incontrato che sono state per me motivo di crescita dalle mie sei socie, ai tantissimi artisti che ho avuto la fortuna di conoscere, grazie a Elastico. Oddio, ho tanti ricordi che vorrei descrivere ma non ho il dono del sapere descriverle qui ora.

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Quali sono i vostri luoghi preferiti?

Antonella: ll MIT (Movimento Identità Transessuale) un luogo tra favola e rivoluzione a cui devo molto, Modo Infoshop e l’Ortica, L’ora d’aria, Senape e The Park, Squadro Stamperia d’arte, il Lumière, l’enoteca Favalli e il Vanilla Comics bar.

Elisa P.: Senape, The Park, Squadro, Modo Infoshop, XM, Mikasa, Atlantide, Pizzartist, Vanilla&Comics, Tpo….poi ripeterei tutti i posti dette dalle altre, visto che ho risposto per ultima :)

Elisa V: I cinema, in particolare il Lumière, le mostre di Squadro, sfogliare libri a Modo Infoshop e alla Giannino Stoppani, perdersi tra le meraviglie di Crete Pièce Unique, vedere un capo o un accessorio unico che prende forma tra le mani di Confezioni Paradiso, Les Libellules e The Park. E molto altro ancora. In generale, amo molto andare in bicicletta tra le vie del centro e vivere le piazze nelle sere d’estate.

Flavia: non potrei stare senza il TPO e Labàs – ovviamente sono la mia casa, ma neanche senza il Freakout e il suo spirito punk! E poi Locomotiv, Covo e ovunque ci sia musica nell’aria. Poi è sempre bello passare dalla Libreria Trame per due parole con Nicoletta, da Zazie per un centrifugato, da Fermento per una birra in Bolognina e poi il Pratello…in tutti i suoi angoli e negozi e bar e trattorie.

Sara: La Trattoria di Via Serra, dove ceno anche sul divanetto di ingresso pur di riuscire a fare due chiacchiere con Flavio; da Claudio al Bar Mercato dietro al mercato delle Erbe, un posto che ha la capacità di ricordarmi i bacari veneziani; Crete e il laboratorio di Pastore e Bovina; The Park, sopratutto nie momenti di chiusura al pubblico; Atlantide, che è ovunque ma che personalmente amavo molto anche dentro al cassero di Porta Santo Stefano; l’enoteca Calzolari; Villa Gallon; il Parco Mitilini-Moneta-Stefanini al Pilastro; Senape; la biblioteca del MAMbo; tendenzialmente, ogni metro di portico di questa città.

Sonia: bella domanda. Mi mancano un sacco i posti che non ci sono più: Atlantide, Betty&Books. Adoro invece queste nuove realtà: Senape, Modo Infoshop, Cinema Lumiere, Kinodromo/loft, Sala Borsa, Altro? Ballare ovunque in città ci sia dell’ottimo sound.

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C’è un bar o ristorante in città dove vi piace ritrovarvi per riunioni o appuntamenti?

Sì assolutamente e all’unisono rispondiamo Senape Vivaio Urbano. Oltre al TPO, che è la nostra base operativa, amiamo darci appuntamento in quel pezzettino di verde che ci accoglie spesso per riunioni, chiacchere e incontri.

Avete altri progetti in cantiere oltre a CHEAP o legati a CHEAP?
Con CHEAP molti. Stiamo lavorando e lo vedrete nei prossimi mesi, al progetto CHEAP on board con Biografilm, Gvc e il Bologna Jazz Festival. Però nei prossimi giorni siamo a tempo pieno sulla nostra quarta edizione e ne vedrete delle belle!