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LOST Music Festival e lo scorrere del tempo dentro il labirinto

L’evoluzione dell’esperienza LOST nelle parole del direttore artistico del festival

Written by Pietro Leonardi il 28 June 2024
Aggiornato il 1 July 2024

Il LOST (acronimo di Labyrinth Original Sound Track) Festival è alle porte, e l’iconico Labirinto della Masone di Franco Maria Ricci è pronto ad accoglierlo per la quarta edizione nelle giornate del 5, 6 e 7 luglio.

Avviato ufficialmente nel 2022 dopo alcuni test, LOST è un festival che, pur avendo pochissime edizioni alle spalle, ha saputo dimostrare da subito un’identità solida, andando a toccare diversi territori dei linguaggi legati alla musica elettronica contemporanea.

«Il labirinto è il fulcro dell’evento e ha ancora molto da raccontare.»

Ho incontrato Luca Giudici  – DJ, curatore musicale e co-fondatore di Spiritual Sauna, l’appuntamento mensile che oggi anima il Q Club in via Padova – fondatore nonché direttore artistico del festival, in un tardo pomeriggio infrasettimanale in zona Porta Romana. Essendo Spiritual Sauna uno dei miei appuntamenti fissi preferiti in città, ero curioso di esplorare ili fil rouge tra le due rispettive proposte musicali. La chiacchierata che segue però è andata molto oltre: come ho avuto modo di constatare, Luca ha saputo mettere a fuoco la sua visione per tradurla all’interno di un’esperienza che faccia dialogare il passato del luogo con il presente di alcuni linguaggi interdisciplinari

Pietro Leonardi: Vorrei iniziare parlando un po’ del percorso che ha fatto il festival in generale. Che evoluzione credi che abbia avuto il LOST dalla sua nascita ad oggi?

Luca Giudici: Io credo che LOST, nei suoi primi anni di vita, si stia dimostrando unico nel suo genere. Allo stesso tempo, il festival è ancora in evoluzione e giovane. L’anno scorso abbiamo aggiunto un nuovo palco e quest’anno abbiamo fatto una residency: c’è ancora tanto margine di crescita entro i confini del labirinto. Perché di fatto è il dedalo di bambù a definire imprescindibilmente il festival. L’esperienza di LOST è per forza di cose legata indissolubilmente al suo spazio. Poi magari potrà evolversi e prendere altre strade, magari con degli eventi satellite o chissà. Ma oggi il labirinto è ancora il fulcro dell’evento e ha ancora molto da raccontare.

PL: Che tipo di esperienza complessiva offre LOST come festival alle persone che partecipano?

LG: A livello di esperienza credo sia importante, in un mondo che non ti permette di staccare mai del tutto dalla tua vita quotidiana, che questi tre giorni di Festival siano una sorta di relief. Un momento e uno spazio di decompressione dove riesci effettivamente ad allontanarti da tutto ciò che hai attorno, per proiettarti in una contesto naturale, in mezzo a una community. Una community che oltretutto è in grande crescita e che, per quanto ancora piccola, sta prendendo forma e si sta identificando nella ricerca di un’esperienza sensoriale, andando anche al di là di quello che cerca musicalmente parlando. Il Labirinto ha questo aspetto surreale che ti porta ad annullare le coordinate della realtà. Come luogo ha una forte valenza simbolica ed esoterica. Quello che sto facendo, edizione dopo edizione, è di costruire una narrazione complessiva, dove la musica è il mezzo principale. Ma essendo un mezzo intangible, incorporeo, è importante che venga abbinata all’esperienza visiva. È fondamentale che, in generale, LOST sia un viaggio multisensoriale.

PL: Vorrei parlare di musica adesso, visto che l’hai menzionata. Quello che mi ha impressionato è che gli artisti presenti in line up spesso non possono essere considerati stacca-biglietti; c’è un lavoro di ricerca molto approfondito, ma che non va ad impattare su quello che è il livello di partecipazione al festival. Che direzione senti di aver dato alla line up rispetto agli anni scorsi? Come si relazionano questi aspetti nella costruzione della direzione artistica complessiva?

LG: A livello musicale, cerco sempre di attenermi alla mia interpretazione di quello che evoca la location. Il primo anno è stato l’unico che ho considerato effettivamente come un test, mentre invece l’anno scorso è stato quello in cui sono riuscito a dare una descrizione esatta di ciò che avevo in mente. Quest’anno vorrei che fosse il proseguimento della direzione intrapresa. Il tipo di artisti che portiamo non sono stacca-biglietti perché spesso non stanno dentro precise etichette di genere, fattore che per me è importante mantenere, perché dimostra che c’è un filo conduttore trasversale. Io credo che la forza vera di LOST sia proprio l’esperienza e la narrazione: un boutique festival in cui non ci sono headliner o non c’è l’attenzione principale attorno a un nome specifico. L’attenzione è alla musica ma in un senso molto più ampio rispetto al singolo nome.

PL: Da esterno, io vedo sostanzialmente tre filoni di artisti nella line up: il primo è quello dei DJ che fanno ballare, un altro che è più legato alle performance, e un terzo filone è quello dei protagonisti italiani di questo continuum. Anche internamente hai operato delle categorizzazioni per i vari artisti?

LG: Più che parlare di filoni per me è importante parlare di come viene scandita la musica nell’arco della giornata, e quindi di come il tempo influenza la percezione dello spettatore all’interno del labirinto. La mia idea è creare un flusso. Essendo il mezzo principale, la musica viene usata come strumento per scandire lo scorrere del tempo all’interno del dedalo di bambù. Io riassumo tutto in un modo più esteso, prestando attenzione alle sensazioni che le persone vivono nel labirinto. Per esempio, la mattina è il momento in cui il tempo è più dilatato, in cui diamo spazio a set più eterei, rarefatti, che costruiscono un’atmosfera ben specifica. Dopo questo momento si ritorna a ritmi più definiti, pur rimanendo sempre su set che accompagnano lo scorrere delle ore verso la sera. Un po’ come il set di Reptilian Expo l’anno scorso, che è stato uno dei miei preferiti. Infine c’è la notte, in cui ti trovi un set come quello di Gabber Eleganza che rappresenta la massima espressione di un rilascio dell’energia accumulata durante il giorno.

PL: Si tratta di set chiaramente a BPM molto alti! Parlando di questo, negli ultimi due anni abbiamo visto la ri-contestualizzazione di alcune forme di pop all’interno dei linguaggi più “hard” della musica elettronica attuale, ed è qualcosa che tu conosci molto bene in quanto in continuità con l’offerta musicale di Spiritual Sauna. È come se ci fosse sì la necessità di un rilascio delle energie, ma tramite qualcosa che si prende molto meno sul serio rispetto ad altre forme di elettronica, o anche rispetto ad alcuni performance act. Cosa ne pensi?

LG: Con il djing ho esplorato tanto della musica e questo mi ha permesso di non precludere niente quando costruisco la line up di LOST. Per cui, l’edit in versione club di una canzone pop alla fine viene apprezzato, perché esce da determinati schemi molto rigidi della musica elettronica colta. Si tratta di digerire tutta la cultura pop e restituirla destrutturata, rivisitata. Mi piace riuscire a creare un ponte con le persone che può essere anche molto diretto, e che dietro può anche avere mille chiavi di lettura più criptiche rispetto a quella che è la mera definizione di pop. È più facile comunicarlo con la musica che descriverlo a parole.

PL: Essendo anche DJ, credi che la tua esperienza in questo senso influenzi la direzione artistica della line up? Come pensi che si relazionano i due lavori di organizzatore e DJ?

LG: Tutto quello che vuol dire essere un DJ è stato importante per il mio percorso personale, ma la cosa più importante credo sia stata l’occasione per poter vedere situazioni diverse e toccare con mano pubblici differenti. Questa è una delle cose che mi interessa sempre di più quando suono: riuscire a capire e leggere le differenze di pubblico, ciò che le persone cercano all’interno di un club o di un festival o di un evento branded, non tanto in termini musicali quanto piuttosto di sensazioni, interazioni tra persone. Leggere la pista può significare tante cose, di fatto si tratta anche qui di saper raccontare e impostare una storia, che ha il suo arco fatto da un incipit, uno svolgimento e un finale. Leggere la pista non significa dargli tutto quello che vuole in quel momento o dargli quella botta di adrenalina che cerca, ma dargli la sensazione per cui puoi avere dei picchi anche nei momenti in cui sta andando la musica ambient. In quell’esatto momento, dopo aver creato quel continuum e quel crescendo, anche un pezzo senza beat può darti lo stesso risultato di un pezzo a 170 BPM. Questa è una delle cose su cui mi concentro di più.

PL: Per chiudere, quali sono gli artisti che non vedi l’ora di sentire a questa edizione del LOST?

LG: Sono parecchi. Molti di questi sono artisti che chiaramente ho già sentito e da cui poi mi è nata la volontà di portarli al festival. I 33 (Billy Bultheel & Alexander Iezzi), il venerdì, meno conosciuti ai più, sono uno degli act per cui sono sicuramente più gasato, e sono un progetto ancora in evoluzione. Sto sempre cercando di portare una componente più a livello performativo che sia sempre più strutturata. Loro hanno quel qualcosa che riesce a far portare la performance ad un livello superiore. Il loro act ha un’idea di direzione artistica complessiva in cui mi rivedo molto.

Anche Amnesia Scanner, che presenteranno con uno show in anteprima mondiale. Ciò significa che non so neanche io bene che cosa accadrà, ma ho delle grandi aspettative. Poi c’è Funeral Folk, l’album da cui prende forma il progetto di Maria W. Horn e Sara Parkman: è uno show che a livello di narrazione penso che sia totalmente rappresentativo di quello che è il festival. Al centro del Labirinto e davanti alla piramide, che è il perfetto palcoscenico credo per questo show specifico. James K, poi, è un act che da anni cerco di portare a Milano e non sono mai riuscito. Anche Varg2tm, che porta uno show inedito che abbiamo studiato insieme con l’obbiettivo di ripercorrere tutta la sua Nordic Flora Series. Ho insistito tanto con lui per riuscire a fare questa cosa di portare tutto Nordic Flora insieme, ripercorrendo tutto quello che è stato quel progetto, un perfetto esempio dell’unione tra pop ed elettronica. Lui è un personaggio che è partito da una cosa molto dura che poi si è evoluta in un maniera totalmente diversa. Ecco, il suo è uno di quegli show in cui sarà interessante vedere come prende forma nel labirinto.