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gio 18.10 2018 – sab 12.01 2019

Alfredo Jaar - Lament Of The Images

Dove

Galleria Lia Rumma
Via Stilicone 19, 20154 Milano

Quando

giovedì 18 ottobre 2018 – sabato 12 gennaio 2019

Quanto

free

Il lavoro artistico di Alfredo Jaar, cresciuto sotto il regime di Pinochet, affronta i grandi problemi del mondo contemporaneo postcoloniale e l’indifferenza da parte delle istituzioni e dei giornali nei confronti di eventi terribili come il genocidio in Rwanda, l’immigrazione tra Messico e USA, il colpo di stato in Cile. Facendo interagire parole, fotografie, suoni e filosofia le sue opere sono un binomio inscindibile di etica ed estetica, la cui perfezione formale ha come unico ostacolo l’atrocità del contenuto.
L’arte per Jaar rappresenta “l’ultimo angolo di libertà”, un modo per cercare di capire il mondo e che le sue opere sono un atto di resistenza. Servendosi di installazioni al cui centro spesso vi è la fotografia, Jaar crea delle riflessioni, delle vere elegie.

Soggetti del titolo dell’opera e dell’omonima mostra personale alla Galleria Lia Rumma, Lament of the images, le fotografie sono qui assenti, o meglio visibilmente assenti. Le due versioni esistenti, quella presentata a Documenta 11 nel 2012 e la successiva presentata alla TATE, sono una riflessione sul potere delle immagini. In entrambe le installazioni viene messa in scena la cecità della società contemporanea, quotidianamente bombardata da immagini il cui valore primario si affievolisce ad ogni sguardo.
Il titolo proviene dall’omonima poesia di un autore nigeriano, Ben Okri, in cui maschere rituali vengono bruciate e spogliate della loro funzione e potere.

Nelle due installazioni il buio più oscuro è interrotto solo da una luce abbagliante, in una versione rappresentata da uno schermo mentre nella seconda versione da due tavoli luminosi, quelli utilizzati per visionare i negativi, posti l’uno sopra l’altro, la cui luce accecante rivela la totale assenza di immagine. Un bianco assoluto che potrebbe essere interpretato com un rallentamento all’infinito del flusso delle immagini fino al nulla, operato da Jaar, o al contrario come un’accelerazione del ritmo fino all’annientamento di ogni rappresentazione. Lontano dalla manipolazione delle immagini, la fotografia appare ciò che Susan Sontag definisce “una sottile fetta di spazio oltre che di tempo”.
L’opera piange l’assenza dell’immagine e ne sottolinea l’inefficacia.

L’installazione è una poetica riflessione, un tentativo di mostrare l’invisibile, una ricerca di luce nel buio. Per creare arte Jaar decompone la realtà proponendo un nuovo modo di pensare il mondo, e se per rendere visibile l’invisibile fallisce come le altre fotografie, allora mette in scena l’invisibile in cui si sente solo il lamento delle immagini.

Scritto da Chiara Di Leva