Un ragazzo algerino torna a casa. Balla, suda, si mette a petto nudo. Io svengo mentre lui, virile come pochi, fa quello che più si allontana dal concetto stesso di virilità: inizia a piangere. Due ragazze fumano una canna nel retro di una macchina. Le vedi poi girare in motorino senza casco in quello che sembra un campo Rom. Si abbracciano, litigano, sfuria una rissa. Il realismo visivo sembra quello di Sean Baker: potente, crudo, emozionale. La firma è però ad opera di un duo elettronico francese, i cugini Guillaume e Jonathan Alric, che nel progetto The Blaze uniscono cinema e musica. Viscerali, umanisti ma soprattutto umani, credono che la loro musica si possa esprimere al massimo con le immagini.
Dancehall è il loro album d’esordio. Ma li troviamo attivi già nel 2017 con bombe come Territory e Virile. I videoclip ne sono una prova. Dentro ci trovate musica da ascoltare, ballare ma soprattutto vedere. Perché quello che fanno i The Blaze è creare un linguaggio che parte dall’elettronica, quella più melodica ed empatica, che chiede in prestito la cassa alla dub (prima passione di Guillaume), e approda alla gente con la potenza delle immagini. Senza paura di mostrare la bellezza dell’umanità in tutte le sue accezioni, anche quelle più negative, i The Blaze arrivano in Italia per la prima volta sul palco del Fabrique.
Ad aprire Bawrut, il producer italiano di musica elettronica di base a Madrid, che per ben due anni di seguito ci ha fatto ballare al Sònar. Si viaggia.
Scritto da Lady D.