Mi hanno fatto notare che non ha senso “genderizzare” la valutazione di un artista – specie in un contesto come quello della trap italiana, dove i maschietti non brillano esattamente per virtù, coerenza e credibility. Leggere cose come «Priestess spacca e non ha nulla da invidiare ai colleghi maschi» ammetto che comincia a farmi cadere un po’ le palle, anche perché sono i colleghi maschi che dovrebbero cominciare a invidiare il prodotto di rapper come lei.
Sinceramente, che Alessandra Prete (all’anagrafe) sia donna o pugliese frega abbastanza cazzi, quello di cui mi frega è che ha aperto un concerto a Pusha T (senza sfigurare) e ha inciso con Madman un pezzo chiamato “Devil May Cry” (per pochi, ma non pochissimi). Non siamo nel ’96, non siamo ad Atlanta, quindi credo che sia il momento di svegliarci e cominciare a dare a Cesare quel che è di Cesare, e a Cleopatra quel che è di Cleopatra.
Scritto da Andrea Pagano