“La terra è vista come un bene desiderabile per costruire strumenti finanziari” è una frase estrapolata dallo scambio scritto tra Daniel De Paula (Boston, 1987. Vive e lavora tra San Paolo e Maastricht) e la sociologa Saskia Sassen. Un incipit funzionale che alimenta la prima personale dell’artista a Milano. De Paula, ormai brasiliano acquisito, sviluppa una mostra delineata da installazioni e frammenti utilizzati per i suoi studi in relazione allo spazio e alla società attuale.
Il fatto di vivere all’interno di un sistema sociale in cui ci siamo integrati e auto-ingabbiati è notorio: sappiamo di non essere liberi e di dipendere dal materialismo che ha creato barriere sempre più ristrette e obbligate. De Paula lo mostra tramite un percorso di frammenti di materie e materiali composto da video installazioni complesse dove, attraverso dei grandi apparenti buchi neri, il pubblico osserva delle ispezioni di pozzi di petrolio; delle attivazioni di energia geotermica e un minuscolo frammento di roccia lunare; dei frammenti di carotaggi e di un orologio da polso di una persona deceduta sul posto di lavoro. Tracce di spazio – sia quello della galleria, che quello oltre, di cui facciamo parte – in relazione tra loro come pretesto per una “dicotomia” tra lo stare fermi e l’azione, spiega l’artista nel testo di presentazione. Piccole parti di un altro mondo per indicare che in questo non siamo poi tanto liberi.
Scritto da Rossella Farinotti