Che cosa c’è di più bello di quello che ancora non c’è? Ecco perché vale la pena fare un salto negli spazi al primo piano di BASE, dove è in corso la rassegna We Will Design: un titolo coniugato al futuro perché i progetti in mostra sono a cura di designer emergenti provenienti da tutto il mondo e, in alcuni casi, a cura di studenti di accademie e università. Un titolo che ha il suono di una promessa (e che, dunque, non può che tradire un po’ di romanticismo): progetteremo e progetteremo tantissimo. Disegneremo gli oggetti più iconici in fatto di design come la sedia: è il caso di Cross Cultural Chairs, il progetto di Matteo Guarnaccia che indaga ruolo e fattezze delle sedute negli otto paesi più popolati al mondo. Progetteremo tanto altro. Ad esempio quegli oggetti così fondamentali per il soddisfacimento di tre bisogni semplici e chiari – diceva Enzo Mari – (mangiare, su tutti, studiare poi e infine lavorare): come il tavolo. TABULA [non] RASA è il progetto di studio.traccia che, pensando all’idea di tavolo in riferimento al tema dello spreco di risorse, dà vita a un luogo empirico realizzato con scarti e rifiuti alimentari. Ma le mostre di BASE ci invitano a declinare al futuro anche i concetti di casa e di quartiere: per Temporary Home. Visioni di futuro, un gruppo di designer scelti da IKEA ha provato a immaginare come saranno le case nelle metropoli che verranno (e saranno certamente soppalcate, ecosostenibili, e sempre di più costituiranno uno specchio delle nostre attitudini); in Designing the Proximity, invece, l’esposizione di 30 progetti di tesi degli studenti del Politecnico di Milano guarda al futuro dei quartieri, le cui parole chiave saranno lentezza, inclusività e prossimità.
Scritto da Beatrice Atzori