A cura di Zasha Colah e Chiara Figone, l’opera sperimentale di Haloba fa collimare le convenzioni operistiche dell’Occidente (a partire dall’evidenza che anche le forme di teatro sono inscritte in uno sguardo continentale) e le pratiche radicate nel continente africano, come il Kuyabila e il Budima. Al nocciolo del lavoro, l’Ubuntu: concetto su cui si articola una filosofia africana per cui l’individuo è il complesso delle sue relazioni. Detta così vi può anche sembrare scontata, ma se presa sul serio mette sul piatto una forma di comunanza priva di gerarchizzazioni per cui tu sei soltanto nel momento in cui sei anche gli altri.
Nel libretto – parte del dottorato di ricerca di Haloba – le figure sfuggono i generi, attraversano geografie e culture, passando per i traumi coloniali e ambientali e i nazionalismi nostrani. È qui che il riparare un “basket” si assume a gesto capace di articolare le storie, questionando i radicamenti attraverso l’empatia.
Scritto da Piergiorgio Caserini