Alice Phoebe Lou è cresciuta su una montagna in Sud Africa ma ha mosso i primi passi come musicista per le strade europee, in particolare a Berlino, dove si esibisce a lungo con una chitarra, un amplificatore e la sua voce ultraterrena. Una gavetta che l’ha portata a partire dal primo EP autoprodotto, Momentum, proseguendo coi due successivi album, Orbit e Pape Castles, a girare per il mondo grazie al modo intrigante e fresco con cui fonde insieme folk, jazz e musica elettronica. Per ovvie ragioni, tutte queste mirabolanti avventure si sono fermate nel 2020, ma quello che è successo dopo, ha dato ad Alice una scossa emotiva così forte, da trasformare la solitudine, l’innamoramento, un cuore spezzato e una testa rasata, nel suo terzo album Glow. Un disco che suona in modo diverso perché registrato, mixato e masterizzato in modo completamente analogico insieme al produttore David Parry; ma soprattutto perché Alice sembra più sicura che mai di se stessa mentre fa i conti con il non sentirsi affatto sicura di nulla. L’amore diventa un’esperienza confusa, ingenua, ricolma di speranza e al tempo stesso straziante. In tutto questo la voce eterea e sognante rimane costantemente l’elemento di spicco, e più che mai sui brani strutturati e corposi di Glow. Se Kate Bush o la più moderna Angel Olsen vi hanno fatto sognare, anche Alice Phoebe Lou potrebbe diventare il vostro prossimo tormentone.