Negli ultimi anni a Lodi sono successe delle cose. E questo basterebbe già di per sé, dato che tutto sommato a Lodi pare che non succeda nulla da almeno un decennio. Nulla nei termini di qualche cosa di attrattivo, che mina quel savoir faire della città e dei grandi centri urbani puntando tutto su quel localismo che ringalluzzisce le identità territoriali inseguendo l’idea di una decentralizzazione dei centri stessi. Se il discorso della decentralizzazione pare complesso, pensatela così: avete 10 biglie su un grande telo di organza, e il telo s’infossa tanto in corrispondenza delle biglie che ogni altra biglia che metterete attorno finirà per forza di cose fagocitata lì dentro. Se qualcuno ha la sensazione di aver già visto questa dimostrazione la risposta è sì: sono i buchi neri, e non diversamente da quelli va pensata la densità dei conglomerati urbani e la gravitazione delle province, almeno in termini di eventi e attrattiva. Lodi è una di quelle biglie lanciate attorno, puntualmente fagocitata. Ora, a occhio e croce è una decina d’anni, almeno almeno dal vecchio Creature Festival, al Belgiardino di Lodi, che la provincia è in questa condizione. Che fare? Fare più densità attorno. Altri centri di gravitazione, perseguire in qualche modo – non è così, sfortunatamente, ma strizziamo un occhietto – quel comunalismo anarchico che vede con sospetto la città (e qui occorre citare Paul Shepard in un bellissimo brano di sfogo: La città è il sogno dei bigotti) e si decide allora a redistribuire pesi e misure.
L’abbiamo presa larga: Lodi Art Baséll è il primo esperimento (è certo che ne seguirà un altro) per fare nella cittadina non la solita art week(end) esportando i modelli dei centri e gli artisti dei centri e le gallerie dei centri, ma facendo massa tra associazioni, istituzioni e realtà che da qualche anno stanno cercando di riformare l’idea, le frequentazione e – cosa più importante – gli interessi della provincia. Niente di speciale, sia chiaro: va vista la linea lunga del futuro, per non dubitare delle intenzioni ma nemmeno fermarsi alle apparenze. Per ora vi basti sapere che per tre giorni c’è un programma di mostre, talk e proiezioni che comincia a far vedere che cosa Lodi vuole essere, chiamando lodigiani d’eccezione (tipo Alberonero aka: Luca Boffi, con il progetto Caro Campo, pronto a presentarlo dopo Arte Sella in Francia, in Spagna, a Cuba, alle Azzorre…) e lodigiani meno conosciuti, e raccogliendo iniziative indipendenti come questa strana bestia di BORDA, una saga performativa, di cui vi abbiamo parlato qui e che intende mettere assieme i cocci di una scena espressiva che trova i suoi fondamenti tematici e stilistici nella storia del territorio.
Ad aggiungere sale al tutto, s’apprezza molto come la provincia rivendichi finalmente una posizione ironica rispetto alla città: avrete già capito che Lodi Baséll è la presa per il culo di Art Basel per i lodigiani, dal momento che baséll è il gradino in dialetto.
Evviva la provincia.
Il programma lo trovate qui. Per altro, è lo stesso weekend di Fotografia Etica.
Scritto da Giacomo Prudenzio