Un corpo può danzare, militare, fermarsi e sognare. Il corpo è veicolo e affermazione. Posso venderlo come merce, può farmi dubitare delle mie sensazioni, sospettare di certe emozioni, diciamo pure che è l’indizio che porta a provare e rappresentare una certa idea di vita. In relazione ai corpi, una delle poche, pochissime lezioni di educazione civica a cui ho partecipato, ricordo che partiva da un’interessante teoria dei cerchi concentrici, diceva che questi invisibilmente, o comunque a livello morale e via via etico, delimitano lo spazio in cui il mio corpo può danzare, militare o sognare. In sostanza c’era da immaginare tutta una serie di cerchi, fino ad arrivare all’espressione privata e intima del mio corpo, con un diametro ben tracciato, e dentro quel cerchio potevo entrarci praticamente solo io. Al di fuori di quello c’erano forse i miei primi affetti, fino ad arrivare alle persone più estranee, insomma le persone che abitavano il mio stesso spazio, estranee ma a cui comunque questa teoria dedicava un cerchio, il più esterno sì: chiamiamolo spazio comune che in senso civico diventa poi spazio pubblico.
Ecco, il progetto di cui vorrei parlarvi è in pratica una meravigliosa passeggiata tra questi cerchi concentrici: Le alleanze dei corpi.
Un progetto artistico in senso ampio, che apre il 15 settembre in un’area simbolo della geografia milanese, esempio di intersezione e coesistenza tra culture diverse che si susseguono secondo una stratificazione di ondate migratorie.
Il titolo dell’edizione 2024 affianca e unisce in una crasi l’evocazione a L’orda d’oro, analisi storica di Nanni Balestrini e Primo Moroni sulla pulsazione e sulle pratiche immaginifiche dei movimenti antagonisti degli anni ‘70, con l’orizzonte visivo dell’ora magica, ora d’oro nella fotografia, tempo di soglia tra il giorno e la notte, che tinge e trasforma in forme auree e misteriose l’orizzonte visivo e avvolge i corpi.
L’orda magica ripensa le comunità che attraversano i contesti urbani e le culture marginali come materie vibranti, vitali, trasformative: corpi che si muovono secondo categorie non binarie, e che qui si presentano mediante le pratiche e i linguaggi della performance, della danza, del suono, dell’arte nello spazio pubblico.
Un invito a una rinnovata relazione con la natura, con l’ecologia, con la materia, con il tempo, con i corpi e la loro compenetrazione con spazi, ascolti, contesti con l’idea di moltiplicare la partecipazione ai processi artistici, performativi, e ripensare la città come spazio liberato, politico e immaginativo.
Scritto da Mariangela Ranieri