PhMuseum Lab presenta “Open Veins” (Vene Aperte), personale degli artisti Sarah Schneider, Stella Meyer, e Maximiliano Tineo. La mostra scava a fondo nelle ferite ancora aperte del colonialismo e dello sfruttamento delle risorse naturali in America Latina, esplorando le complesse relazioni tra potere, natura e società.
La ricerca di Maximiliano Tineo parte da una leggenda. Nel XVI secolo, durante il colonialismo spagnolo in Sudamerica, si diffuse il mito della Sierra de la Plata, una montagna d’argento parte delle terre di un sovrano conosciuto come Rey Blanco (Re Bianco). Per trovare il territorio pieno di infinite ricchezze gli avventurieri avrebbero dovuto risalire il Rio de la Plata (Fiume d’Argento), da cui ha preso il nome la moderna Argentina. Tineo segue le tracce di questi luoghi immaginari, stabilendo una linea di connessione con due luoghi reali. Il primo è il Cerro Rico de Potosi in Bolivia, la più grande miniera d’argento al mondo fino al suo esaurimento nel XIX secolo. Il secondo è il Triangolo del Litio tra Argentina, Cile e Bolivia, dove si trova circa la metà delle riserve planetarie del cosiddetto “oro bianco”, oggi elemento centrale per la transizione energetica.
Il lavoro di Sarah Schneider e Stella Meyer muove invece da un villaggio, Puerto Guadal in Cile, e da una legge che ne ha segnato l’esistenza: il Código de Aguas, varato nel 1973 dal generale Augusto Pinochet. Il Código, la cui genesi fu fortemente influenzata da un gruppo di economisti neoliberali chiamati Chicago Boys, è ancora oggi in vigore: l’acqua in Cile rimane un bene privato, soggetto al libero commercio. Intorno sorgono compagnie energetiche straniere, società d’investimento, e aziende che imbottigliano l’acqua proveniente dai ghiacciai, in un contesto di conflitto sociale e crescenti danni ambientali. Una nuova costituzione rappresenta l’unica opportunità per deprivatizzare l’acqua, ma finora tutte le proposte sono state respinte dai cittadini.
Argento, litio e acqua sono le materie prime al centro di queste ricerche che ci fanno riflettere su dinamiche geopolitiche e ambientali più ampie, e su come queste siano fortemente influenzate da una visione Eurocentrica nata in epoca coloniale. L’emisfero sud veniva infatti allora rappresentato come terra nullius – una terra che non appartiene a nessuno e da cui attingere infinite risorse. Questa filosofia, che ancora oggi influenza la nostra percezione della natura, il dibattito sul progresso sostenibile e quello sulla distribuzione della ricchezza, è stata motore di cicli di violenze e soprusi che sembrano ripetersi all’infinito, pur in circostanze e luoghi differenti. Ad accomunarli è una visione dell’America Latina, e del pianeta più in generale, come bacino di risorse da estrarre, privatizzare, sfruttare.
In Le vene aperte dell’America Latina (1971), il poeta e scrittore uruguayano Eduardo Galeano raccontava il saccheggio delle risorse latinoamericane attraverso cinque secoli di umiliazioni e povertà. Il realismo magico di The White King di Maximiliano Tineo e il documentarismo contemporaneo di Yo bebo leche y agua di Sarah Schneider e Stella Meyer sembrano dialogare con questo classico della letteratura, mostrandoci come le vene aperte – vene ricche di minerali, di risorse naturali e umane – siano un tema ancora estremamente attuale legato alla subordinazione economica, sociale e culturale su cui stiamo costruendo il futuro.
Opening: 5 Dicembre 2024 h 18-21, alla presenza degli artisti
La mostra resterà ogni giovedì fino al 19 Dicembre, 17:00 – 19.00, successivamente su appuntamento
Scritto da LR