De Gregori dice che «anche in mezzo a un naufragio si deve mangiare». Figuriamoci in un quartiere placido e rossiccio: si mangerà sicuramente molto. Eppure la Cittadella sembra non avere altri luoghi se non quei monoliti rossicci, almeno di prim’acchito. Ma se all’approdo in Greco non si intravedono punti di rifocillamento, ecco la prima indicazione: bisogna incamminarsi a destra per gioire della babele del gusto bicocchino, che incrocia studenti e dipendenti.
Se vi avvicinate troppo siete fritti, nel senso che saprete di panino zozzo per tutta la giornata.
Per prima cosa va sottolineato una specie di rave fatto di paninari, ristoranti e situazioni fusion dal dubbio gusto. D’altronde la Bicocca è regno degli studenti, e in quanto tale risponde prima di tutto a due esigenze: la prima è l’eterogeneità dell’offerta, per cui lo spettro dell’offerta culinaria va dall’osteria storica all’angolino più sordido; l’altra è la velocità di servizio e capienza, cosa che serve a smistare e sbrogliare velocemente ogni appetito. In secondo luogo, la Bicocca è luogo d’uffici e imprese, e allora le dinamiche sono più o meno le stesse, ma con una marcia in più, più raffinatezza.
Partiamo quindi con i cult del posto: luoghi ben riconoscibili e ci consentono di essere taglienti come le lame di Je Suis Jambon in Trivulziana, dalle sonorità e dai sentori evidentemente iberici. Allo Jambon fanno la mitica crescia farcita che ci fa davvero volare, un richiamo marchigiano che da più di dieci anni risuona per le vie del quartiere. Grande classico della piazza è anche il Farinami, localone dalla proposta a dir poco variegata. Hamburger? C’è. Pokè? C’è. Sushi Piada? E cos’è? Questo ora non è importante, basti sapere che il nome è solo un’ispirazione, anche perché il primato del mare in Trivulziana spetta all’Osteria del Mare per il piano di sopra e al Sottosopra per il piano di sotto. All’ansimante ricerca di capesante scendiamo le scale e ci sediamo a una bucolica dépendance floreale. Qui Giulia sorride e Christian parla solitamente di Vasco Rossi. Posto ottimo, diremo. Poi, spingendosi poco più in là, al limite e quasi fuori, c’è Altatto: alta cucina vegana e vegetariana che seleziona con cura meticolosa le minuzie del gusto.
Finora abbiamo parlato di pranzi moderatamente fighetti, e allora proviamo a estraniarci dall’attitudine da borghesi consumati. Cosa ne pensate di salamella, friarielli e cipolle caramellate schiaffate tra due fette di pane bruciacchiato? Chiamiamolo col nome volgare, è proprio il “Panino Zozzo”, ed è un’esperienza immersiva: furgoncino magico davanti all’U7, leccornie su leccornie, senza nome né colore, difficile da distinguere a vista ma semplice a naso – inizia a sentirsi inconfondibilmente nel raggio di trecento metri. Se vi avvicinate troppo siete fritti, nel senso che saprete di panino zozzo per tutta la giornata.
Volendo evitare aggressioni giriamo al largo e ci dirigiamo al mitico bar Sodexo di Via Vizzola; perché vi parliamo di una specie di mensa universitaria in versione mini? Perché l’aria frizzantina che si respira lì dentro fa bene come la salsedine, ci lavora la signora Lorella che è super gentile e in fatto di musica ne sa un sacco, non c’è nuova tendenza che tenga, lì si ascoltano soltanto Green Day, Weezer e AC/DC; insomma, sul tiro del punk si può ordinare uno dei tanti panini che, certo, non saranno come quelli zozzi del carretto fantasma ma consentono una certa sicurezza nel reintrodurci in società. Ovviamente, poi la storia che va soltanto citata: la Trattoria Arlati, che si dice governi da decenni la Bicocca.