La prima reazione è di giubilo. La seconda, di estrema curiosità. Finora non avevamo mai letto il cognome “Novaga” accanto a “Pilia”, ma qualcosa di riassumibile nel concetto di “affinità elettive” fa pensare che la coppia sia non solo azzeccata ma pure stupefacente – tanto nelle premesse quanto nei risultati. In comune hanno: il fatto di essere due dei chitarristi più significativi che abbiamo in Italia; l’apertura alle collaborazioni più inaspettate, l’eclettismo come metodo nell’intendere la propria arte (che si tratti di contaminarla con il cinema o di cambiare repentinamente orizzonte sonoro), il rapporto quasi fisico con la chitarra, suonata con archetti, oggetti e “maneggiata” sempre in maniera varia e personale. Di diverso c’è il contesto in cui finora siamo stati abituati ad apprezzarne le gesta: Alessandra in quello dell’avanguardia, della sperimentazione più o meno spinta che incontra anche il teatro o che rielabora il cinema, ma pure come ardita interprete di Cage e al fianco di Elliott Sharp; Stefano attraverso le innumerevoli collaborazioni “avant rock”, la magia dei dischi da solista, le incursioni nella musica world, elettroacustica, delle sonorizzazioni e la capacità di tenere il passo di maestri come Mike Watt. Quello che presentano oggi è il frutto di una residenza estiva proprio a Standards, un disco dal titolo Stanze Illuminate (dopo La Chambre Des Jeux Sonores e Fassbinder Wunderkammer, le “quattro pareti” tornano nella discografia della Novaga. Un caso?). Non “semplicemente” il lavoro congiunto di due grandi chitarristi elettrici, ma un progetto fondato su intervalli diversi dai consueti, dove le scale utilizzate prendono come riferimento non quelle occidentali ma i raga indiani. Il risultato è un approccio fisico e gestuale allo strumento diverso da quello convenzionale, in cui la partitura percorre l’arco di un’intera giornata, con i raga associati alle varie fasi di giorno e notte. La libertà esecutiva all’interno di un percorso dato. La visione aperta perfetta per una domenica pomeriggio tra le accoglienti pareti bianche di via Maffucci.
Scritto da Chiara Colli