Conosciuto ormai come il Jimi Hendrix del deserto, Bombino ne ha fatta di strada dal Sahara – dove sorge la sua Agadez, a cui dedicò i primi due album – fino all’America del rock più roots di Dan Auerbach, che gli produsse il fortunato Nomad. Percorso che l’ha portato ad Azel, album in cui il chitarrista trova una dimensione ideale tra il nostro rock, di cui è innamorato, e la sua cultura Tuareg – forse anche per merito della produzione più particolare di David Longstreth dei Dirty Projectors. E se i suoi dischi “occidentali” vi suoneranno per forza più levigati, sappiate che dal vivo il suo rock del deserto è più sanguigno e infiammato che mai.
Scritto da Marco Caizzi