Questo concerto lo aspettavo da molto, come in Islanda si aspetta la luce nei mesi invernali (o si aneli a un po’ di buio nelle lunghissime giornate estive). Perché ognuno ha un respiro, un imprinting, e Olafur Arnalds è indissolubilmente legato a quel paese aspro e bellissimo, senza alberi e con lo sguardo che va, senza che nulla lo fermi.
E come in quella terra vulcanica tutto muta, così il suo minimalismo, fatto fin qui di strumenti acustici come pianoforte e archi, viene portato a un nuovo livello, quasi come fosse energia che trova nuove espressioni.
Ecco che compaiono strumenti musicali nuovi, come i due pianoforti semi-generativi, che vedremo per la prima volta nel concerto di stasera. In un’intervista Olafur ha affermato che questi pianoforti sono una scossa al processo creativo e che lo costringono a provare cose nuove e sorprendenti: se ce lo dice uno cresciuto tra lagune di icerberg e vulcani che eruttano, non possiamo che prepararci alla meraviglia.
Scritto da Marilù Cattaneo