Milano non è una città semplice. Non si può sottovalutare la sua utenza, soprattutto in luoghi mirati e specializzati. Non si può fare come Frah Quintale all’Alcaltraz, trattare Milano come fosse casa sua, in maniera così easy. Per questo ci sono spazi dove bisogna acuire un po’ la materia grigia, anche solo per la curiosità di capire perché ci sono degli oggetti inaspettati che attivano un pensiero. Nel caso di Roberto Fassone (1986) questi oggetti, anzi, questi prodotti, non sono poi così inaspettati… andare a una sua mostra – la terza personale a Milano, dall’esordio presso Room Galleria nel 2014, alla prima personale presso Fantaspazio nel 2016 (ancora il nome della galleria era allungato) dal titolo Charades con il video performativo dove Roberto mimava opere d’arte davanti a un gruppo di collezionisti – e non trovare, in qualche angolo, nessuna bottiglia di Coca-Cola, Fanta, o Pepsi, è cosa inusuale. E anche per Le origini dell’Universo questi ospiti inattesi sono lì, a terra, a spiare l’opera a parete dell’artista.
Sono “gli intrusi”, secondo Fassone: degli elementi quotidiani che in super mercato sarebbero normalissimi da vedere, ma che qui, in galleria, spiazzano. Sono come il pubblico non ancora preparato: guardano, osservano e si chiedono “perché”? Quello stesso “perché” che Fassone si è chiesto le prime volte, qualche anno fa, davanti a un’opera d’arte, per poi decidere di affermare quell’odiosa, notoria, ripetuta frase che Munari ha sconfitto: “lo posso fare anch’io”. È così che Fassone ha incominciato a studiare l’arte, prima di iscriversi allo Iuav e a interrogarsi sui perché e per come di questi personaggi – gli artisti – decidessero di sviluppare dei concetti in maniere così peculiari. E Roberto ha deciso di provarci, a farlo anche lui. E ha capito che non era poi così semplice. Da qui ha sviluppato quell’ironica, precisa, elaborata e spiazzante maniera del parlare di contemporaneo, attraverso l’azione. Il lavoro performativo dell’artista piemontese, unito a quello della parola, è chiaro già dalla sua opera prima, il sito web – andate a vederlo e trovate Valeria, appena svegliata, che spiega cosa fa Roberto, a Roberto: “fai i playback delle canzoni, fai finta di essere un avvocato … poi succedono cose strane, fai fare ai tuoi amici delle cose strane dove racconti del mondo dell’arte …” (jamaicaninroma.com) -.
Le origini dell’Universo rappresenta un passo adulto che i galleristi di Fanta hanno deciso di mettere in scena con l’artista: sono 15 ritratti fotografici di surfatori appartenenti a diverse generazioni ripresi con l’Oceano Pacifico alle spalle. Non si sa nulla di loro. Ma non importa, spiega l’artista. Ciò che gli interessa è l’espressione, o forse neppure quella, ma piuttosto il compito che ha assegnato loro: chiedetevi quali sono le origini dell’universo. Non ci sono risposte, ma solo una domanda. Un’operazione che a Roberto Fassone serve per tracciare un percorso e che avrà una chiusura. Questo progetto, che si svilupperà in futuro, è partito quindi da Fanta a Milano, e, per i fan, può essere riscontrabile in qualche operazione precedente, penso a Ball don’t lie, un video in cui l’artista palleggia solitario con la palla da basket, facendo canestro mentre in alto scorrono delle frasi che pongono delle domande puramente esistenziali.
Proprio come quella in sottofondo alle stampe fotografiche spiate dalle bottiglie: un impatto non semplice, quasi concettuale, che riprende quell’attitudine che ha sempre incuriosito l’artista, portandolo a giocare seriamente con questi fattori dell’arte.
Non mi sono mai posta la domanda se potessi farlo anch’io. Ho sempre pensato che se qualcuno ha realizzato quella cosa, un’immagine, un’azione, una parola, allora era già incominciato un processo…. Come per Fassone, che ha portato questo grande, generico quesito in galleria, per darci uno spunto, o forse confonderci un po’ le idee. Intanto abbiamo deciso di seguirlo.
Scritto da Rossella Farinotti