Quando uscì nel 1975, il saggio Contro il metodo di Feyerabend creò, com’era prevedibile, molto scompiglio. Prima di tutto il seguito del titolo recita: Abbozzo di una teoria anarchica della conoscenza. L’anarchia ha tanti simpatizzanti veri e finti, ma quando si arriva a toccare la scienza e la sua oggettività sono cazzi amarissimi, allora come oggi. E ascoltare una critica alla rigidità del metodo scientifico da parte di un filosofo che sosteneva che “Senza caos non c’è conoscenza” e “Senza una frequente rinuncia alla ragione non c’è progresso” era impensabile.
È per questo motivo che Mark Fell – eminenza della musica sperimentale britannica e appassionato della tradizione Carnatica, la classica del Sud dell’India – ha scelto un titolo così denso di significato per il suo progetto di sound installation, concerti e talk, curato da Pedro Rocha come sempre. Il suo legame con la mostra di Sheela Gowda e con la cultura e la musica indiana, approfondito in anni di viaggi nel subcontinente, è fondato sull’attrazione per la sua natura non lineare. La struttura della musica classica indiana assomiglia più a un processo di piegatura e apertura dei suoi elementi, non procede da una struttura razionale, così come il fermento culturale che si propaga dalle università, dalle città, dagli scrittori e pensatori indiani è denso di contraddizioni, conflitti, cadute, usi impensati dei materiali della tradizione, e scompigliano continuamente qualsiasi logica acquisita.
Cascate di ritmi, strati di suono che si avvicendano con moto circolare, come fosse trance. La sala è buia, il silenzio del pubblico assoluto, ipnotizzato dal movimento delle mani che picchiano sul tamburo. Al centro c’è solo il percussionista iraniano Mohammad Reza Mortazavi, ma è come si ci fosse un’orchestra, tanti sono i pattern che escono dal suo tombak. Non è facile intercettarlo dal vivo in Europa e nel ricco cartellone del Rewire 2019, eccellenza festivaliera che guarda all’avanguardia e alla contaminazione, il suo set è tra quelli che lasciano il segno. Una sua data a Milano è preziosa, ancor più se inserita fra le trame narrative di un progetto/riflessione come “Against Method”.
La due giorni tira una linea tra questo sistema e le sue implicazioni/applicazioni anche al di fuori della tradizione indiana (forse una delle più “psichedeliche” al mondo). Chiamati a tracciare queste connessioni fra musica carnatica e sperimentazione occidentale, finanche al clubbing, saranno il virtuoso del violino Nandini Muthuswamy, l’ensemble portoghese Drumming – Grupo de Percussão (che eseguirà “Intra”, pezzo firmato da Fell), il compositore indiano Nakul Krishnamurthy e il producer Rian Treanor, in un set a quattro mani con il sound artist Jan Hendrickse ai fiati. Secondo giorno che ruota invece attorno all’opera di Sheela Gowda, con un collage “orchestrato” da Fell e sonorizzato da Mohammad Reza Mortazavi, il violoncello del nostro Sandro Mussida, Jan Hendrickse e la voce di Sofia Jernberg.
IL PROGRAMMA:
Giovedì 13 giugno 2019
dalle 10 alle 20 – Mark Fell, Against Method part 1, for Disklavier – Installazione sonora
ore 20 – Nandini Muthuswamy – Meditazione, introduzione e concerto
ore 21 – Nakul Krishnamurthy feat. Nandini Muthuswamy
ore 22 – Rian Treanor feat. Jan Hendrickse
ore 23 – Mark Fell, Intra; eseguito da Drumming – Grupo de Percussão
Venerdì 14 giugno 2019
dalle 10 alle 21 – Mark Fell, Against Method part 1, for Disklavier – Installazione sonora
ore 19 – Conversazione con Mark Fell, Jan Hendrickse, Nakul Krishnamurthy e Nandini Muthuswamy
ore 21 – Mark Fell, Against Method part 2, for distributed performers and electronics con Mohammad Reza Mortazavi, Sandro Mussida, Jan Hendrickse e Sofia Jernberg
Scritto da Lucia Tozzi e Chiara Colli