“Potrebbe essere che stiamo raggiungendo un punto di non presenza in cui la nostra vita iperconnessa potrebbe presto dipendere da un’alimentazione priva di glutine, lattosio, zuccheri o proteine animali?”: una domanda in apparenza laterale, non troppo frontale o esasperata nelle conclusioni (non accenna apocalitticamente alla sesta estinzione, per esempio), ma sicuramente perturbante. La ricerca di Paulo Arraiano, che si muove sul territorio di confine tra la vita digitale e la vita dei sensi, si manifesta nel nuovo spazio di Dimora Artica, affacciato su una strada luminosa vicina alla Martesana, sotto forma di ibridi attraenti e repellenti come piante carnivore.
Un liquido azzurro piscina occhieggia da contenitori in vetro avviluppati intorno a forme organiche, reperti e scheletri fossili sono incisi su specchi dicroici, un video in loop fa roteare complesse macchine con protesi animali. La configurazione di un nuovo mondo che ostenta una totale padronanza nella composizione dei contrasti, dell’integrazione del selvaggio nell’ordine cartesiano, eppure non sopisce mai la sensazione che potrebbe esplodere da un momento all’altro.
Scritto da Lucia Tozzi