Questo non è un romanzo né un film con Renée Zellweger, ma una collezione di racconti, il cui risultato è un universo in cui ogni opera rivela una possibile versione della verità. Si tratta della seconda personale di Monica Bonvicini alla galleria Raffaella Cortese, che si sviluppa attraverso gli spazi di via Stradella come tre distinti solo show.
Al civico uno, alcune delle fotografie della serie fotografica Italian Houses fanno letteralmente da sfondo a tre disegni della serie Places of ID; un’interessante e non meno ironica analisi sull’architettura, i suoi codici e le sue rappresentazioni in termini sessuali.
I cannot hide my anger, un’enorme opera raffigurante lo stereotipo dell’uomo forte e libero, presentata in occasione della mostra al Belvedere 21 di Vienna, qui esposto al civico 4, rileva una critica più ampia, non solo di una società patriarcale ma delle conseguenze del capitalismo.
Nel terzo spazio della galleria, Monica Bonvicini mette in luce, ancora una volta letteralmente, grazie a una fascia di circa 200 luci al LED, un altro problema di attualità, il cambiamento climatico con i suoi disegni Hurricanes and Other Catastrophes.
Eclettica, sarcastica ed allo stesso tempo rigorosa, la sua pratica artistica questiona, a volte con violenza, le strutture convenzionali del potere attraverso un’analisi dei rapporti tra architettura, storia, sessualità e spazio. L’arte rimane un grande punto di domanda, alla cui risposta corrisponde un’altra domanda; un gioco di riflessi e riferimenti.
Senza essere partecipative, le opere di Monica Bonvicini implicano e richiamano il visitatore in un processo particolare, di cui, pur essendo spesso escluso, rimane sempre il destinatario.
Scritto da Chiara Di Leva