Le sonorizzazioni con Stefano Pilia e Julia Kent, i reading con Emidio Clementi, i dischi (e i live) con Paul Beauchamp, Ramon Moro e Jochen Arbeit: negli ultimi anni Paolo Spaccamonti sembrava non fermarsi un attimo, non stare mai “solo”. E invece “Volume Quattro” riprende il filo del suo discorso da solista lì dove era stato lasciato da “Rumors”, scavando negli anfratti più solitari, oscuri ed essenziali nei movimenti come solo chi ha ascoltato e condiviso tanto, di e con altri, sa fare.
La sua chitarra affonda negli abissi di un disco che nel titolo omaggia l’antico amore per i Black Sabbath, eppure resta minimale e, processata e modificata in tempo reale, diventa altro: tratteggia beat vibranti, si trasforma in un blues-western nerissimo, scrive la colonna sonora dell’inverno, sfiora i confini di una new wave emozionale. Visti gli esiti su disco, dal vivo c’è da immaginare sia ancora meglio di come lo ricordiamo.
Scritto da Chiara Colli