L’hanno definita “le braccia più lunghe della techno” dopo la sua magistrale Boiler Room al Dekmantel dello scorso agosto: in un’ora, le sue mani hanno fatto cambi più veloci che nel gioco delle tre carte. Si scrive Lina Jonsson, si legge SPFDJ, una mitragliatrice in 4/4 che su una serie di t-shirt da lei prodotte qualche tempo fa ha scritto: “Techno – Acid – Hardcore – Anal Sex”, come personale manifesto.
Estrema e affilata, dalla gelida Svezia si è mossa nella scena londinese spingendo un sound dritto e cataclismico, colpi di sciabola rafforzati nel tempo da elementi trance ed EBM. Ad SPFDJ non frega niente di giocare secondo le regole, termina ogni set grondando di sudore e sui social ironizza postando proprie foto in after in condizioni degne del più fresco Villalobos.
A Berlino trova una nuova base di comando, diventa in breve la regina di uno dei party più selvaggi e bombardieri della città, quell’Herrensauna che fa esplodere il Tresor per mano di una queer crew che, oltre Lina, include Héctor Oaks, CEM e Maxim Endlicher. Fa tremare il soffitto, persino quello di casa sua, considerando che a Neukölln divide l’appartamento con la commilitone polacca VTSS, altro AK47 con licenza di uccidere.
La banda di Closer la porta a suonare nel salotto di Masada, che non tarderà a trasformarsi in una piscina di magliette bagnate, strappate, fatte roteare in cielo a fine set implorando bandiera bianca.
Scritto da Laura Cap