Per ragioni che hanno più a che fare con il “mondo delle idee” o con certe affascinanti dinamiche della popular music, piuttosto che semplicemente con l’elettronica e la nostalgia, questo è ancora uno dei concerti più memorabili a cui potreste assistere nella vostra vita. Non importa quante volte replichino lo show in 3D, non importa che l’unico componente originale rimasto sia Ralf Hütter, non importa neanche che stiamo parlando di un “gruppo” che non fa più dischi da quasi 20 anni. Senza mai aver accompagnato i suoni e l’ingegno con parole e spiegazioni, senza essersi mai esposti in prima persona, i Kraftwerk sono l’espressione in musica della creazione di un mito. Tutto ciò che c’è da sapere è nella loro opera, archetipo della musica fatta con le “macchine” dagli anni 70 a oggi.
Ultra minimali nella comunicazione, più che una band oggi i Kraftwerk sono un’idea. Tutta la musica elettronica è da ricondursi a loro, che hanno saputo infiltrarsi nella popular music almeno quanto i Beatles. Eppure c’è qualcosa di elitario nei Kraftwerk: nell’ironia Mitteleuropea, nella purezza delle melodie, nella perfezione delle sculture sonore multimediali. Ormai da quasi dieci anni portano in giro il maestoso tour “in 3D”, dove ripercorrono la loro carriera con visual monumentali e una scaletta per far gongolare anche i più duri di cuore. A dispetto dei quattro uomini-robot sul palco, i loro show fatti di viaggi in treno, ciclismo, autostrade e onde radio sono tra i più emozionanti a cui si possa assistere. Esaltazione amplificata dalla location d’eccezione come il Teatro degli Arcimboldi e dalla lunga assenza da Milano (quasi quindici anni).
Stasera ci sembrerà di entrare in laboratori spaziali, essere inseguiti da cifre numeriche, guidare su un’Autobahn e interagire con braccia robotiche. L’immagine di tutti noi, entusiasti, con quegli stupidi occhialetti sul naso sarà una spiegazione sufficiente su cosa significhi essere un culto immortale.
Scritto da Chiara Colli