Abbiamo aspettato tutto il tempo dovuto, siamo a dicembre e loro ormai al secondo album. Possiamo sciogliere le riserve. “The Age of Immunology” è uno dei dischi più belli del 2019 e i Vanishing Twin l’unica band – assieme agli inarrivabili Broadcast, volto psych/hauntologico di Warp nei Duemila – a discendere dagli Stereolab senza farcene sentire la mancanza. Il motivo non sta solo nelle abilità dei suoi componenti o nella capacità di unire con naturalezza le due paroline magiche, “avant” e “pop”. La ragione per cui i Vanishing Twin viaggiano al di sopra di tutti gli innumerevoli gruppi che negli ultimi 20 anni hanno preso la melodia e l’hanno dilatata o ricomposta alla maniera del duo Sadier/Gane sta nella capacità di attualizzare trame musicali fascinosissime ma sostanzialmente rétro. Il “mondo invisibile” dei Vanishing Twin ha qualcosa di alieno, di liquido, di intellettuale e trascendentale eppure pieno di ritmo, di groove. A un concerto dei Vanishing Twin si balla in una dimensione parallela, con mente e corpo allineati e in armonia.
Nel mondo invisibile dei Vanishing Twin c’è il pop psichedelico dei Sessanta – merito della voce, della visione e delle tute a pois di Cathy Lucas; c’è il krautrock di quella batterista eccezionale che è Valentina Magaletti (già con Tomaga e mille altre collaborazioni), il cui DNA sospettiamo abbia molti geni in comune Jaki Liebezeit; c’è l’elettronica allucinata, al confine con la library music, di Phil M.F.U. (già con Man From Uranus e Broadcast) e il basso spaziale volto a oriente di Susumu Mukai. Ma ci sono pure il minimalismo americano, le aperture free ed eleganti del jazz e la capacità ai limiti del sovrannaturale, per la nostra epoca, di eliminare quei fastidiosi contorni mantenendo stile ed essenza. Siete ancora in tempo per non perdere uno dei concerti dell’anno.
Scritto da Chiara Colli