Il kamāncha persiano è un antico strumento cordofono, imparentato con il rebab e la antica lira. Una zucchetta e poche corde formano l’architettura essenziale di questa ancestrale viella che si suona con l’archetto, tra gli strumenti più diffusi in tutto il Medioriente.
Kayhan Kalhor ne è semplicemente il più importante virtuoso vivente, caposaldo di una tradizione musicale iraniana persa nella notte dei tempi e molto difficile da intercettare alle nostre latitudini. Approda sul palco della rassegna Candiani Groove, accompagnato da Benham Samain al tombak e daf (tamburo a cornice), tenendo in tasca, fresco fresco, un riconoscimento di grande prestigio nell’ambito della musica world come il Womex Award 2019. Con il Silk Road Ensemble ha vinto anche un Grammy Awards, nel 2016, che si aggiunge alle numerose nomination degli anni scorsi maturate con diverse formazioni, sempre in ambito world.
Per questa chicca micidiale e imperdibile bisogna ringraziare il lavoro sotterraneo e costante della Casa della Cultura Iraniana, impegnata nella promozione di numerosi appuntamenti sulle arti persiane. Nato a Teheran da famiglia curda, musicista professionista dall’età di 13 anni, Kayhan Kalhor ha collaborato tra gli altri con Shujaat Khan (sitar), Yo-Yo Ma (violoncello e anima del Silk Road Ensemble), Erdal Erzincan (virtuoso del baglama), Toumani Diabaté (kora), persino il Kronos Quartet, oltre ad apparire come solista d’eccezione per la New York Philharmonic e l’Orchestra Nazionale di Lione. Tre delle sue tappe discografiche portano il sigillo dell’etichetta tedesca Ecm.
Chiudete gli occhi e abbandonatevi a questi suoni: composizioni dal prezioso patrimonio classico e folk, con raffinati moduli improvvisativi giocati tradizionalmente sul concetto di istante senza tempo (waqt) e stato di grazia (hāl). Musica delle sfere, sublime e assoluta.
Scritto da Joe Versalis