Venticinque anni fa la galleria Raffaella Cortese, già forte di una grandissima carica politica, inaugurò con una personale di Franco Vimercati. La sua terza personale a cura di Marco Scotini occupa tutte le sedi della galleria affacciate su via Stradella, e ognuna ospiterà un decennio della sua opera.
Isolato (per vocazione e destino), schivo e intransigente, Franco Vimercati fa dell’atto fotografico un gesto radicale di misurazione del tempo che lo colloca tra gli artisti concettuali più rigorosi e originali in Italia e non solo. Rimasto fedele, senza mai allontanarsene, all’austerità
e all’inflessibile ascetismo degli anni Settanta, Vimercati continua a sviluppare — per tutto il corso della propria attività — la serie e la sequenza fotografica rifuggendo dallo statuto dell’immagine sola e assoluta. Ma nel far ciò è tanto distante dalla sistematicità deduttiva dei Becher quanto dalla successione temporale e unidirezionale di Dibbets. Il punto di fuga di Vimercati è quello di operare nel tempo e contro il tempo (il suo scorrimento, il suo consumo), in favore di un altro tempo, aperto al potenziale, al possibile.
Il “minuto” a cui fa riferimento il titolo allude perciò tanto al carattere minimale della sua produzione (bianco/nero, ridotta selezione di oggetti, concentrazione su pochi scatti) quanto all’opposizione, che in Vimercati diviene sensibile, tra limite cronologico puntuale e dilatazione
incommensurabile del tempo.
Punto di partenza dell’esposizione è l’opera icastica del 1974 Un minuto di fotografia, una sequenza di 13 foto in cui Vimercati decostruisce il passaggio della canonica unità di misura del tempo, attraverso la ripetizione del quadrante invariato di una grossa sveglia, fissa sulle 2:46. Un’opera fondamentale non solo perché è all’origine della produzione propriamente concettuale di Vimercati ma anche perché inaugura quella sua concezione del tempo che “dinamizza l’inanimato” — per usare la felice espressione che gli aveva attribuito Luigi Ghirri.
E che sdoppia la temporalità di Vimercati in un’immagine attuale e una virtuale coesistente, sottraendosi alla linearità del tempo in passato, presente e futuro. Così come all’idea dell’immagine quale rappresentazione definitiva, senza alternative, e data una volta per tutte.
Scritto da La redazione