«Ti danno donne e whiskey / Salute e figli maschi perchè / Chi ha tanti soldi vive come un pascià / E a piedi caldi se ne sta / Prendi, spandi e spendi /Non domandare da dove provengono / Dindi, tanti dindi / Che nelle tasche ti fanno din-din-din»
«Money / Get away /You get a good job with good pay and you’re okay /Money /It’s a gas»
«È difficile stare al mondo / Quando perdi l’orgoglio /Ho capito in un secondo che tu da me / Volevi solo soldi /Come se avessi avuto soldi, soldi»
È un po’ come mischiare il diavolo e l’acqua santa, ma abbiamo voluto farlo lo stesso: partire dagli anni del nostro italico baby boom, attraversare la psichedelia inglese e finire con il pop-trap meticcio sanremese. Il tutto per parlare di “soldi”, che sono anche la suggestione proposta dalla Galleria Michela Rizzo per questa sua prima collettiva del 2021 intolata “Money Money Money” e curata da Elena Fiorin. Il trio Pietro Garinei, Gorni Cramer e Sandro Giovannini forgia nel 1960 il musical intitolato “Un mandarino per Teo“, dove i soldi sembrano arrivare come una manna dal cielo ma sono in realtà un’offerta del diavolo. Poi Roger Waters, trafficando con un registratore di cassa decide di campionarlo, mischiarlo ad altri suoni vari di monete e carta strappata, dando vita a quel ritmo sghembo in 7/4 che ci ricorda come il denaro alimenti negli uomini un rapporto incespicante e controverso, fatto di amore, repulsione, moralità negata. I soldi, infine, nel brano di Mahmood, vincitore di Sanremo 2019, sono l’occasione per raccontare un rapporto intimo e famigliare.
Soldi: la musica ne parla e ne canta. Nel mondo dell’arte tale argomento spesso rimane sottotraccia, quasi fosse un tabù. I soldi sono invece tacitamente onnipresenti ed essenziali, sono l’unità di misura e l’elemento di propulsione di meccanismi, rapporti, posizionamenti. L’arte è essa stessa un’economia, serve a mettere a frutto ingenti capitali economici, genera proposte di senso che in altri contesti diventano beni rifugio. È doveroso, quasi liberatorio, affrontare questi temi con i linguaggi dell’arte visiva, della fotografia, della ricerca estetica. Nanni Balestrini, Francesco Jodice, Andrea Mastrovito, Fabio Mauri, Antoni Muntadas, Cesare Pietroiusti, Lucio Pozzi, Aldo Runfola e Ryts Monet lo fanno a modo loro offrendo allo spettatore intriganti chiavi di lettura, concettuali e concrete, su questa travolgente centrifuga di temi politici, sociali, economici, creativi e storici. In un ideale gioco di specchi, la collettiva “Money Money Money“, invita tutti questi artisti a ricodificare molti simboli: una bandiera europea che ospita le singole valute di stato al posto delle stelle, la grande corsa all’oro e la crisi di Wall Street del 2008, si simulano aste e speculazioni. Per usare le parole degli organizzatori: la mostra è un invito a «rifettere sui pericoli che si insinuano nella superficialità, spesso ingenua, con cui affrontiamo ogni giorno il tema del denaro».
Scritto da Fulvio J. Solinas