Non c’è niente. Entrando in un immenso buio è l’unica cosa che viene in mente. Devo ammettere la sottile sorpresa di non sapere dove o cosa guardare entrando nella grande navata dell’Hangar Bicocca che ospita la mostra Breath Ghost Blind, di Maurizio Cattelan. Stupore da principiante, perché Maurizio cambia sempre ritmo e l’intervento che ha realizzato esce piano piano, piccoli punti di disappunto che avanzano arrivando a essere opprimenti.
L’atmosfera è in bianco e nero, sospesa nel tempo e nello spazio e si àncora ai due interventi scultorei all’inizio e alla fine: un uomo e un cane in marmo bianco coricati a terra da un lato, e un enorme monolite ferito in resina nera che punta al cielo dall’altro. In mezzo restano solo piccioni. Migliaia. Innegabile la sensazione di inquietudine che provocano dalla loro posizione elevata, lasciandoci a passeggiare nel nulla; ma è anche innegabile quel sapore un po’ pastoso di qualcosa riscaldato troppe volte. L’architettura sincera e nuda dell’Hangar fa sicuramente da cassa di risonanza alle emozioni, creando una sapiente tensione allestitiva tra il lavoro e lo spazio che finiscono con il valorizzarsi a vicenda.
Tutti e tre i lavori in mostra, Breath, Ghost e Blind, sono una rielaborazione di un suo pensiero precedente, portato più vicino a riflessioni attuali. Tranne Blind che, nonostante il valore storico ed emotivo legato agli eventi dell’11 settembre 2001, ha un tocco un pò didascalico, Breath e Ghost lasciano spazio a un carico emotivo grave che tutti in qualche modo stiamo cercando di elaborare.
Ma soprattutto, sorpresa delle sorprese, sono opere impossibili da fotografare. Vuoi per il buio o le dimensioni spropositate, non se ne tira fuori niente di instagrammabile. Sono opere pacate, che non provocano shock o repulsione, ansie sì, ma niente di incontrollabile. Il suo lavoro è rimbalzato di bocca in continente negli anni perché diceva, e soprattutto faceva vedere, tutto ciò che era tabù. Ma ormai il velo è caduto e i media riversano quantità di orrori e sincerità violenta da essere ineguagliabili. Siamo abituati a tutto, anzi, siamo golosi e perversi. E gli eccessi di Cattelan automaticamente si arrestano. Si sposta sulla riva della calma, dell’introversione scura e silenziosa.
Non chiude un argomento ma racconta qualcosa, un’atmosfera, una sensazione, dove c’è posto anche per noi, tra buio, vuoto e barlumi.
Immagine _ Maurizio Cattelan, Ghosts, 2021, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2021
Piccioni in tassidermia, Dimensioni ambientali, Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano. Ph Agostino Osio.
Scritto da Annika Pettini