Il giorno in cui Louisa Clement (Bonn, 1987) ha inaugurato da Cassina Projects Counterpain, la sua prima mostra personale italiana, Mark Zuckerberg aveva da qualche ora annunciato il mutamento del nome del brand Facebook in Meta. Un segnale particolare che indica una realtà in fase di una velocissima evoluzione e repentino stravolgimento, azioni quasi incontrollabili. La mostra dell’artista tedesca tratta anche queste tematiche, focalizzandosi sul cambiamento espressivo, linguistico e pratico della realtà percepita dall’umano. Anzi, dell’ir-realtà. Sul non reale, infatti, la mostra sviluppa diversi aspetti, giocando su temi come il doppio, la finzione scambiata per verità, l’utilizzo di diversi media – anche sofisticati e nuovi –, la scenografica narrazione di dettagli apparentemente umani, ma che, una volta svelati, appartengono al posticcio, al non vero e all’intangibile. Già dall’esterno della galleria, dal vetro della porta di ingresso, si intravedono delle figure umane statiche. Una volta dentro, lo spettatore codifica, in pochi secondi, l’insieme rappresentato nella grande sala: una serie di opere fotografiche, dall’impatto pittorico, raffiguranti sensuali dettagli di un corpo umano (o non umano), circondano un’installazione dove due bambole dai capelli lunghi e biondi, vestite di nero e di dimensioni realistiche, sono sedute su un divano di pelle. Ci vogliono alcuni attimi per realizzare che i sensi hanno tradito, al primo impatto, la ratio e che le due figure femminili sono delle bambole gonfiabili con le sembianze dell’artista. Clement ha realizzato questo complesso lavoro, concettuale e tecnologico, attraverso la mescolanza di dati reali con studi scientifici. Grazie a un’analisi biologica del suo corpo – pelle, capelli etc. – e alla collaborazione di un team specializzato dell’Università di Saarland, in Germania, l’artista ha fatto realizzare delle sosia che parlano e interagiscono col pubblico.
Accanto alle due figure scultoree, girando lo sguardo, lo spettatore nota la terza, seduta a terra, accanto a una colonna della galleria. Le tre bambole della serie Representative rimangono li a sorvegliare, come muse inquietanti, quello che accade. Un impatto fuorviante, misterioso e surreale, che riflette quanto l’irrealtà e il fittizio possano essere fruiti e immersivi. E qui di nuovo il rimando alla nuova percezione di un mezzo come quello di facebook che non rappresenta più un social network, ma un alter ego da utilizzare nel quotidiano. Un’altra verità, uguale alla nostra, per tenerci compagnia. Una meta-realtà basata sul doppio. Quel “proxy” che racconta Hito Steyerl come nemico ormai impercepibile. Da Cassina, l’indagine di Louise Clement sul corpo umano, in particolare quello femminile, prosegue attraverso la messa in scena di altre opere, focalizzate sulla figura antropomorfica come ibrido, come falsa perfezione e come potenziale scrigno di sensualità. Al piano superiore le pareti sono ricoperte da un’installazione dal titolo Figure Poses dal rimando sexy, ancora legato al corpo, alla carne. Il corridoio rosa è un preludio a un video animato, Human Error: un nuovo lavoro dell’artista dove la ripetizione di una raffigurazione stridente di due teste inanimate da bambola, fa da sottofondo a raffinate opere fotografiche dove il corpo passa, soltanto in un primo momento, in secondo piano. La Clement ha così sviluppato un denso percorso, preveggente e preoccupante, dove l’umano è il perno formale, ma senza più alcun potere.
Scritto da Rossella Farinotti