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dom 05.06 2022

Express Festival: Bikini Kill

Dove

Arena Puccini c/o Parco DLF
Via S. Serlio 25/2, 40128 Bologna

Quando

domenica 05 giugno 2022
H 21:00

Quanto

€ 25

Contatti

Sito web

“Something about the song was sassy, you know what I mean?
For me as a gay boy, it was just as sassy as I wanted it to be, but also super hardcore”
Mykki Blanco on Rebel Girl

“These women’s voices spoke to my angst. I was granted permission at that early age to be feminine, to be disgusting, to be angry, to be sexual, and to be insane.
Coming out as transgender, a bunch of anger bloomed, and as a musician, I need to scream, I need to break stuff.
Drew Arriola Sands of Trap Girl on Bikini Kill

Il fitofarmaco in patologia vegetale viene assorbito dalla pianta e diffuso in modo uniforme a tutti i suoi organi. Le trasformazioni subite dai fitofarmaci ad opera del metabolismo vegetale si dividono in attivazione e detossificazione. Per tutta la mia adolescenza sono stata una pianta sull’orlo del pianto. Le Bikini Kill sono state il mio fitofarmaco.

Il kit di sopravvivenza alle scuole superiori consisteva in una serie di azioni metodiche: sfuggire, incassare, non reagire. E Revolution Girl Style Now, primo iconico album della band. La vergogna degli insulti e le microaggressioni me le scrollavo di dosso lungo la strada verso casa. Zaino in spalla, cuffie e lettore cd portatile. Olympia era così lontana. È nella cittadina universitaria dello stato di Washington che nel 1990 Kathleen Hanna, Tobi Vail, Billy Karren e Kathi Wilcox formano le Bikini Kill, rimaste folgorate dopo aver assistito ad un concerto delle Babes in Toyland. Là dove tutto era iniziato con una fanzine, i primi concerti e poi un intero movimento. Riot Grrrl: empowerment, sexuality, abuse, patriarchy and rape culture. Mi bastava premere play per abbandonare il mio corpo terrestre e sedimentarmi all’interno una canzone delle BK, dove potevo trovare rifugio e protezione. Io che mi consideravo debole, fragile, codarda. Succhiavo linfa dal ruggito pieno di rabbia di Kathleen Hanna. Hey girlfriend/I got a proposition goes something like this/Dare ya to do what you want/ Dare ya to be who you will/Dare ya to cry right out loud/”You get so emotional baby”. Attivazione e detossificazione. Della routine quotidiana: campanello, lezione, eccolo che arriva il frocio terrone. Il primo quotidiano insulto, quando andava bene, dopo la ricreazione. Io fingevo di non sentire e guardavo altrove, oltreoceano.

Attivazione e detossificazione. Dopo scuola, sulla strada di ritorno Rebel Girl a tutto volume: mi trasformavo nella queen of neighborhood. When she walks, the revolution’s coming/In her kiss, I taste the revolution. Era un’illusione necessaria, un momento di rivendicazione di qualcosa che cominciava a scuotermi nel profondo. La fuga immaginaria in uno spazio sicuro. Un luogo in cui la mia presenza imperfetta si apriva a collettivi, sorellanze, gruppi di supporto e di ascolto. La costruzione di una rivoluzione DIY. Un manifesto. Sognavo quella terra di ribelli, di parteciparvi come se fosse la rappresentazione di un roman à la clef: una valley of the dolls, punk e streghe che si proteggevano a vicenda. La storia delle Bikini Kill e delle Riot Grrrl è oggi un’eredità preziosa, da conservare riconoscendone anche i limiti e le contraddizioni. Ad accompagnarle nelle date italiane le Big Joanie. Black feminist band di Londra, un trio che con live infuocati e impegno politico guida una nuova generazione di Riot Grrrl. Intersezionale e migliore della precedente.

In generale i processi di trasformazione dei fitofarmaci sono mutevoli e imprevedibili.

Alla metà degli anni 90 quando ero ancora un’adolescente spaventata Sinéad O’Connor mi ha insegnato che la vergogna si strappa via come una foto. Mi ha anche insegnato che morto un papa purtroppo ne fanno sempre un altro. Le Bikini Kill mi hanno insegnato a rivendicare il mio spazio, il mio posto, il mio corpo. A svuotare, ribaltare e rovesciare l’insulto. Mi hanno anche insegnato a fare la stronza, come arma da difesa. Baby boy, you can’t kill what’s fucking real. La catarsi di una frocia, mutevole e imprevedibile.

 

Scritto da Paolo Pauline Santoro